Micha, la spia orfana della storia di Emanuele Novazio

Micha, la spia orfana della storia SERVIZI SEGRETI Fece cadere Brandt. Giudici divisi: «Ingiusto processare soltanto gli 007 dell'Est» Micha, la spia orfana della storia Incriminato Wolf, da Berlino Est ispirò Le Carré BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Alto tradimento, spionaggio, corruzione: l'accusa adesso è formale, e Markus Wolf è da ieri sospeso al suo destino paradossale, superspia di un Paese che non esiste più ma che fino alla caduta del Muro era riconosciuto dal governo di Bonn, lo stesso che ora lo incrimina e vuole condannarlo. L'ex capo dei servizi segreti tedesco orientali, personaggio mitico di un universo devastato dalla fine della Guerra Fredda, aspetterà a piede libero il processo, dove rischierà un paio di ergastoli. La procura afferma che Wolf è implicato direttamente in almeno «dodici casi» all'Ovest: pagine roventi della storia recente, infiltrati d'alto rango. Come Guenther Guillame, che divenne segretario del cancelliere Willy Brandt e ne provocò la caduta quando fu scoperto, nel 1974. 0 come Klaus Kuron, uno dei principali responsabili del controspionaggio federale che per vent'anni lavorò al servizio della Ddr. Wolf, sottintende l'atto di accusa, tirò le fila delle loro esistenze doppie: come il «Karla» di Le Carré - ispirato proprio a lui comandò le vite dei suoi agenti nascosti in Occidente. Quando «la spia perfetta» si consegnò alla giustizia occidentale, il 24 settembre dello scorso anno, dopo undici mesi di esilio volontario in Unione Sovietica e il vano tentativo di ottenere asilo in Austria, l'allora ministro degli Interni Kinkel - per anni sua «controparte» in quanto capo dello spionaggio federale sottolineò «una differenza» con lui: «I servizi occidentali erano in mano a una democrazia, la Stasi cercava di destabilizzare uno Stato di diritto». Ma non tutti la pensano così: il tribunale di Berlino si è rifiutato di giudicare il successore di Wolf alla testa dei servizi orientali, Werner Grossman, considerando «contrario al principio costituzionale dell'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge» l'emissione di mandati di cattura soltanto nei confronti delle spie dell'Est. Questi dubbi valgono anche per Wolf: è sotto accusa per aver diretto fino al 1987 il migliore esercito di spie dell'Europa orientale, ma agiva per conto di uno Stato sovrano. E' lecito incriminarlo oggi che quello Stato non c'è più, inghiottito dalla storia? Toccherà alla Corte Costituzionale pronunciarsi: ma intanto continua il romanzo di quest'uomo elegante negli abiti e nei tratti, fino al 1982 senza volto in Occidente ma noto a tutti come la spia capace di beffare Cancel- lieri e Presidenti, di far entrare i suoi agenti negh uffici meglio protetti. E' un romanzo controverso: perché Wolf è l'uomo che, dopo aver guidato i servizi comunisti negh anni più duri del confronto con l'Occidente, si è schierato con i difensori dei diritti civili, due anni prima che cadesse il Muro. Una sera salì perfino su un palco improvvisato, al centro dell'Alexanderplatz, per parlare ai giovani che contestavano il regime. Lo fischiarono, gli gridarono che ormai era «tardi». Anche per questo forse, perché era davvero troppo tardi, fuggì a Mosca il giorno prima dell'unificazione, usando il passaporto sovietico che gli era garantito dal Kgb ma anche dalla sua storia personale: dal 1934 al 1945 aveva vissuto in Urss assieme al padre Friederich, uno scrittore ebreo comunista in fuga dai nazisti. Ma «Micha» non è il solo attore, in una vicenda che rischia di trasformare quarant'anni di storia in un incubo, per molti. Accanto a lui ci sono altri emblemi della Germania divisa: da Erich Honecker, che comparirà davanti ai giudici il 12 novembre, a Alexander Schalk-Golodkowski, il tesoriere che procurava valuta. Intorno a lui si muovono personaggi in bilico, si intravedono di nuovo casi clamorosi. Manfred Stolpe, il presidente socialdemocratico del Brandeburgo, il 23 ottobre dovrà presentarsi alla commissione parlamentare d'inchiesta. Lo accusano di aver informato, nel novembre del 1989, il partito comunista sulla «Tavola rotonda» che avrebbe gestito la fine dello Stato orientale. Stolpe parla di menzogne, ma si respira aria di scandalo, e a Bonn ci si chiede quanti ne scoppieranno ancora. Emanuele Novazio

Persone citate: Alexander Schalk-golodkowski, Brandt, Erich Honecker, Kinkel, Klaus Kuron, Manfred Stolpe, Markus Wolf, Stolpe, Werner Grossman, Willy Brandt