Tra il puffo Reviglio e il pio Goria com'è tragica la Grande Crisi in tv
Tra il puffo Reviglio e il pio Goria com'è tragica la Grande Crisi in tv NOMI E €$@NQMB Tra il puffo Reviglio e il pio Goria com'è tragica la Grande Crisi in tv nN'alluvione, è stata un'alluvione di interviste, dichiarazioni, precisazioni, confessioni. Centinaia e centinaia di metri di nastro, materiale sublime per un'estasiante Superblob, trasmessi senza posa in edizioni multiple di telegiornali, dibattiti, approfondimenti, dirette, riassunti, rassegne. La Grande Crisi della lira è andata in onda, complici i gai o tenebrosi Mentana, Fede, Badaloni, Sattanino, Mannoni, Beretta e quant'altri, con effetti devastanti paragonabili al ciclone Andrew, che tre settimane fa sconvolse la Florida. Che l'ipersemplificazione abbia danneggiato il corso della lira non c'è bisogno che venga a spiegarcelo Marshal McLuhan o il governatore Ciampi, ma che i danni maggiori siano stati prodotti dai ministri più responsabili di questa Repubblica è un fatto singolare che merita qualche riflessione. Gli esperti di comunicazione hanno sentenziato che gli occhialini calanti del presidente del Consiglio Giuliano Amato sono vissuti dalla gente come simbolo di sincera inquietudine. Sarà, ma l'effetto «Madonna piangente» prodotto la domenica della svalutazione non ci sembra il massimo dell'arte della comunicazione politica. Guardate che cosa son capaci di fare quel birbone di Mitterrand e perfino quel mascalzone di Collor. Ma con tutto il rispetto per gli occhialini presidenziali, il vero tracollo massmediale del governo va attribuito a un ben definito gruppetto di ministri superintervistati in tv nell'ultima settimana da pensosi e, qualche volta, ottusi I interroganti. Al primo posto, I lo scriviamo con sincero ram¬ marico, c'è il ministro delle Finanze Giovanni Goria. Grande promessa della politica italiana, inaugurò la sua brevissima stagione a palazzo Chigi con una lettera ai giornali nella quale li invitava caldamente a non occuparsi della sua vita privata. Quale invito più ghiotto? Adesso, Goria, non solo dirige l'amministrazione più disgraziata d'Italia, ma si presenta tutte le sere in televisione non come il coraggioso Sandokan, con il quale qualcuno ha rinvenuto una sua vaga rassomiglianza, ma come un oratore superficiale che non prepara quel che dice e che, inevitabilmente, viene tradito dall'eccesso di semplificazione. Lui crede di parlare la lingua della gente e invece cade nella banalità e suscita una presunzione d'insincerità. Dovrebbe dare un'occhiata al «Breviario dei politici secondo il cardinale Mazzarino», Biblioteca Universale Rizzoli, lire 9000. Scoprirebbe, nella presentazione di Giovanni Macchia, che Baudelaire tentava di decifrare la Comédie humaine nella fronte e nel viso possenti e complicati di Balzac. Mazzarino, invece, si soffermava su segni precisi di tutti gli uomini che gli passavano davanti. Riconosceva l'astuto in colui che mostrava una specie di monticello sulla fronte, in mezzo al naso, e il menzognero in colui che, mentre rideva, formava due fossette nelle guance. Esattamente quel che fanno i telespettatori. Come vogliamo collocare le deludenti performances televisive dei ministri del Tesoro, del Bilancio, del Lavoro, della Sanità? Il professor Francesco De Lorenzo, in termini televisivi, deve la sua efficacia al fatto che somiglia un po' a quel playboy caprese che si chiamava Sasà. Non si può dire insomma che sia il volto più adatto a prefigurare un'Italia dedita alla weberiana etica della responsabilità. Il professor Reviglio, ministro del Bilancio, sembra un puffo, come direbbe Berlusconi, che esattamente così lo presenta sulle sue emittenti. Il professor Barucci ben figurerebbe in un episodio di Laramie, mentre l'onorevole Cristofori, con la mascella volitiva, sarebbe perfetto per una parte Chicago-Anni Trenta. Peccato che abbia l'accento ferrarese. Compulsate le infinite performances televisive degli esponenti del governo Amato, due verità zampillano: la prima è che il governo in carica non ha peggiori nemici che Berlusconi e Pasquarelli. Loro, i ministri, si affannano, si affannano, per comparire a colori, e così scavano la fossa loro e quella del governo di cui fanno parte. La seconda è di qualche consolazione. Si dice che il peggior pericolo per le democrazie televisive moderne sia un presidente eletto perché è telegenico e sa giocare a tennis. Visti i nostri ministri nella settimana della Grande Crisi, per fortuna non corriamo questo rischio. Alberto Staterà sra Tra il puffo Reviglio e il pio Goria com'è tragica la Grande Crisi in tv NOMI E €$@NQMB Tra il puffo Reviglio e il pio Goria com'è tragica la Grande Crisi in tv nN'alluvione, è stata un'alluvione di interviste, dichiarazioni, precisazioni, confessioni. Centinaia e centinaia di metri di nastro, materiale sublime per un'estasiante Superblob, trasmessi senza posa in edizioni multiple di telegiornali, dibattiti, approfondimenti, dirette, riassunti, rassegne. La Grande Crisi della lira è andata in onda, complici i gai o tenebrosi Mentana, Fede, Badaloni, Sattanino, Mannoni, Beretta e quant'altri, con effetti devastanti paragonabili al ciclone Andrew, che tre settimane fa sconvolse la Florida. Che l'ipersemplificazione abbia danneggiato il corso della lira non c'è bisogno che venga a spiegarcelo Marshal McLuhan o il governatore Ciampi, ma che i danni maggiori siano stati prodotti dai ministri più responsabili di questa Repubblica è un fatto singolare che merita qualche riflessione. Gli esperti di comunicazione hanno sentenziato che gli occhialini calanti del presidente del Consiglio Giuliano Amato sono vissuti dalla gente come simbolo di sincera inquietudine. Sarà, ma l'effetto «Madonna piangente» prodotto la domenica della svalutazione non ci sembra il massimo dell'arte della comunicazione politica. Guardate che cosa son capaci di fare quel birbone di Mitterrand e perfino quel mascalzone di Collor. Ma con tutto il rispetto per gli occhialini presidenziali, il vero tracollo massmediale del governo va attribuito a un ben definito gruppetto di ministri superintervistati in tv nell'ultima settimana da pensosi e, qualche volta, ottusi I interroganti. Al primo posto, I lo scriviamo con sincero ram¬ marico, c'è il ministro delle Finanze Giovanni Goria. Grande promessa della politica italiana, inaugurò la sua brevissima stagione a palazzo Chigi con una lettera ai giornali nella quale li invitava caldamente a non occuparsi della sua vita privata. Quale invito più ghiotto? Adesso, Goria, non solo dirige l'amministrazione più disgraziata d'Italia, ma si presenta tutte le sere in televisione non come il coraggioso Sandokan, con il quale qualcuno ha rinvenuto una sua vaga rassomiglianza, ma come un oratore superficiale che non prepara quel che dice e che, inevitabilmente, viene tradito dall'eccesso di semplificazione. Lui crede di parlare la lingua della gente e invece cade nella banalità e suscita una presunzione d'insincerità. Dovrebbe dare un'occhiata al «Breviario dei politici secondo il cardinale Mazzarino», Biblioteca Universale Rizzoli, lire 9000. Scoprirebbe, nella presentazione di Giovanni Macchia, che Baudelaire tentava di decifrare la Comédie humaine nella fronte e nel viso possenti e complicati di Balzac. Mazzarino, invece, si soffermava su segni precisi di tutti gli uomini che gli passavano davanti. Riconosceva l'astuto in colui che mostrava una specie di monticello sulla fronte, in mezzo al naso, e il menzognero in colui che, mentre rideva, formava due fossette nelle guance. Esattamente quel che fanno i telespettatori. Come vogliamo collocare le deludenti performances televisive dei ministri del Tesoro, del Bilancio, del Lavoro, della Sanità? Il professor Francesco De Lorenzo, in termini televisivi, deve la sua efficacia al fatto che somiglia un po' a quel playboy caprese che si chiamava Sasà. Non si può dire insomma che sia il volto più adatto a prefigurare un'Italia dedita alla weberiana etica della responsabilità. Il professor Reviglio, ministro del Bilancio, sembra un puffo, come direbbe Berlusconi, che esattamente così lo presenta sulle sue emittenti. Il professor Barucci ben figurerebbe in un episodio di Laramie, mentre l'onorevole Cristofori, con la mascella volitiva, sarebbe perfetto per una parte Chicago-Anni Trenta. Peccato che abbia l'accento ferrarese. Compulsate le infinite performances televisive degli esponenti del governo Amato, due verità zampillano: la prima è che il governo in carica non ha peggiori nemici che Berlusconi e Pasquarelli. Loro, i ministri, si affannano, si affannano, per comparire a colori, e così scavano la fossa loro e quella del governo di cui fanno parte. La seconda è di qualche consolazione. Si dice che il peggior pericolo per le democrazie televisive moderne sia un presidente eletto perché è telegenico e sa giocare a tennis. Visti i nostri ministri nella settimana della Grande Crisi, per fortuna non corriamo questo rischio. Alberto Staterà sra
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