Quel giorno nacque la dc

Quel giorno nacque la dc Nel settembre di cinquantanni fa a Milano: c'era De Gasperi, ma mancava don Mazzolari Quel giorno nacque la dc Erano 18, nella villa EA palazzina color tufo che sorge al n. 1 della verde e residenziale via Tamburini, a Milano, non è un grande esempio di architettura. Nella sua struttura a elle, su tre piani, con un bel giardino, è piuttosto squadrata e massiccia, se non fosse per uno stretto loggiato a colonne e per il portone romanico stilizzato. Ben più caratteristico era il villino Hoepli, fatto costruire dal fondatore della casa editrice nel 1896 sullo stesso terreno, in puro stile eclettico umbertino. Ma evidentemente non doveva piacere al senatore Giorgio Enrico Falck, industriale metallurgico capostipite dell'omonima famiglia, che l'aveva acquistato nel 1936, rasa al suolo e sostituita con l'attuale anonimo edificio. Tanto anonimo da far dimenticare ai più che proprio lì, in via Tamburini 1, è nata cinquantanni or sono la democrazia cristiana. Per la verità, qualche tempo fa alcuni membri della famiglia Falck avevano cercato di rimediare all'oblio, suggerendo di porre una targa sulla parte esterna della villa. Il segretario cittadino dello scudo crociato aveva sostenuto il progetto. L'ufficio tecnico del Comune l'aveva approvato senza problemi. Lo stanziamento c'era. Mancava soltanto l'approvazione dei tre proprietari, fra cui oggi un solo Falck. Niente lapide Ma all'assemblea, gli altri due condomini avevano manifestato il timore di attentati e di chissà quali altre nefandezze. Per cuit il responso era .stato: niente; lapide sulla strada, eventualmente nell'ingresso o in portineria. Al che, ovviamente, non se ne era fatto nulla. Eppure l'avvenimento meritava di essere ricordato. Ne parlano tutti i testi di storia, sia pur con «lezioni» talvolta divergenti. J^osa accadde dunque alla fine di settembre del 1942 in casa Falck? E perché proprio lì? La biografia di Enrico Falck primogenito di Giorgio Enrico, padre di Alberto (attuale presidente delle acciaierie) e zio del velista Giorgio - lo spiega ad abundantiam. Nato a Laorca di Lecco nel 1899, laureato in scienze agrarie nel '21, cattolico militante, Enrico Falck aveva iniziato giovanissimo a far la fronda al fascismo. Alla fine degli Anni 20, si era avvicinato al movimento guelfo d'azione, fondato da Piero Malvestiti (futuro presidente della Ceca) e lo aveva anche in parte finanziato. «Oltre ad avere una forte coloritura integralista - racconta Giorgio Manzini nel suo bel libro Una vita operaia (Einaudi, 1976) - il movimento neoguelfo è percorso da una tensione reli giosa che mancava ai vecchi po polari. Piero Malvestiti, propa gandista dell'Azione cattolica, parla di "Regno di Cristo in terra", vede nel fascismo "la calata luterana" che ha cercato di calpestare e distruggere i valori del Cristianesimo» (analogo il tono nei confronti del comunismo). Nel '33 i capi neoguelfi vengono arrestati. Malvestiti e altri sono condannati dal Tribunale Speciale a vari anni di prigione. Il leader cattolico vi resterà fino al '36. Poi riprende a tessere la sua tela allargando il numero dei simpatizzanti. I neoguelfi non diventeranno mai un movimento di massa, ma acquisteranno negli anni decisivi un peso specifico superiore alla loro forza proprio per essere stati degli antifascisti della prima ora e per aver pagato di persona la loro coerenza. Allo scoppio della guerra Falck sta nel frattempo salendo ai vertici dell'azienda che porta il suo nome - l'attività cospirativa dei neoguelfi si fa più intensa. Il gruppo comprende uomini come Malavasi, Rodolfi, Caso, don Primo Mazzolari, Luigi Meda e il sindacalista Achille Grandi. Le riunioni si susseguono, in casa di Edoardo Clerici, di Gaetano Carcano e anche di Enrico Falck. «Parlava poco - scrive di lui don Primo Mazzolari - ma ogni sua entrata era una messa a punto opportuna e coraggiosa. I privilegi li difendono solo gli imbecilli». Malvestiti e compagni si convincono che è opportuno riprendere i contatti con gli ex popolari di don Sturzo, anche se la diffidenza è reciproca. I neo¬ guelfi guardano infatti con sospetto i vecchi politici cattolici, non sufficientemente energici con i fascisti e troppo attendisti dopo il forzato scioglimento del partito popolare (1926). Gli ex popolari temono il rigore e l'intransigenza degli altri, considerati troppo'a sinistrai Ma la necessità di trovare sbocchi politici concreti, in previsione di un non lontano mutamento di regime, spinge entrambi gli schieramenti al dialogo. Mediatore supremo, Alcide De Gasperi, ultimo segretario dei popolari, che nel '41 e nel '42 si reca varie volte al Nord, dal suo posto di bibliotecario in Vaticano. Quale nome? La prima riunione importante fra le due generazioni di cattolici si svolge a Borgo Valsugana, nell'agosto del '42. Si mettono le basi del nuovo paitito e se ne discute il possibile nome. I guelfi non ne vogliono sapere del vecchio «partito popolare». Ci si orienta così verso «democrazia cristiana» (il movimento di Murri e Toniolo attivo a cavallo del secolo). L'intesa è di ritrovarsi a Milano entro poche settimane per prendere delle decisioni definitive. «Voi giovani andate avanti - dice il sessantaduenne De Gasperi alludendo ai guelfi - noi vi seguiremo». Si giunge così all'incontro di fine settembre in casa Falck. E' curioso che di un avvenimento così importante non si conosca la data precisa. Persino in una pubblicazione del comitato lombardo della de - apparsa nel 1946 in occasione del secondo congresso democristiano - si parla del 19 settembre (un sabato) aggiungendo che secondo altri fu invece il 29 (un martedì). E sì che tutti i testimoni erano ancora vivi e consultabili. Si può solo immaginare che, per evitare rischi di qualunque genere, nessun partecipante abbia voluto annotare il giorno esatto. A fine settemL -" del '42, Milano vive in un clima di apparente normalità. All'Arena si svolgono i campionati di atletica della gioventù europea e si magnificano le Vittorie italiane. Prosegue a stento il collocamento dei BUóhTtìePTesóro Novennali al 4%, ' «esenti'da ogni impòsta presentì?' 'tè futura» - e dotati di premi in dérìàró ai fortunati estratti. Al Lirico è in cartellone ì'Orseolo di Ildebrando Pizzetti. Solo il 24 settembre viene imposto l'oscuramento dalle 20,30 alle 5 - nel timore di bombardamenti. Mancano poche settimane alla disfatta di El Alamein. La palazzina dei Falck è piuttosto isolata, ai margini del Parco Sempione, e i convenuti possono raggiungerla senza dare nell'occhio. Secondo le ricostruzioni più accreditate, oltre ad Alcide De Gasperi, sono presenti 18 persone (fra cui molti futuri deputati e senatori de), in rappresentanza delle varie correnti cattoliche: Giuseppe Brusasca, Gaetano Carcano, Enrico Caso, Edoardo Clerici, Augusto De Gasperi (fratello dello statista), Enrico Falck, Stefano Jacini, Vittorio Giro, Achille Grandi, Giovanni Gronchi, Piero Malvestiti, Gioacchino Malavasi, Luigi Meda, Gian Battista Migliori, Luigi Nebuloni, Giovanni Pullara, Armando Rodolfi e Ugo Zanchetta. Manca invece don Primo Mazzolari. De Gasperi è il leader riconosciuto. Ascolta i risultati di un gruppo di studio lombardo sui problemi sociali e sindacali. Partecipa all'animato dibattito. Sollecita i convenuti a costituirsi in commissione per contribuire all'elaborazione di un programma di carattere generale. Si sofferma a lungo sul problema della stampa, mostrandosi a favore di giornali fiancheggiatori piuttosto che di un giornale di partito {Il Popolo comincerà ad uscire un anno dopo). Riconosce la necessità di potenziare la lotta clandestina. Dice esplicitamente di preferire per il momento la fondazione di un movimento cattolico antifascista piuttosto che di un partito, e constata che tutti sono d'accordo sul nome. E difatti, secondo la testimonianza di Malvestiti, il leader trentino concluderà così, a notte fonda: «La democrazia cristiana è ormai varata. Vi prego di studiare; noi a Roma studieremo a nostra volta. Bisogna fare sul serio. Bisogna fare un programma che sia immediatamente capito dagli italiani. La Provvidenza ci affida una responsabilità enorme, ma dobbiamo mantenere l'impegno preso verso la Provvidenza». Carcere ed esilio Il dado è tratto. Nasceranno nei mesi successivi vari documenti, in particolare «Il programma di Milano» e le «Idee ricostruttive della democrazia cristia¬ na». Sarà però possibile diffonderli capillarmente solo all'indomani del 25 luglio 1943, con la temporanea uscita di scena dell'«uomo della Provvidenza». Poi, dopo l'8 settembre, inizierà il periodo più duro, che vedrà molti dei protagonisti del convegno milanese costretti all'esilio e alcuni in carcere. Fra questi proprio Enrico Falck, arrestato a Como nel gennaio del '45 e detenuto per un paio di mesi. Ma non se la sarebbe di certo cavata se i fascisti avessero scoperto il suo vero ruolo nella Resistenza: rappresentante della democrazia cristiana nel Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia. Sandro Gerbi Liti per il nome: i guelfi non volevano «partito popolare» acque la dc lla Enrico Falck. Sopra: manifesto elettorale contro il pericolo rosso e Piero Malvestiti Quel giorno nacque la dc Nel settembre di cinquantanni fa a Milano: c'era De Gasperi, ma mancava don Mazzolari Quel giorno nacque la dc Erano 18, nella villa EA palazzina color tufo che sorge al n. 1 della verde e residenziale via Tamburini, a Milano, non è un grande esempio di architettura. Nella sua struttura a elle, su tre piani, con un bel giardino, è piuttosto squadrata e massiccia, se non fosse per uno stretto loggiato a colonne e per il portone romanico stilizzato. Ben più caratteristico era il villino Hoepli, fatto costruire dal fondatore della casa editrice nel 1896 sullo stesso terreno, in puro stile eclettico umbertino. Ma evidentemente non doveva piacere al senatore Giorgio Enrico Falck, industriale metallurgico capostipite dell'omonima famiglia, che l'aveva acquistato nel 1936, rasa al suolo e sostituita con l'attuale anonimo edificio. Tanto anonimo da far dimenticare ai più che proprio lì, in via Tamburini 1, è nata cinquantanni or sono la democrazia cristiana. Per la verità, qualche tempo fa alcuni membri della famiglia Falck avevano cercato di rimediare all'oblio, suggerendo di porre una targa sulla parte esterna della villa. Il segretario cittadino dello scudo crociato aveva sostenuto il progetto. L'ufficio tecnico del Comune l'aveva approvato senza problemi. Lo stanziamento c'era. Mancava soltanto l'approvazione dei tre proprietari, fra cui oggi un solo Falck. Niente lapide Ma all'assemblea, gli altri due condomini avevano manifestato il timore di attentati e di chissà quali altre nefandezze. Per cuit il responso era .stato: niente; lapide sulla strada, eventualmente nell'ingresso o in portineria. Al che, ovviamente, non se ne era fatto nulla. Eppure l'avvenimento meritava di essere ricordato. Ne parlano tutti i testi di storia, sia pur con «lezioni» talvolta divergenti. J^osa accadde dunque alla fine di settembre del 1942 in casa Falck? E perché proprio lì? La biografia di Enrico Falck primogenito di Giorgio Enrico, padre di Alberto (attuale presidente delle acciaierie) e zio del velista Giorgio - lo spiega ad abundantiam. Nato a Laorca di Lecco nel 1899, laureato in scienze agrarie nel '21, cattolico militante, Enrico Falck aveva iniziato giovanissimo a far la fronda al fascismo. Alla fine degli Anni 20, si era avvicinato al movimento guelfo d'azione, fondato da Piero Malvestiti (futuro presidente della Ceca) e lo aveva anche in parte finanziato. «Oltre ad avere una forte coloritura integralista - racconta Giorgio Manzini nel suo bel libro Una vita operaia (Einaudi, 1976) - il movimento neoguelfo è percorso da una tensione reli giosa che mancava ai vecchi po polari. Piero Malvestiti, propa gandista dell'Azione cattolica, parla di "Regno di Cristo in terra", vede nel fascismo "la calata luterana" che ha cercato di calpestare e distruggere i valori del Cristianesimo» (analogo il tono nei confronti del comunismo). Nel '33 i capi neoguelfi vengono arrestati. Malvestiti e altri sono condannati dal Tribunale Speciale a vari anni di prigione. Il leader cattolico vi resterà fino al '36. Poi riprende a tessere la sua tela allargando il numero dei simpatizzanti. I neoguelfi non diventeranno mai un movimento di massa, ma acquisteranno negli anni decisivi un peso specifico superiore alla loro forza proprio per essere stati degli antifascisti della prima ora e per aver pagato di persona la loro coerenza. Allo scoppio della guerra Falck sta nel frattempo salendo ai vertici dell'azienda che porta il suo nome - l'attività cospirativa dei neoguelfi si fa più intensa. Il gruppo comprende uomini come Malavasi, Rodolfi, Caso, don Primo Mazzolari, Luigi Meda e il sindacalista Achille Grandi. Le riunioni si susseguono, in casa di Edoardo Clerici, di Gaetano Carcano e anche di Enrico Falck. «Parlava poco - scrive di lui don Primo Mazzolari - ma ogni sua entrata era una messa a punto opportuna e coraggiosa. I privilegi li difendono solo gli imbecilli». Malvestiti e compagni si convincono che è opportuno riprendere i contatti con gli ex popolari di don Sturzo, anche se la diffidenza è reciproca. I neo¬ guelfi guardano infatti con sospetto i vecchi politici cattolici, non sufficientemente energici con i fascisti e troppo attendisti dopo il forzato scioglimento del partito popolare (1926). Gli ex popolari temono il rigore e l'intransigenza degli altri, considerati troppo'a sinistrai Ma la necessità di trovare sbocchi politici concreti, in previsione di un non lontano mutamento di regime, spinge entrambi gli schieramenti al dialogo. Mediatore supremo, Alcide De Gasperi, ultimo segretario dei popolari, che nel '41 e nel '42 si reca varie volte al Nord, dal suo posto di bibliotecario in Vaticano. Quale nome? La prima riunione importante fra le due generazioni di cattolici si svolge a Borgo Valsugana, nell'agosto del '42. Si mettono le basi del nuovo paitito e se ne discute il possibile nome. I guelfi non ne vogliono sapere del vecchio «partito popolare». Ci si orienta così verso «democrazia cristiana» (il movimento di Murri e Toniolo attivo a cavallo del secolo). L'intesa è di ritrovarsi a Milano entro poche settimane per prendere delle decisioni definitive. «Voi giovani andate avanti - dice il sessantaduenne De Gasperi alludendo ai guelfi - noi vi seguiremo». Si giunge così all'incontro di fine settembre in casa Falck. E' curioso che di un avvenimento così importante non si conosca la data precisa. Persino in una pubblicazione del comitato lombardo della de - apparsa nel 1946 in occasione del secondo congresso democristiano - si parla del 19 settembre (un sabato) aggiungendo che secondo altri fu invece il 29 (un martedì). E sì che tutti i testimoni erano ancora vivi e consultabili. Si può solo immaginare che, per evitare rischi di qualunque genere, nessun partecipante abbia voluto annotare il giorno esatto. A fine settemL -" del '42, Milano vive in un clima di apparente normalità. All'Arena si svolgono i campionati di atletica della gioventù europea e si magnificano le Vittorie italiane. Prosegue a stento il collocamento dei BUóhTtìePTesóro Novennali al 4%, ' «esenti'da ogni impòsta presentì?' 'tè futura» - e dotati di premi in dérìàró ai fortunati estratti. Al Lirico è in cartellone ì'Orseolo di Ildebrando Pizzetti. Solo il 24 settembre viene imposto l'oscuramento dalle 20,30 alle 5 - nel timore di bombardamenti. Mancano poche settimane alla disfatta di El Alamein. La palazzina dei Falck è piuttosto isolata, ai margini del Parco Sempione, e i convenuti possono raggiungerla senza dare nell'occhio. Secondo le ricostruzioni più accreditate, oltre ad Alcide De Gasperi, sono presenti 18 persone (fra cui molti futuri deputati e senatori de), in rappresentanza delle varie correnti cattoliche: Giuseppe Brusasca, Gaetano Carcano, Enrico Caso, Edoardo Clerici, Augusto De Gasperi (fratello dello statista), Enrico Falck, Stefano Jacini, Vittorio Giro, Achille Grandi, Giovanni Gronchi, Piero Malvestiti, Gioacchino Malavasi, Luigi Meda, Gian Battista Migliori, Luigi Nebuloni, Giovanni Pullara, Armando Rodolfi e Ugo Zanchetta. Manca invece don Primo Mazzolari. De Gasperi è il leader riconosciuto. Ascolta i risultati di un gruppo di studio lombardo sui problemi sociali e sindacali. Partecipa all'animato dibattito. Sollecita i convenuti a costituirsi in commissione per contribuire all'elaborazione di un programma di carattere generale. Si sofferma a lungo sul problema della stampa, mostrandosi a favore di giornali fiancheggiatori piuttosto che di un giornale di partito {Il Popolo comincerà ad uscire un anno dopo). Riconosce la necessità di potenziare la lotta clandestina. Dice esplicitamente di preferire per il momento la fondazione di un movimento cattolico antifascista piuttosto che di un partito, e constata che tutti sono d'accordo sul nome. E difatti, secondo la testimonianza di Malvestiti, il leader trentino concluderà così, a notte fonda: «La democrazia cristiana è ormai varata. Vi prego di studiare; noi a Roma studieremo a nostra volta. Bisogna fare sul serio. Bisogna fare un programma che sia immediatamente capito dagli italiani. La Provvidenza ci affida una responsabilità enorme, ma dobbiamo mantenere l'impegno preso verso la Provvidenza». Carcere ed esilio Il dado è tratto. Nasceranno nei mesi successivi vari documenti, in particolare «Il programma di Milano» e le «Idee ricostruttive della democrazia cristia¬ na». Sarà però possibile diffonderli capillarmente solo all'indomani del 25 luglio 1943, con la temporanea uscita di scena dell'«uomo della Provvidenza». Poi, dopo l'8 settembre, inizierà il periodo più duro, che vedrà molti dei protagonisti del convegno milanese costretti all'esilio e alcuni in carcere. Fra questi proprio Enrico Falck, arrestato a Como nel gennaio del '45 e detenuto per un paio di mesi. Ma non se la sarebbe di certo cavata se i fascisti avessero scoperto il suo vero ruolo nella Resistenza: rappresentante della democrazia cristiana nel Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia. Sandro Gerbi Liti per il nome: i guelfi non volevano «partito popolare» acque la dc lla Enrico Falck. Sopra: manifesto elettorale contro il pericolo rosso e Piero Malvestiti