Una messa in onore del Papa re

Una messa in onore del Papa re Controcelebrazione della battaglia di porta Pia tra nobildonne e nostalgici ora leghisti Una messa in onore del Papa re Da tutta Italia per la restituzione del senato di Roma ROMA. In nome del Papa Re. «Con l'aiuto di Dio, noi cittadini Roma onoriamo due volte il 122° anniversario dell'eroico sacrificio dei soldati pontifici caduti il 20 settembre 1870 nella battaglia per la difesa della nostra città, per la difesa dello Stato della Chiesa, e del Pontefice e Re Pio LX». Nella chiesa di S. Spirito in Sassia, a un passo da San Pietro, si celebra la messa e Giovanni Gallini, fondatore della Consulta per la Restituzione del Senato di Roma, pronuncia il suo discorso. Intorno, mazzi di fiori bianchi e gialli come le bandiere dello Stato Pontificio, stendardi del Regno di Napoli, del Granducato di Toscana, il nastro originale della «Reale ducale brigata Estense». E il cuscino nero con la croce rossa di San Pietro, che portavano sul petto i soldati del Papa, sopraffatti dai piemontesi a Porta Pia. Un tuffo nel passato. Eppure, per essere presenti a questa sorta di «controcelebrazione» del 20 settembre sono arrivati un po' da tutta Italia. Non ci sono solo romani infatti, fra la piccola folla che riempie la chiesa, signori in scuro e rare signore con le perle al collo. Né soltanto nobili, già appartenenti alla «Palatina Guardia d'Onore» sciolta da Paolo VI o ai «Camerieri di spada e cappa», oggi «gentiluomini di Sua Santità». Pubblico composito e ardente, unito dalla fede in Dio e nella Tradizione. «Ma per carità, non chiamateci nostalgici», si schermisce il giovane marchese Raniero Salvaggi. C'è il principe Sforza Ruspoli, fondatore del Gruppo per la canonizzazione di Pio XI, l'ex sindaco de di Roma, onorevole Rinaldo Santini, il vicepresidente della Corte dei Conti Salvatore Sfregola. Ma ci sono anche i sostenitori di Controrivoluzione, la rivista fiorentina organo ufficiale dell'Anti'89, dove «89» sta per «1789», anno di grazia della Rivoluzione francese. «Un puro evento massonico, come frutto dei massoni sono i valori di uguaglianza, libertà e fraternità a cui si ispirava», spiega deciso il professor Pucci Cipriani, direttore della rivista che, nata tre anni e mezzo fa, alla vigilia del bicentenario, tira oggi 6000 copie e conta 4000 abbonati in tutta Italia. Ispirata a Joseph De Maistre, Donoso Cortes e il principe di Canosa, critica della democrazia e della partitocrazia. Monarchica? «Intimamente sì, come non possono che esserlo i veri cattolici». Sabauda? «Per carità. I savoia dopo Carlo Felice sono tutti massoni». Tutti insieme alla messa organizzata dalla Consulta che da quattro anni si batte per la restituzione ai romani del Senato chiuso il 2 ottobre del 1870 dal generale Cadorna. Quello che occupava lo storico palazzo senatorio in Campidoglio. Un ritorno dello Stato della Chiesa? «Non ci pensiamo per niente siamo solo schifati per come da 120 anni è trattata la nostra città, diventata terra di conquista», replica Gallini, che non nasconde qualche simpatia per la Lega. [m. g. b.]

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