«Er roscio, er biondo» (e mazzette alla vaccinara)

«Er roscio, er biondo» (e mazzette alla vaccinara) PERSONAGGI CORROTTI ALLA ROMANA «Er roscio, er biondo» (e mazzette alla vaccinara) FROMA ATECE largo che passamo noi... E ampiamente preannunciati, a lungo sospettati «passano», appunto, i nuovi protagonisti. Serao romani... Coloriti e rumorosi, di sicuro effetto: a rinvigorire l'inchiesta sulle tangenti - qui stecche - che nelle ultime settimane s'era fatta mi po' moscia. La retata capitolina si chiude su un piccolo, ma significativo frammento della - per rimanere pi tema etnico-musicale - «società dei magnaccionh. 0 supposta tale. Quanto basta, comunque, per riconsiderare gli inquisiti milanesi. Che messi a confronto con i loro cuginetti romani risultano più scientifici ed educati, ma anche più grigi, freddi e tristi. Adesso, con questi sette arresti e con questo a suo modo eccellente avviso di garanzia, l'indagine detta Tangentopoli acquista, come accadeva attraverso i dialetti nella commedia all'italiana, un suo definitivo carattere nazionale. ! In termini politici-politici i magistrati sono andati molto (ricini al cuore del sistema di poteie e di alleanze che ha governato Roma negli ultimi cinque sei anni. L'asse, grosso modo, tra il partito di Vittorio Sbardella (de) e quello di Paris Dell'Unto (psi). Grosso modo, nel senso che di tanto in tanto i rissosissimi socialisti romani s'attorcigliavano tra di loro, con un numero quasi incalcolabile di rivolgimenti e commissariamenti, e non si capiva mai bene quanto a favore o contro Dell'Unto, detto «Er toscìod. Nella de di Sbardella, «lo Squalo», le cose erano più chiare. Tanto chiare che quando il commissario de D'Onofrio s'azzardò ad allontanare dalla segreteria amtninistrativa della de romana Giorgio Moschetti, il neosenatore ieri avvisato di garanzia e da sempre soprannominato «Giò er biondo», tempo tre mesi Sbartìella lo rimpiazzò lì con la massima naturalezza. Era e rimane, Moschetti, un personaggio chiave, più che del potere, dell'antropologia partitica romana, miti, siti e riti. I bapelli gialli che gli donano non polo il nomignolo, la nascita a Genazzano e l'abbronzatura da Seychelles («da Lampados» in una città prodiga di scetticismo), la cortesia e la durezza, la Bmw 320 bianco lattea e gli anni dell'«università» al Prenestino, due zìi preti da abbinare con abiti di Battistoni e cravatte di hermes. Al fatidico crocevia tra Eolitica e affari, Giò riceve in na via che si chiama - magia dei luoghi, dei giochi - dell'Oca. E qui, in allegra promiscuità, si potevano incontrare cavalieri del lavoro e segretari di povere sezioni dell'ex cintura rossa (oggi elettoralmente sbardelliana) che da Giò volevano le ventimila per la lampadina rotta. E che poi, complici anche le dimissioni del ministro Vitalone, l'hanno spedito al sicuro al Senato. Soprannomi più o meno fulminanti, colori vivi, telefonini da regalare ai figli per i 18 anni e qualcosa di impalpabile eppure sfrontato, tra il farsesco e il peronista. Aspettando Napoli e Palermo, i nuovi personaggi romani di Tangentopoli arricchiscono e rilanciano l'inchiesta con il loro specifico, che è quello che si respira (e anche si soffre) in questa città un po' cinica. Del socialista Pallottini, brontosauro capitolino già parte della subspecie demartiniana detta appunto «Palleschi & Pallottini», si può dire che comandava i mezzi pubblici della capitale. Come dire che era al centro di un piccolo-grande inferno di disfunzioni, sprechi e irrazionalità. L'ultima era che «rubavano» (timbrando con l'ora sbagliata) perfino le macchinette. «Forse - azzardò Pallottini - è problema di manutenzione». Notare il fascino, direbbe il critico, di quel «forse». Del de Filippi colpiva una certa, furba (perché apparentemente distaccata) aria da finto inglese, i Parioli vissuti come Kensington Gardens. Di Bosca, sacerdote del delluntismo a 360 gradi, stupiva la fedeltà quasi religiosa, i palpiti quella volta al teatro Tenda che «Parise» si fece fotografare con il garofano tra i denti. E Poggiani, De Simoni, il «corechista» Damiani. Pure l'ingegner Caporali, già consigliere d'amministrazione delle Ffss per il pei e poi espulso, che torna in carcere dopo lo scandalo delle lenzuola d'oro, è un personaggio ragguardevole e, anche se non di nascita, piuttosto romano. Ora, è stranoto che in questa città si annette ima particolare importanza al cibo. Bene, solo di ristoranti, e con le carte di credito delle Ferrovie, tra il 1986 e il 1988 Caporali risulta aver speso circa 36 milioni (e c'è anche un conto che riguardava il Festival dell'Unità, ristorante sovietico). Pappa e affari, perciò. Stecca alla vaccinara. Dopo la mazzetta nelle mutande, i soldi che volano dalla finestra, l'assessore che commemora Matteotti e poi riscuote il denaro. Vuoi mettere con la fredda scientificità milanese, con lo scambio di buste in garages bu.. No, Mala Roma ride per non piangere. E qui non si coglie livida rabbia nemmeno davanti ai sospiri intercettati di «Gasparone». Qui, per dire, c'è un democristiano latitante che si chiama Pelonzi e che ha spiegato, serio, che lui in galera non ci può andare perché soffre di claustrofobia. Ma una ricomposizione dell'Italia corrotta, forse, la si può pure tentare. Filippo Cec carelli Da Milano Tangentopoli è sbarcata ora nella cittadella capitolina di Sbardella e di Dell'Unto !1PP .V.V.V. Vittorio Sbardella (a sinistra) e sotto Paris Dell'Unto Il giudice Di Pietro (qui sopra) allunga a Roma il tiro dell'inchiesta «Er roscio, er biondo» (e mazzette alla vaccinara) PERSONAGGI CORROTTI ALLA ROMANA «Er roscio, er biondo» (e mazzette alla vaccinara) FROMA ATECE largo che passamo noi... E ampiamente preannunciati, a lungo sospettati «passano», appunto, i nuovi protagonisti. Serao romani... Coloriti e rumorosi, di sicuro effetto: a rinvigorire l'inchiesta sulle tangenti - qui stecche - che nelle ultime settimane s'era fatta mi po' moscia. La retata capitolina si chiude su un piccolo, ma significativo frammento della - per rimanere pi tema etnico-musicale - «società dei magnaccionh. 0 supposta tale. Quanto basta, comunque, per riconsiderare gli inquisiti milanesi. Che messi a confronto con i loro cuginetti romani risultano più scientifici ed educati, ma anche più grigi, freddi e tristi. Adesso, con questi sette arresti e con questo a suo modo eccellente avviso di garanzia, l'indagine detta Tangentopoli acquista, come accadeva attraverso i dialetti nella commedia all'italiana, un suo definitivo carattere nazionale. ! In termini politici-politici i magistrati sono andati molto (ricini al cuore del sistema di poteie e di alleanze che ha governato Roma negli ultimi cinque sei anni. L'asse, grosso modo, tra il partito di Vittorio Sbardella (de) e quello di Paris Dell'Unto (psi). Grosso modo, nel senso che di tanto in tanto i rissosissimi socialisti romani s'attorcigliavano tra di loro, con un numero quasi incalcolabile di rivolgimenti e commissariamenti, e non si capiva mai bene quanto a favore o contro Dell'Unto, detto «Er toscìod. Nella de di Sbardella, «lo Squalo», le cose erano più chiare. Tanto chiare che quando il commissario de D'Onofrio s'azzardò ad allontanare dalla segreteria amtninistrativa della de romana Giorgio Moschetti, il neosenatore ieri avvisato di garanzia e da sempre soprannominato «Giò er biondo», tempo tre mesi Sbartìella lo rimpiazzò lì con la massima naturalezza. Era e rimane, Moschetti, un personaggio chiave, più che del potere, dell'antropologia partitica romana, miti, siti e riti. I bapelli gialli che gli donano non polo il nomignolo, la nascita a Genazzano e l'abbronzatura da Seychelles («da Lampados» in una città prodiga di scetticismo), la cortesia e la durezza, la Bmw 320 bianco lattea e gli anni dell'«università» al Prenestino, due zìi preti da abbinare con abiti di Battistoni e cravatte di hermes. Al fatidico crocevia tra Eolitica e affari, Giò riceve in na via che si chiama - magia dei luoghi, dei giochi - dell'Oca. E qui, in allegra promiscuità, si potevano incontrare cavalieri del lavoro e segretari di povere sezioni dell'ex cintura rossa (oggi elettoralmente sbardelliana) che da Giò volevano le ventimila per la lampadina rotta. E che poi, complici anche le dimissioni del ministro Vitalone, l'hanno spedito al sicuro al Senato. Soprannomi più o meno fulminanti, colori vivi, telefonini da regalare ai figli per i 18 anni e qualcosa di impalpabile eppure sfrontato, tra il farsesco e il peronista. Aspettando Napoli e Palermo, i nuovi personaggi romani di Tangentopoli arricchiscono e rilanciano l'inchiesta con il loro specifico, che è quello che si respira (e anche si soffre) in questa città un po' cinica. Del socialista Pallottini, brontosauro capitolino già parte della subspecie demartiniana detta appunto «Palleschi & Pallottini», si può dire che comandava i mezzi pubblici della capitale. Come dire che era al centro di un piccolo-grande inferno di disfunzioni, sprechi e irrazionalità. L'ultima era che «rubavano» (timbrando con l'ora sbagliata) perfino le macchinette. «Forse - azzardò Pallottini - è problema di manutenzione». Notare il fascino, direbbe il critico, di quel «forse». Del de Filippi colpiva una certa, furba (perché apparentemente distaccata) aria da finto inglese, i Parioli vissuti come Kensington Gardens. Di Bosca, sacerdote del delluntismo a 360 gradi, stupiva la fedeltà quasi religiosa, i palpiti quella volta al teatro Tenda che «Parise» si fece fotografare con il garofano tra i denti. E Poggiani, De Simoni, il «corechista» Damiani. Pure l'ingegner Caporali, già consigliere d'amministrazione delle Ffss per il pei e poi espulso, che torna in carcere dopo lo scandalo delle lenzuola d'oro, è un personaggio ragguardevole e, anche se non di nascita, piuttosto romano. Ora, è stranoto che in questa città si annette ima particolare importanza al cibo. Bene, solo di ristoranti, e con le carte di credito delle Ferrovie, tra il 1986 e il 1988 Caporali risulta aver speso circa 36 milioni (e c'è anche un conto che riguardava il Festival dell'Unità, ristorante sovietico). Pappa e affari, perciò. Stecca alla vaccinara. Dopo la mazzetta nelle mutande, i soldi che volano dalla finestra, l'assessore che commemora Matteotti e poi riscuote il denaro. Vuoi mettere con la fredda scientificità milanese, con lo scambio di buste in garages bu.. No, Mala Roma ride per non piangere. E qui non si coglie livida rabbia nemmeno davanti ai sospiri intercettati di «Gasparone». Qui, per dire, c'è un democristiano latitante che si chiama Pelonzi e che ha spiegato, serio, che lui in galera non ci può andare perché soffre di claustrofobia. Ma una ricomposizione dell'Italia corrotta, forse, la si può pure tentare. Filippo Cec carelli Da Milano Tangentopoli è sbarcata ora nella cittadella capitolina di Sbardella e di Dell'Unto !1PP .V.V.V. Vittorio Sbardella (a sinistra) e sotto Paris Dell'Unto Il giudice Di Pietro (qui sopra) allunga a Roma il tiro dell'inchiesta

Luoghi citati: Genazzano, Italia, Lampados, Napoli, Palermo, Roma