Truffa «principesca» a Roma

Truffa «principesca» a Roma Il rampollo dei Ludovisi mente di una maxi-frode con carte di credito Truffa «principesca» a Roma Quattro gli arrestati, sei ricercati Il ragazzo sarebbe già in Svizzera ROMA. Povero casato dei Boncompagni Ludovisi, con drago d'oro su fondo rosso, principi di Piombino dai tempi del sacro romano impero, duchi di Monterotondo, Sora e Arce, marchesi di Populonia e Vignola, conti di Conza, patrizi romani ed tanto altro ancora. L'ultimo rampollo della nobile schiatta, Francesco Maria, 27 anni, è un ricercato. La questura di Roma lo accusa di essere l'ideatore di una maxi-truffa. Era lui, l'erede dei Boncompagni Ludovisi, l'ideatore di un giro vorticoso di carte di credito, falsificate ad arte e rimesse in circolo. Finora sono quattro gli arrestati; sei i ricercati. La polizia ha anche sequestrato uno scatolone con 200 mila carte di credito, già pronte per invadere il mercato. Un meccanismo semplice e geniale allo stesso tempo. I truffatori facevano acquisti milionari in giro per il mondo e il conto arrivava sul capo di inconsapevoli cittadini. Il ruolo del giovane principe, finora brillante manager di una società immobiliare, è stato svelato da un'inchiesta di tre mesi dei poliziotti romani. Grazie a un genio informatico del crimine - Paolo Mancini, 28 anni, ricercatore borsista del Cnr - la banda aveva manomesso le macchinette ingoia-carta di diversi negozi romani. Una semplice derivazione e voilà, i truffatori potevano copiare la banda magnetica della carta di credito dei poveri clienti. Poi, con sofisticati macchinari, già sequestrati, si riscrivevano le bande magnetiche di altre carte di credito. E con queste ultime in tasca i truffatori si lanciavano in acquisti milionari. Spese pazze. E' stata segnalato addirittura un pagamento a Las Ve¬ gas: figurarsi lo stupore del malcapitato che si è visto addebitare hotel e pranzi dagli Usa, dove magari non era mai andato. Proprio da una denuncia del genere, partita dalla Lombardia, è iniziata l'inchiesta romana. Gli investigatori hanno subito capito che avevano a che fare con una banda sofisticata, che entrava con familiarità nei negozi di lusso in mezzo mondo. E così, mentre la banda accumulava guadagni illeciti per centinaia cu milioni, gli agenti (aiutati dagli agenti privati delie diverse ditte) sono risaliti a un denominatore comune: la maggior parte dei truffati aveva fatto acquisti in un rinomato negozio di biancheria, nel centro di Roma. Hanno dunque arrestato Barbara Cesari, 41 anni, alla cassa dell'omonimo negozio di via Barberini, e i due fratelli Ugo e Roberto Meloncelli. Altri sei sono ricercati. «Sono i manovali della banda», avverte il dirigente di polizia, Michele Roccheggiani. Il ricercato di lusso, però, è Francesco Maria Boncompagni Ludovisi. Secondo la polizia, potrebbe trovarsi in Svizzera a Ginevra. Secondo la famiglia, invece, si trova nel sud-est asiatico in crociera. Il padre, Nicolò, risponde sbigottito alle telefonate: «Sono allibito, costernato e addolorato. Ho saputo della faccenda dal telegiornale. Sì, era venuta la polizia a chiedermi di mio figlio, ma non potevo immaginare. Io non posso pensare che sia veramente coinvolto. Ha il suo lavoro, i mezzi non gli mancano, ha anche fatto il tenente dei carabinieri per tre anni». E certo che non è facile per una famiglia dell'aristocrazia papalina accettare una macchia del genere. In casa si venera il ricordo degli avi, a partire dal cardinal Ignazio che alla fine del '700 fece da segretario di Stato a Papa Pio VI. Oppure di quel mecenate che fece affrescare il Casino dell'Aurora dai pittori Guercino e Guido Reni: una «casa di campagna», di fronte al Quirinale, che oggi è la sede di rappresentanza più illustre di Roma. E sì che il nome dei Boncom¬ pagni negli ultimi anni era ricorso diverse volte sui giornali. Mai storie piacevoli, come la causa che il principe Nicolò ha avviato contro lo Stato per farsi restituire la villa di famiglia (ceduta gratuitamente dalla nobildonna Alice Blancefor De Bildt, vedova Gancia, quando regalare il patrimonio allo Stato era di moda) che apre i suoi giardini qualche spanna sopra il Quirinale. Oppure il coinvolgimento (ma poi il principe Ni- colò è stato prosciolto in istruttoria) in un traffico d'armi internazionale: venti aerei Mirage e migliaia di missili Bm21 offerti al miglior acquirente. L'erede Francesco Maria si era già fatto notare nei party più mondani di Roma. Biondo, snello, sempre elegantissimo. Un nome appariscente. Un titolo tra i più illustri. Molti soldi in tasca. E anche qualche peccatuccio da nascondere: qualche mese fa, nel suo appartamento del centro storico, la polizia aveva sequestrato un macchinario per la falsificazione di telefonini. Si vede che era un suo pallino fisso, la falsificazione degli status symbol. Ora però il giovane Boncompagni Ludovisi passa dal ruolo di vip al più scomodo ruolo di latitante. «Noi, appena lo sentiremo, gli diremo di costituirsi, la giustizia deve fare il suo corso», avverte il padre. Lo attende un carcere, in Italia. Ma non sarà il nobile Castel Sant'Angelo, la fortezza dei papi. No, saranno le plebee celle di Rebibbia. Francesco Grignetti Francesco Maria Boncompagni Ludovisi, ricercato di lusso. A destra, il negozio di via Barberini la cui proprietaria, Barbara Cesari, è stata arrestata: qui sono stati fatti molti acquisti con credit card riprodotte