All'Onu si ammaina la bandiera jugoslava di E. St.

All'Onu si ammaina la bandiera jugoslava Belgrado espulsa, solo sei contrari All'Onu si ammaina la bandiera jugoslava E dopo il voto i serbi bombardano un ospedale in Bosnia: undici morti NEW YORK. Centoventisette sì, sei no e 26 astensioni. Così l'Assemblea delle Nazioni Unite ha deciso l'espulsione della Federazione jugoslava (comprende Serbia e Montenegro), imponendole la presentazione di una nuova domanda di adesione. La scelta di non riconoscere alla Federazione il seggio che era stato dell'ex Jugoslavia rappresenta un passo per costringere la Serbia a fermare la guerra in Bosnia. A nulla è servito l'appello lanciato in extremis dal premier di Belgrado, Milan Panie. E ieri mattina è stato ammainato il tricolore jugoslavo dalla selva dei pennoni davanti al Palazzo di Vetro, dove sono rimaste a sventolare le bandiere degli altri 178 stati membri. Il voto che esclude la Federazione è senza precedenti, più «severo» di quello che estromise il Sud Africa nel '74 per protesta contro l'apartheid. I voti contrari sono venuti da Jugoslavia, Tanzania, Zambia, Zimbabwe, Swaziland e Kenya, secondo i quali le regole della Carta dell'Onu sono state manipolate per scopi politici. Benché attesa, la decisione ha avuto un notevole impatto a Belgrado. I nazionalisti serbi vicini al presidente Milosevic hanno accusato l'Onu di essersi lasciata condizionare da una parte della comunità internazionale. L'opposizione ha invece sostenuto che il voto è stato il «logico risultato» di una politica nazionalista «disastrosa». E in Bosnia, il leader dei nazionalisti serbi, Karadzic, ha polemicamente commentato che la decisione configura «il tramonto dell'Onu». Ma intanto, al Palazzo di Vetro, si sono iniziate le consultazioni su un progetto di risoluzione che condanni e punisca come crimini di guerra le epurazioni etniche e gli attacchi ai civili compiuti in Bosnia-Erzegovina. Secondo fonti diplomatiche, la risoluzione metterà in moto un meccanismo che potrebbe portare a un processo «non dissimile» da quello di Norimberga. Le deliberazioni dell'Onu, però, non fermano la guerra. Le forze serbe hanno sferrato un attacco di artiglieria su Bihac, nel Nord della Bosnia, uccidendo 11 pazienti in un ospedale e ferendone altri 20 gravemente. Lo ha comunicato Radio Bosnia. Segni di distensione arrivano fortunatamente dalla Croazia. A Dubrovnik, città un tempo ospite di un prestigioso festival musicale, è stato organizzato l'altra sera il primo concerto dopo i disastrosi bombardamenti dei mesi scorsi. La situazione resta invece tesa nella provincia del Kossovo. Secondo la Bbc, bambini e professori albanesi non hanno infatti potuto riprendere la scuola: glielo ha impedito la polizia serba. In un filmato, un bimbo albanese ha denunciato: «Ci hanno detto che ci uccideranno se cerchiamo di tornare a scuola». [e. st.] All'Onu si ammaina la bandiera jugoslava Belgrado espulsa, solo sei contrari All'Onu si ammaina la bandiera jugoslava E dopo il voto i serbi bombardano un ospedale in Bosnia: undici morti NEW YORK. Centoventisette sì, sei no e 26 astensioni. Così l'Assemblea delle Nazioni Unite ha deciso l'espulsione della Federazione jugoslava (comprende Serbia e Montenegro), imponendole la presentazione di una nuova domanda di adesione. La scelta di non riconoscere alla Federazione il seggio che era stato dell'ex Jugoslavia rappresenta un passo per costringere la Serbia a fermare la guerra in Bosnia. A nulla è servito l'appello lanciato in extremis dal premier di Belgrado, Milan Panie. E ieri mattina è stato ammainato il tricolore jugoslavo dalla selva dei pennoni davanti al Palazzo di Vetro, dove sono rimaste a sventolare le bandiere degli altri 178 stati membri. Il voto che esclude la Federazione è senza precedenti, più «severo» di quello che estromise il Sud Africa nel '74 per protesta contro l'apartheid. I voti contrari sono venuti da Jugoslavia, Tanzania, Zambia, Zimbabwe, Swaziland e Kenya, secondo i quali le regole della Carta dell'Onu sono state manipolate per scopi politici. Benché attesa, la decisione ha avuto un notevole impatto a Belgrado. I nazionalisti serbi vicini al presidente Milosevic hanno accusato l'Onu di essersi lasciata condizionare da una parte della comunità internazionale. L'opposizione ha invece sostenuto che il voto è stato il «logico risultato» di una politica nazionalista «disastrosa». E in Bosnia, il leader dei nazionalisti serbi, Karadzic, ha polemicamente commentato che la decisione configura «il tramonto dell'Onu». Ma intanto, al Palazzo di Vetro, si sono iniziate le consultazioni su un progetto di risoluzione che condanni e punisca come crimini di guerra le epurazioni etniche e gli attacchi ai civili compiuti in Bosnia-Erzegovina. Secondo fonti diplomatiche, la risoluzione metterà in moto un meccanismo che potrebbe portare a un processo «non dissimile» da quello di Norimberga. Le deliberazioni dell'Onu, però, non fermano la guerra. Le forze serbe hanno sferrato un attacco di artiglieria su Bihac, nel Nord della Bosnia, uccidendo 11 pazienti in un ospedale e ferendone altri 20 gravemente. Lo ha comunicato Radio Bosnia. Segni di distensione arrivano fortunatamente dalla Croazia. A Dubrovnik, città un tempo ospite di un prestigioso festival musicale, è stato organizzato l'altra sera il primo concerto dopo i disastrosi bombardamenti dei mesi scorsi. La situazione resta invece tesa nella provincia del Kossovo. Secondo la Bbc, bambini e professori albanesi non hanno infatti potuto riprendere la scuola: glielo ha impedito la polizia serba. In un filmato, un bimbo albanese ha denunciato: «Ci hanno detto che ci uccideranno se cerchiamo di tornare a scuola». [e. st.]

Persone citate: Karadzic, Milan Panie, Milosevic, Radio Bosnia