Picasso, Apollinaire e le 6 mogli

Picasso, Apollinaire e le 6 mogli Esce a Parigi l'epistolario inedito fra il pittore e il poeta: 13 anni di confidenze, rimproveri, gelosie Picasso, Apollinaire e le 6 mogli f\%\ , PARIGI | ' j VE' da divertirsi a leggere la corrispondenza inedita li tra Apollinaire e Picasso, -SA—I che uscirà a fine ottobre Ha Gallimard. Vi si trova Apollinaire con lunghe lettere goliardiche in versi e Picasso con messaggi telegrafici in ispano-franpese. Apollinaire che descrive la scena di una partenza strappalacrime di Picasso da Parigi per Barcellona, accompagnato alla Stazione da amici addolorati, in riste attesa sulla banchina a fianco del malefico vagone: «Il reno tutto a un tratto tornò a essere elettrico / e partì come un peto verso il suolo iberico...». E ricasso, che intenerito gli riSponde: «Mon cher ami Guillaume, ye te embrase et precicement sur ton nombril», ti bacio brecisamente sull'ombelico, f Apollinaire maledice Spagna e spagnoli, perché troppo a lungo |>li sottraggono l'amico: «A Madrid, Burgos e nella Catalogna / la gente sa di merda o di acqua di Colonia». Picasso torna all'attacco sul tema degli affetti coinvolgendo la moglie del momento: «Come me anche Fernande ti pina / per copia conforme». E, in assenza, conforta Apollinaire pon auguri («buona festa») il giorno di Sant'Apollinare in Classe, il 23 luglio. O gli spedisce Lina cartolina «maestosa» per rassicurarlo sul proprio stato di Salute: «Sono il re della bouillabaise», salace doppio senso tra «bouillabaisse», piatto tipico provenzale, e «baise», forma gergo-volgare per amplesso. . E ancora Apollinaire che, stufo alla lunga di dolersi per la lontananza di Picasso, passa a raccontargli facezie parigine: «Tra i l'atti interessanti sopravvenuti bui, c'è ancora il singoiar combattimento tra Lajeunesse (poeta boulevardier, celebrità dell'e£>oca, ndr) e Paul Fort. Fu epico. I piatti volavano, i tavolini in marmo si abbattevano e gli stranieri venuti apposta dagli antipodi alla Closerie des Lilas per vedere i poeti se la davano a gambe terrorizzati, capeggiati nella fuga dal prudente Moréas. Capitolo interessante da aggiungere ai libri che trattano della bastonatura fra i letterati». ; Sono tredici anni di scambio epistolare - tanti ne durò l'amici- 6ia tra i due - dal 1905 alla morte i Apollinaire: 113 lettere di Pipasso contro 51 di Apollinaire [uno squilibrio solo apparente, il poeta compensava il minor numero con la maggior lunghezza). Picasso si era opposto alla pub- {>licazione. Alla scomparsa del'amico, nel 1918, gli venne chie Sto se consentiva. Rispose che la posa gli dava «fastidio». «E poi pveva aggiunto - per tener viva la memoria di Apollinaire sono più che sufficienti le poesie che la gente conosce». Ma a distanza di tanti anni i curatori del volume Pierre Caizergues e Hélène Seckel hanno scelto di violare il veto (non senza qualche imbarazzo che confessano nell'introduzione), per regalarci quotidianità e retroscena di quell'amicizia. Del sodalizio artistico tra Apollinaire e Picasso, tutto è stato deito e tutto o quasi ormai si conosce. Molto meno nota è la «necessità» reciproca, più esplicita da Apollinaire, molto forte tra le righe anche da parte di Picasso e però più effimera. Con i tempi e i modi della relazione amorosa, è una storia di camaraderie che poco alla volta si approfondisce, poi si complica e finisce col raffreddarsi, fatalmente squilibrandosi. Nelle lettere ci sono le donne, quelle passeggere come Yette di cui i biografi di Apollmaire sanno pochissimo, allontanata di colpo - scrive il poeta all'amico «perché rideva checché si facesse o checché si dicesse»; o come le prostitute romane, decantate dal pittore con inconsueto lirismo. E le mogli, che sul filo degli anni si susseguono: Fernande, Eva, Olga per Picasso; Madeleine Pagès, Marie Laurencin, Jacqueline per Apollinaire. Più importanti, ma anche loro comparse. «Saluti a tua moglie» postillano sempre i due, non sempre ricordando di specificarne il nome. Fino a che Apollinaire, persi il conto e la pazienza, scrive: «Se sei sposato, i miei omaggi alla Signora». Ci sono le partenze, più frequenti quelle di Picasso soprattutto per la Spagna e per l'Italia, quasi solo per ragioni belliche o per brevi vacanze quelle di Apol- linaire. Ci sono gli altri amici, Max Jacob prima di tutti, poi Jean Cocteau, Blaise Cendrars, Gertrude Stein con il fratello, Robert e Sonia Delaunay, Francis Picabia. Ma soprattutto ci sono la ricerca costante, la protesta se i silenzi si fanno lunghi, il perenne inseguirsi. Picasso si accontenta di sapere che l'altro c'è, di segnali anche minimi purché frequenti. Apollinaire è più esigente, sin dall'inizio e via via in crescendo. Lui ha bisogno di confidarsi, vuole consigli, chiede approvazione. Picasso per lettera non scende mai, o raramente, nei dettagli del suo lavoro. Apollinaire tutto il contrario. L'amico è per lui «compadre», compagno e padre. Quando si butta nell'avventura dei Calligrammes, è all'artista Picasso che scrive (4 luglio 1914): «Mio caro Pablo, (...) hai ricevuto le Soirées con la lettera-oceano? Da allora ho fatto poesie ancora più nuove, veri ideogrammi che prendono forma non in base a una prosodia qualsiasi, ma al loro soggetto stesso. Così non è più verso libero, e però la forma poetica è sempre rinnovata. Credo che sia una grande novità». E gli abbozza, come esempio, la pipa e il pennello. Calligramma della pipa: «Sono la forma stessa della meditazione / e alla fine non contengo altro che cenere / fumo troppo pesante che può solo scendere». Calligramma del pennello: «Ma la mano che ti prende contiene l'universo / è immobilizzare tutta la vita / qui nascono / tutti gli aspetti / tutti i volti / e tutti il paesaggi». Picasso, se parla di pittura, non va oltre lo scherzo. Il 7 febbraio 1915 suggerisce al poeta-soldato di mimetizzare i cannoni da Arlecchino: «Mio caro Guillaume, (...) eccoti un'ottima idea per l'artiglieria. L'artiglieria è visibile solo dagli aeroplani. Siccome i cannoni anche dipinti di grigio conservano la loro forma, bisognerebbe imbrattarli con colori vivaci e a pezzi rossi gialli verdi blu bianchi, en adequine). Non così Apollinaire, che sino all'ultimo cerca nell'amico un assenso. L'11 settem- bre 1918, in una lettera che è insieme sfogo, confessione e teoria poetica, scrive: «Mio caro Pablo, sono molto contento che tu lavori. Io anche (...). Cerco di rinnovare il tono poetico ma nel ritmo classico. Non voglio rifare quello che ha fatto Moréas. Io posso farlo molto più a buon diritto perché non ho mai abbandonato il ritmo che è il fondo di tutte le mie poesie e ne forma l'armatura. D'altronde, non voglio neppure tornare indietro e fare del pastiche)). Per il progressivo ritrarsi di Picasso, falliscono una serie di progetti. Ogni volta lo schema si ripete. L'entusiasmo è inizialmente condiviso, poi Picasso temporeggia e alla fine lascia cadere. Per Apollinaire, amarezza e frustrazione. Succede così con il Bestiario: sarebbe dovuto uscire con le incisioni di Picasso e invece - a furia di rinvìi - Apollinaire dovette accontentarsi dei «machins» (definizione poco lusinghiera, i «cosi»), di Dufy. Allo stesso modo, fallisce un progetto di traduzione a quattro mani di una novella di Cervantes, SI licenciado vidriera. Picasso accetta, si accalora, contesta l'attribuzione (per lui, ma sbaglia, la novella è di Quevedo), poi di colpo abbandona. Promette di illustrare un libro di Odi dell'amico, poi dimentica. E per Vitam impendere amori («un libretto di versi in cui vorrei mettere qualcosa di molto nuovo») s'impegna a fornire un'acquaforte, che Apollinaire reclamerà invano. Altri progetti vanno in porto, come il ritratto cubista che Picasso fa dell'amico per Alcools e il disegno alla maniera di Ingres per i Calligrammes. Ma in percentuale, Apollinaire è deluso. Finisce col non poterne più e chiede il fatidico confronto: «Sarei felice d'incontrarti per avere finalmente una spiegazione generale sui nostri caratteri, i nostri risentimenti, in una parola la nostra amicizia. La mia è viva nei tuoi confronti, il che non vuol dire che a tratti non sanguini. Il tuo Guillaume Apollinaire». Per Picasso sono fanciullaggini, non dà peso e, comunque, non è disposto a tanto impegno. Apollinaire patisce, tanto più che lo stesso gli succede con altri amici: «Cendrars mi dà molta pena. Tu sai quanto io ami quel ragazzo e quanto lo stimi. Ma ha preso un atteggiamento nei mei confronti che mi addolora (...). Ce l'ha con me e non so perché». Mentre di Cocteau dubita: «Mi ha scritto lettere graziose. Dopo una passeggiata che ho fatto con lui, il ghiaccio è quasi rotto tra noi. Ha molta più gentilezza innocente di quanto credessi. Ma vorrei tanto che fosse davvero un amico! E ho avuto tante delusioni (non a caso lo scrive a Picasso) che ora diffido». Apollinaire ormai ha poco da vivere. Gli resta il senso di un conto in perdita, una malinconia profonda. Accentuata, nel libro della corrispondenza, da alcune lettere aggiunte negli Annessi. Sono lettere delle varie mogli tra di loro, ultima quella di Jacqueline a Olga sulle tristi formalità (sigilli, carte) dopo la morte del poeta. E, per finire, un appello pieno di sconforto di Fernande ad Apollinaire: sostituita già due volte da Picasso, cercava nel vecchio amico comprensione, ricordandone la sensibilità. Gabriella Bosco Gli amici Cocteau, Picabia, la Stein e una girandola di donne. «Se sei sposato i miei omaggi alla Signora» a e l ra i a e i e , i i e e i , il e, gi a, o - confidarsiapprovaziPicasso mai, o radel suo lail contrari«compadrQuando sdei CalligPicasso ch«Mio carole Soirées Da allora più nuoveprendono Apollinaire con Jacqueline nel ' 17 e sotto l'altra moglie Madeleine Pagès. Nelle foto a sinistra Picasso in un'immagine del 1904 e Sonia Delaunay. Ai centro il poeta ritratto dall'amico Picasso, Apollinaire e le 6 mogli Esce a Parigi l'epistolario inedito fra il pittore e il poeta: 13 anni di confidenze, rimproveri, gelosie Picasso, Apollinaire e le 6 mogli f\%\ , PARIGI | ' j VE' da divertirsi a leggere la corrispondenza inedita li tra Apollinaire e Picasso, -SA—I che uscirà a fine ottobre Ha Gallimard. Vi si trova Apollinaire con lunghe lettere goliardiche in versi e Picasso con messaggi telegrafici in ispano-franpese. Apollinaire che descrive la scena di una partenza strappalacrime di Picasso da Parigi per Barcellona, accompagnato alla Stazione da amici addolorati, in riste attesa sulla banchina a fianco del malefico vagone: «Il reno tutto a un tratto tornò a essere elettrico / e partì come un peto verso il suolo iberico...». E ricasso, che intenerito gli riSponde: «Mon cher ami Guillaume, ye te embrase et precicement sur ton nombril», ti bacio brecisamente sull'ombelico, f Apollinaire maledice Spagna e spagnoli, perché troppo a lungo |>li sottraggono l'amico: «A Madrid, Burgos e nella Catalogna / la gente sa di merda o di acqua di Colonia». Picasso torna all'attacco sul tema degli affetti coinvolgendo la moglie del momento: «Come me anche Fernande ti pina / per copia conforme». E, in assenza, conforta Apollinaire pon auguri («buona festa») il giorno di Sant'Apollinare in Classe, il 23 luglio. O gli spedisce Lina cartolina «maestosa» per rassicurarlo sul proprio stato di Salute: «Sono il re della bouillabaise», salace doppio senso tra «bouillabaisse», piatto tipico provenzale, e «baise», forma gergo-volgare per amplesso. . E ancora Apollinaire che, stufo alla lunga di dolersi per la lontananza di Picasso, passa a raccontargli facezie parigine: «Tra i l'atti interessanti sopravvenuti bui, c'è ancora il singoiar combattimento tra Lajeunesse (poeta boulevardier, celebrità dell'e£>oca, ndr) e Paul Fort. Fu epico. I piatti volavano, i tavolini in marmo si abbattevano e gli stranieri venuti apposta dagli antipodi alla Closerie des Lilas per vedere i poeti se la davano a gambe terrorizzati, capeggiati nella fuga dal prudente Moréas. Capitolo interessante da aggiungere ai libri che trattano della bastonatura fra i letterati». ; Sono tredici anni di scambio epistolare - tanti ne durò l'amici- 6ia tra i due - dal 1905 alla morte i Apollinaire: 113 lettere di Pipasso contro 51 di Apollinaire [uno squilibrio solo apparente, il poeta compensava il minor numero con la maggior lunghezza). Picasso si era opposto alla pub- {>licazione. Alla scomparsa del'amico, nel 1918, gli venne chie Sto se consentiva. Rispose che la posa gli dava «fastidio». «E poi pveva aggiunto - per tener viva la memoria di Apollinaire sono più che sufficienti le poesie che la gente conosce». Ma a distanza di tanti anni i curatori del volume Pierre Caizergues e Hélène Seckel hanno scelto di violare il veto (non senza qualche imbarazzo che confessano nell'introduzione), per regalarci quotidianità e retroscena di quell'amicizia. Del sodalizio artistico tra Apollinaire e Picasso, tutto è stato deito e tutto o quasi ormai si conosce. Molto meno nota è la «necessità» reciproca, più esplicita da Apollinaire, molto forte tra le righe anche da parte di Picasso e però più effimera. Con i tempi e i modi della relazione amorosa, è una storia di camaraderie che poco alla volta si approfondisce, poi si complica e finisce col raffreddarsi, fatalmente squilibrandosi. Nelle lettere ci sono le donne, quelle passeggere come Yette di cui i biografi di Apollmaire sanno pochissimo, allontanata di colpo - scrive il poeta all'amico «perché rideva checché si facesse o checché si dicesse»; o come le prostitute romane, decantate dal pittore con inconsueto lirismo. E le mogli, che sul filo degli anni si susseguono: Fernande, Eva, Olga per Picasso; Madeleine Pagès, Marie Laurencin, Jacqueline per Apollinaire. Più importanti, ma anche loro comparse. «Saluti a tua moglie» postillano sempre i due, non sempre ricordando di specificarne il nome. Fino a che Apollinaire, persi il conto e la pazienza, scrive: «Se sei sposato, i miei omaggi alla Signora». Ci sono le partenze, più frequenti quelle di Picasso soprattutto per la Spagna e per l'Italia, quasi solo per ragioni belliche o per brevi vacanze quelle di Apol- linaire. Ci sono gli altri amici, Max Jacob prima di tutti, poi Jean Cocteau, Blaise Cendrars, Gertrude Stein con il fratello, Robert e Sonia Delaunay, Francis Picabia. Ma soprattutto ci sono la ricerca costante, la protesta se i silenzi si fanno lunghi, il perenne inseguirsi. Picasso si accontenta di sapere che l'altro c'è, di segnali anche minimi purché frequenti. Apollinaire è più esigente, sin dall'inizio e via via in crescendo. Lui ha bisogno di confidarsi, vuole consigli, chiede approvazione. Picasso per lettera non scende mai, o raramente, nei dettagli del suo lavoro. Apollinaire tutto il contrario. L'amico è per lui «compadre», compagno e padre. Quando si butta nell'avventura dei Calligrammes, è all'artista Picasso che scrive (4 luglio 1914): «Mio caro Pablo, (...) hai ricevuto le Soirées con la lettera-oceano? Da allora ho fatto poesie ancora più nuove, veri ideogrammi che prendono forma non in base a una prosodia qualsiasi, ma al loro soggetto stesso. Così non è più verso libero, e però la forma poetica è sempre rinnovata. Credo che sia una grande novità». E gli abbozza, come esempio, la pipa e il pennello. Calligramma della pipa: «Sono la forma stessa della meditazione / e alla fine non contengo altro che cenere / fumo troppo pesante che può solo scendere». Calligramma del pennello: «Ma la mano che ti prende contiene l'universo / è immobilizzare tutta la vita / qui nascono / tutti gli aspetti / tutti i volti / e tutti il paesaggi». Picasso, se parla di pittura, non va oltre lo scherzo. Il 7 febbraio 1915 suggerisce al poeta-soldato di mimetizzare i cannoni da Arlecchino: «Mio caro Guillaume, (...) eccoti un'ottima idea per l'artiglieria. L'artiglieria è visibile solo dagli aeroplani. Siccome i cannoni anche dipinti di grigio conservano la loro forma, bisognerebbe imbrattarli con colori vivaci e a pezzi rossi gialli verdi blu bianchi, en adequine). Non così Apollinaire, che sino all'ultimo cerca nell'amico un assenso. L'11 settem- bre 1918, in una lettera che è insieme sfogo, confessione e teoria poetica, scrive: «Mio caro Pablo, sono molto contento che tu lavori. Io anche (...). Cerco di rinnovare il tono poetico ma nel ritmo classico. Non voglio rifare quello che ha fatto Moréas. Io posso farlo molto più a buon diritto perché non ho mai abbandonato il ritmo che è il fondo di tutte le mie poesie e ne forma l'armatura. D'altronde, non voglio neppure tornare indietro e fare del pastiche)). Per il progressivo ritrarsi di Picasso, falliscono una serie di progetti. Ogni volta lo schema si ripete. L'entusiasmo è inizialmente condiviso, poi Picasso temporeggia e alla fine lascia cadere. Per Apollinaire, amarezza e frustrazione. Succede così con il Bestiario: sarebbe dovuto uscire con le incisioni di Picasso e invece - a furia di rinvìi - Apollinaire dovette accontentarsi dei «machins» (definizione poco lusinghiera, i «cosi»), di Dufy. Allo stesso modo, fallisce un progetto di traduzione a quattro mani di una novella di Cervantes, SI licenciado vidriera. Picasso accetta, si accalora, contesta l'attribuzione (per lui, ma sbaglia, la novella è di Quevedo), poi di colpo abbandona. Promette di illustrare un libro di Odi dell'amico, poi dimentica. E per Vitam impendere amori («un libretto di versi in cui vorrei mettere qualcosa di molto nuovo») s'impegna a fornire un'acquaforte, che Apollinaire reclamerà invano. Altri progetti vanno in porto, come il ritratto cubista che Picasso fa dell'amico per Alcools e il disegno alla maniera di Ingres per i Calligrammes. Ma in percentuale, Apollinaire è deluso. Finisce col non poterne più e chiede il fatidico confronto: «Sarei felice d'incontrarti per avere finalmente una spiegazione generale sui nostri caratteri, i nostri risentimenti, in una parola la nostra amicizia. La mia è viva nei tuoi confronti, il che non vuol dire che a tratti non sanguini. Il tuo Guillaume Apollinaire». Per Picasso sono fanciullaggini, non dà peso e, comunque, non è disposto a tanto impegno. Apollinaire patisce, tanto più che lo stesso gli succede con altri amici: «Cendrars mi dà molta pena. Tu sai quanto io ami quel ragazzo e quanto lo stimi. Ma ha preso un atteggiamento nei mei confronti che mi addolora (...). Ce l'ha con me e non so perché». Mentre di Cocteau dubita: «Mi ha scritto lettere graziose. Dopo una passeggiata che ho fatto con lui, il ghiaccio è quasi rotto tra noi. Ha molta più gentilezza innocente di quanto credessi. Ma vorrei tanto che fosse davvero un amico! E ho avuto tante delusioni (non a caso lo scrive a Picasso) che ora diffido». Apollinaire ormai ha poco da vivere. Gli resta il senso di un conto in perdita, una malinconia profonda. Accentuata, nel libro della corrispondenza, da alcune lettere aggiunte negli Annessi. Sono lettere delle varie mogli tra di loro, ultima quella di Jacqueline a Olga sulle tristi formalità (sigilli, carte) dopo la morte del poeta. E, per finire, un appello pieno di sconforto di Fernande ad Apollinaire: sostituita già due volte da Picasso, cercava nel vecchio amico comprensione, ricordandone la sensibilità. Gabriella Bosco Gli amici Cocteau, Picabia, la Stein e una girandola di donne. «Se sei sposato i miei omaggi alla Signora» a e l ra i a e i e , i i e e i , il e, gi a, o - confidarsiapprovaziPicasso mai, o radel suo lail contrari«compadrQuando sdei CalligPicasso ch«Mio carole Soirées Da allora più nuoveprendono Apollinaire con Jacqueline nel ' 17 e sotto l'altra moglie Madeleine Pagès. Nelle foto a sinistra Picasso in un'immagine del 1904 e Sonia Delaunay. Ai centro il poeta ritratto dall'amico