LA GUERRA DEL PARTIGIANO MILTON di Lorenzo Mondo
LA GUERRA DEL PARTIGIANO MILTON LA GUERRA DEL PARTIGIANO MILTON 1 | j7] protagonisti, soltanto dai loro nomi pittoreschi Milton, Jack, Gilera, Mate... - sorprenderanno il lettore come vecchie conoscenze: tutti partigiani delle Langhe, sparano e sono sparati, tendono agguati e ne restano vittime, presi nel vortice di una violenza elementare e primigenia, quella stessa della selva e della tribù, sentono per essa orrore non disgiunto da un'oscura fascinazione. Fenoglio aveva tempra di cronista antico, e si avvaleva con naturalezza, per le sue storie familiari o paesane, di figure e momenti strappati ad esperienze dirette o comunque assai prossime. Di qui il suo continuo, circolare ritorno ai temi della Langa, con particolare predilezione per quelli della guerra partigiana, e la ripresa, all'infinito, di figure apparentemente già «bruciate», rimesse in movimento da uno scambio di nomi o attributi, dalla loro immissione in situazioni appena leggermente variate, quasi nella ricerca ossessiva di una loro disponibilità, quasi a spiarne l'improbabile apertura verso un destino imprevedibile, diverso. Questa inquietudine di Fenoglio è documentata in modo evidente dagli inediti, tutti messi in pulito, dattiloscritti (...), ma frammentati, legati l'un l'altro da intersezioni e richiami e subito sviati verso altri esiti singolarissimi. Non è possibile, senza sfogliare le prove dei molti fallimenti, le pagine delle sue incertezze, intuire quanta fatica sia costata a Fenoglio la raggiunta limpidezza delle opere migliori. Certi echi, certe similitudini o giri di frase, intere battute di dialogo, li troviamo riprodotti testualmente in pagine diverse, anche conchiuse, e questo ci informa altresì sulla fatica artigianale, truciolo dopo truciolo, del suo mestiere, quello della domenica, o delle ore notturne. Questo, per il metodo del suo lavoro che non appare mai datato, «work in progress» fino alla morte dell'autore. Abbiamo accennato a Milton, che è il personaggio più interessante di queste pagine. C'era da aspettarselo che anche lui sarebbe finito malamente. Fenoglio gli aveva dato altre due possibilità: la prima volta lo aveva chiamato Johnny, quello di «Primavera di bellezza». Allo spartiacque dell'otto settembre, si era trovato dalla parte storicamente giusta, tra i partigiani, ma anche tra i primi caduti, senza poter maturare le ragioni di quella scelta in parte istintiva, occasionale. Sì che la sua morte aveva un sapore di beffa, era una protesta contro l'irrazionalità, l'assurdità della violenza. Poi, Fenoglio lo aveva resuscitato chiamandolo Milton («Una questione privata») ed il letteratissimo nome di battaglia ne garantiva la parentela con l'eccentrico, anglomane Johnny. Qui, tuttavia, giunse l'amore per Fulvia ad intorbidargli la vita, e renderlo insano e immemore, «quasi ucciso». Nell'abbozzo che presentiamo ora, Milton si è lasciato alle spalle le «questioni private», è convinto della sua buona guerra («Il mondo è sempre stato ammalato ma dopo questa guerra avrà una vera salute, una vera pace, e durerà fino alla fine dei secoli»), ma trova banalmente la morte prima della grande offensiva partigiana su Valla (sotto il nome fittizio è da riconoscere Asti). Di più, il suo corpo, trascinato a valle dalle acque del Tanaro, non farà da battistrada, in una sorta di retorica apoteosi, ai compagni armati: resterà impigliato in una chiusa, come trastullo al fiume in piena. Sulla sua fine, scende il commento scettico e qualunquistico del traghettatore («Parte tanta di quella gente oggigiorno. Ad ogni modo, è uno che non vedrà come andrà a finire»), e l'altro, vagamente religioso e comunque pietoso del contadino («Ad ogni modo, il Supremo gli tiene gli occhi addosso»). Si tratta di una chiusa esemplare che è tipica delle cose più alte di Fenoglio («La malora» e «Un giorno di fuoco», il racconto), anche se in quei testi la «moralità» veniva espressa dalle donne, secondo la funzione ordinatrice ed equilibratrice, direi espiatrice (nel senso di una «pietas» ancora tradizionale) che Fenoglio sembra attribuire, nelle sue pagine, ai personaggi femminili. La violenza dell'uomo contro l'uomo lascia dunque lo scrittore, ancora una volta, disarmato, indifeso (...). Lorenzo Mondo
Persone citate: Fenoglio
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