Fini mistifica la storia; «bianco è bello» non è scandaloso di A. S.

Fini mistifica la storia; «bianco è bello» non è scandaloso Fini mistifica la storia; «bianco è bello» non è scandaloso Il fascismo ci perseguitò, eccome La mistificazione della storia perpetrata da Gianfranco Fini, segretario nazionale dell'msi nella sua lettera al direttore de La Stampa di venerdì 18 settembre non può passare sotto silenzio. Non si può mettere sullo stesso piano la frase di Mussolini del '36 «Il razzismo è una sovrana imbecillità, una faccenda per popoli biondi», con l'emanazione delle leggi razziali del '38 che vessarono gli ebrei fino alla caduta del fascismo. Come si possono dimenticare i lunghi anni in cui agli ebrei furono tolti il lavoro, le proprietà, il diritto all'istruzione e dopo il '43 anche la vita? Pubblici dipendenti di enti statali, comunali ecc. con solerzia applicano le leggi, come si evince anche dalla recente ricerca a cura di Fabio Levi L'ebreo in oggetto (Silvio Zamorani Editore) dove tra l'altro sono riportate le illuminanti relazioni del questore di Torino al capo della polizia. La pacificazione sarebbe possibile se oggi, nella nuova generazione, non esistesse un partito che trae ispirazione dal pensiero di un dittatore, Benito Mussolini, che ha condotto l'Italia all'aberrazione e alla rovina. A quali valori avrebbe dovuto ispirarsi l'Italia del '45 uscita da un disastro spaventoso se non ai valori di chi nei ranghi della Resistenza aveva combattutto contro questa nefasta dittatura? Oggi si tende a confondere le idee della gente facendo gran polverone. Vogliamo solo sperare che gli italiani non cadano in questo tranello. Ispirarsi alla violenza passata o presente significa provocare altra violenza. Lia Montel Tagliacozzo presidente della Comunità ebraica di Torino Quella pubblicità non è razzista Ho letto su La Stampa del 22 settembre la notizia secondo cui la Focsiv ha tacciato di razzismo lo slogan pubblicitario delle biciclette Bianchi «E' bellissimo essere Bianchi» (laddove la maiuscola... fa la differenza). Sono il presidente del Movimento sviluppo e pace, una delle più vecchie organizzazioni non governative italiane di volontariato internazionale e di solidarietà popolare con i poveri del Terzo Mondo nata a Torino nel 1968. Questa volta devo dire agli amici della Focsiv che a mio avviso hanno sbagliato bersaglio e che a furia di gridare «al lupo al lupo» quando il lupo non c'è... si rischia perlomeno in credibilità. Vi ricordate quando dagli Usa gli afroamericani diffusero lo slogan «Black is beautiful»? Era forse un messaggio razzista? Oppure ci vergogniamo di essere «bianchi», di essere europei...? «Non chiediamoci il colore della pelle, raccontiamoci reciprocamente delle nostre virtù». Invece due altre pubblicità mi hanno colpito: - il manifesto di Benetton che ritrae un pigmeo albino in un gruppo di altri pigmei neri, in gonnella di foglie. Chi conosce le sofferenze di questi pigmei albini (quasi ciechi, preda di parassiti, fragilissimi) non può non trovare irriguardosa questa immagine e condannarne la strumentalizzazione; - lo slogan utilizzato dal Cocis ed apparso anche su La Stampa. Esso dice che «Dogo Kebé non venderà mai accendini alla stazione». Mi pare sia uno slogan fatto apposta (non certo nelle intenzioni degli amici del Cocis) per tranquillizzare quanti non tollerano la visione, nelle nostre stazioni, dei venditori extracomunitari di accendini. Piergiorgio Gilli, Torino Portoghesi e le nuove piazze Dopo la grave gaffe fatta da La Stampa dando la notizia falsa di una perquisizione presso la Biennale di Venezia operata dalla Guardia di Finanza con tanto di pretese tangenti nel titolo, di nuovo il 18 settembre in un articolo, peraltro divertente, di Filippo Ceccarelli, si fa cenno alla «costruzione di 50 piazze da affidare all'architetto Portoghesi», impresa definita «variante trionfalistica e post-moderna» dell'ottimismo dell'era «craxiana». La notizia è falsa e tende chiaramente a dipingere il sot¬ toscritto come fortunato destinatario di incarichi «di regime». La verità è la seguente: nell'ambito delle celebrazioni del quarantennio della Repubblica Italiana, il Consiglio dei ministri decise di nominare un Comitato per individuare nella periferia di 40 città il luogo adatto per costruire dei centri di servizi aventi alcune caratteristiche delle tipiche piazze italiane. Il Comitato, d'accordo con le Amministrazioni comunali, avrebbe dovuto organizzare concorsi nazionali per individuare i progettisti di ciascuna. Al Comitato, composto di una ventina di persone, insieme al sottoscritto parteciparono tra gli altri Pierluigi Spadolini e Lucio Passarelli e nessuno dei membri, ovviamente, avrebbe potuto partecipare ai concorsi da bandire. Già da allora i commenti a questa iniziativa furono così settari da convincere il governo a rinunciare. Rimane il fatto che le periferie italiane mancano di luoghi urbani che promuovano l'incontro e lo scambio tra i cittadini e da allora ad oggi molte Amministrazioni comunali hanno provveduto con mezzi propri ad affrontare questo gravissimo problema che non ha nulla a che fare con l'«ottimismo trionfalistico», ma con il dovere di far fronte alle necessità dei cittadini. Paolo Portoghesi presidente della Biennale di Venezia Risponde Filippo Ceccarelli: La notizia, dunque, non è poi così falsa. L'avevo richiamata da un articolo di Mario Fazio uscito sulla Stampa del 27 settembre 1986 («Nelle piazze di Craxi»): «Craxi lancia l'idea, fornitagli dal suo amico Paolo Portoghesi...». E comunque non tendeva a dipingere l'architetto Portoghesi come fortunato destinatario di incarichi di «regime». Ma a segnalare una (poi rientrata) manifestazione dell'ottimismo craxiano, nella sua variante trionfalistica e post-moderna. L'arrestata non è la titolare Nel vostro numero del 23 settembre è stato pubblicato un articolo di Francesco Grignetti in cui si accenna all'arresto di Barbara Cesari «alla cassa dell'omonimo negozio di via Barberini». L'articolo è però corredato da una fotografia del negozio della ditta Cesari con una didascalia nella quale si indica il negozio di via Barberini la cui proprietaria, Barbara Cesari, 41 anni, è stata arrestata. Barbara Cesari non è affatto la titolare della ditta Cesari che opera a livello nazionale ed internazionale, ma ne è semplicemente una dipendente adibita ad operazioni di presentazione di articoli e riscossione. Titolare del gruppo Cesari era il compianto cavaliere del Lavoro Luigi Cesari cui sono subentrati i figli Alessandro e Pierluigi e la moglie Stefania Morelli ved. Cesari, i quali sono gli esclusivi titolari delle varie società che fanno capo al gruppo Cesari. avv. Michele Pazienza, Roma I macchinisti elaCgil Leggendo l'intervista di Alberto Staterà a me fatta e pubblicata su La Stampa del 24 settembre intendo precisare di non aver mai detto che Trentin è un fascista né tantomeno che la Cgil è un «covo di ladri». Ciò oltre a non essere vero dà del sottoscritto un'immagine di irrazionalità che respingo sdegnatamente. Ezio Gallori coordinamento nazionale Macchinisti uniti - Ente FS compartimento di Firenze Gallori era sdegnato anche nella lunga conversazione telefonica che abbiamo avuto la sera di mercoledì e ha usato un linguaggio ben più crudo di quello da noi riportato. Se la foga lessicale ha tradito il suo pensiero ci spiace per lui e per i nostri lettori. [a. s.]