Avanti POOH alla riscossa di Gabriele Ferraris

Avanti POOH alla riscossa Incontro con il popolare complesso musicale $ «Oramai la voglia di ribellarsi è di tutti» Avanti POOH alla riscossa MILANO. «Vieni in Italia che si sta bene / è una tribù che già a vent'anni si va in pensione / qui comandano tutti / è la Banda Bassotti / siamo i migliori a fare i ricchi senza una hra / e negli ospedali ci curiamo da soli / siamo alpini e picciotti di cuore». E' «In Italia si può». Musiche di Roby Facchinetti, testo di Valerio Negrini. Cantano i Pooh. Quelli di «non restare chiuso lì, pensiero». Anche loro, gli orsacchiotti che da un quarto di secolo fanno sognare figlie, mamme e nonne, scendono in trincea e sparano contro l'Italia mariuola. E' musica leggera, quella dei Pooh. Non l'hanno mai nascosto, e si sono costruiti una leggenda con il famigerato «rock alla panna». Adesso fa una strana impressione scoprirli così furibondi: eppure, nell'album nuovo, «Il cielo è blu sopra le nuvole», c'è un paio di canzoni al cianuro. Cianuro alla panna, magari. Ma tant'è: adelante, Perirò, con juicio. I Pooh, già delizia delle reti televisive di governo, ora discettano di politica ed economia, sparano a zero sui ladri di Stato, cantano «rapinando la gente e facendo gli eroi / siamo tutti soldati alla guerra / siamo tutti col culo per terra». Da non credere. Umberto Eco ci aveva spiegato trent'anni fa che il kitsch nasce quando le idee dell'elite diventano fenomeno di massa. Ovvero, la Sardegna una volta era una vacanza da vip, oggi ci vanno tutti ed è come Rimini. E dunque, la svolta dei Pooh in versione «resistenza umana» non è soltanto una trovata di business: forse è un segnale. Un critico malevolo definì i Pooh «Beatles delle parrucchiere»: si vede che anche le parrucchiere, nel loro piccolo, s'incazzano. I Pooh parlano - uno per tutti e tutti per uno, come Qui Quo Qua - e spiegano: «In questo disco raccontiamo le speranze e il malcontento dell'italiano medio. Abbiamo sempre cercato, nelle nostre canzoni, di essere i cronisti della vita quotidiana: e viviamo un momento preoccupante, basta guardarsi intorno. "In Italia si può" è una canzone ironica, lo specchio di come gli italiani, noi compresi, hanno affrontato la vita: spaghetti e mandolini, pizza e malandrini e tutto va bene, finché i nodi vengono al pettine». Qualcuno dirà che vi siete buttati nella torta: i cantautori protestano, i rapper protestano, e i Pooh ne approfittano per vendere dischi. «Non abbiamo bisogno di mez zucci, per vendere. E abbiamo scritto le canzoni in un momento non sospetto, quando Tangentopoli era appena all'inizio, e Amato non aveva estratto le sue carte vincenti contro gli italiani; ma già si intuiva che la Banda Bassotti che ci governa doveva renderci conto di qualcosa». I Pooh nuovi ribelli? «La voglia di cambiare, di ribellarsi, è di tutti: lo dimostra il successo delle Leghe. Noi non siamo con le Leghe: il mondo dev'essere un villaggio globale, pur rispettando le tradizioni e la storia di ogni Paese. Ecco, il Terzo Mondo dev'essere aiutato perché quei popoli non siano costretti a venire a chiedere l'elemosina da noi: vanno aiutati a casa loro. Il messaggio del disco è: diamoci da fare per stare tutti meglio, magari eliminando gli eccessi di chi sta troppo bene». Sono idee da senso comune. «Bisogna arrivare alla gente semplice in modo semplice. Ragazzi, è inutile fare dell'ermetismo e poi incazzarsi se non si vendono i dischi - perché poi s'incazzano se non vendono come i Pooh e Venditti, questi dell'ermetismo... No, devi saper parlare alla gente, e vivere fra la gente. Un Battisti, che stimiamo per quello che ha fatto in passato, oggi vive nel suo eremo londinese, o in barca, o chissà dove, insomma, vive al di fuori della realtà, farà belle canzoni con arrangiamenti stupendi perché è bravissimo: ma è difficile toccare il cuore di qualcuno se stai chiuso nella tua misantropia...». E adesso? Andrete a Sanremo, a protestare? «Sanremo si fa una volta e mai più. Chi lo fa tutti gli anni è perché non sa come giustificare la propria presenza nel panorama artistico. Andremo in tournée nei palasport: peccato ce ne siano pochi, e anche questa è una storia italiana, si spende per impianti sportivi che chissà dove sono. In certe città, per esempio Treviso, possiamo suonare perché un privato, un signor Benetton o chi per esso, s'è fatto il palasport. Ma è così, il futuro è dell'iniziativa privata: o Amato lo capisce, o non riusciremo a risollevarci. E' lì l'Italia che conta, quella delle imprese famihari dove tutti collaborano ed evitano di scioperare contro se stessi». «E balliamo balliamo col cuore in bocca / impariamo a nuotare dove non si tocca / dipende soltanto da noi / poi balliamo finché vuoi». Musica di Roby Facchinetti, testo di Valerio Negrini. Un'ideologia di fine millennio. Gabriele Ferraris «Raccontiamo il malcontento dell'italiano medio. Basta guardarsi intorno capire» olare complesso musicale $ di ribellarsi è di tutti» «Raccontiamo il malcontento dell'italiano medio. Basta guardarsi intorno capire» Ascritto le canzoni in un momento non sospetto, quando Tangentopoli era appena all'inizio, e Amato non aveva estratto le sue carte vincenti contro gli italiani; ma già si intuiva che la Banda Bassotti che ci governa doveva renderci conto di qualcosa». I Pooh nuovi ribelli? «La voglia di cambiare, di ribellarsi, è di tutti: lo dimostra il successo delle Leghe. Noi non siamo con le Leghe: il mondo dev'essere un villaggio globale, pur rispettando le tradizioni e la storia di ogni Paese. Ecco, il Terzo Mondo dev'essere aiutato perché quei popoli non siano costretti a venire a chiedere l'elemosina da noi: vanno aiutati a casa loro. Il messaggio del disco è: diamoci da fare per stare tutti meglio, magari eliminando gli eccessi di chi sta troppo bene». Sono idee da senso comune. «Bisogna arrivare alla gente semplice in modo semplice. Ragazzi, è inutile fare dell'ermetismo e poi incazzarsi se non si vendono i dischi - perché poi s'incazzano se non vendono come i Pooh e Venditti, questi dell'ermetismo... No, devi saper parlare alla gente, e vivere fra la gente. Un Battisti, che stimiamo per quello che ha fatto in passato, oggi vive nel suo eremo londinese, o in barca, o chissà dove, insomma, vive al di fuori della realtà, farà belle canzoni con arrangiamenti stupendi perché è bravissimo: ma è difficile toccare il cuore di qualcuno se stai chiuso nella tua misantropia...». E adesso? Andrete a Sanremo, a protestare? «Sanremo si fa una volta e mai più. Chi lo fa tutti gli anni è perché non sa come giustificare la propria presenza nel panorama artistico. Andremo in tournée nei palasport: peccato ce ne siano pochi, e anche questa è una storia italiana, si spende per impianti sportivi che chissà dove sono. In certe città, per esempio Treviso, possiamo suonare perché un privato, un signor Benetton o chi per esso, s'è fatto il palasport. Ma è così, il futuro è dell'iniziativa privata: o Amato lo capisce, o non riusciremo a risollevarci. E' lì l'Italia che conta, quella delle imprese famihari dove tutti collaborano ed evitano di scioperare contro se stessi». «E balliamo balliamo col cuore in bocca / impariamo a nuotare dove non si tocca / dipende soltanto da noi / poi balliamo finché vuoi». Musica di Roby Facchinetti, testo di Valerio Negrini. Un'ideologia di fine millennio. Gabriele Ferraris Avanti POOH alla riscossa Adriano Aragozzini: sta già pensando al prossimo Festival di Sanremo e lancia appelli ai cantautori