Tangenti, altri dieci ordini di cattura di F. Poi.
Tangenti, altri dieci ordini di cattura Firmati dal magistrato milanese Ghitti, riguardano imprenditori e politici. Oggi i nomi Tangenti, altri dieci ordini di cattura Borrelli: non serve bloccare i beni ai corrotti MILANO. Tangentopoli, si ricomincia da dieci. Tanti sarebbero gli ordini di custodia cautelare e le informazioni di garanzia già firmate dal giudice per le indagini preliminari Italo Ghitti su richiesta dei pm di «Mani pulite». Una decina di mandati di cattura che riaprono, dopo settimane, la sarabanda sugli affari sporchi dell'ex capitale morale d'Italia. Una valanga di arresti, firmati dal gip Ghitti, che arrivano anche come risposta ai presunti dissidi con la procura. I mandati, già nelle mani dei carabinieri, colpiscono soprattutto imprenditori. Si fa il nome anche di qualche politico. Non ci sono però conferme e gli inquirenti non rilasciano dichiarazioni ad «operazione in corso». Oltre sette mesi di indagini, ottanta arresti già eseguiti, più di duecento confessioni, i magistrati dell'inchiesta «Mani pulite» sono pronti a seguire nuove piste, nuovi filoni di appalti legati al pagamento di bustarelle. Le indagini continuano, il governo scende in campo con il decreto che blocca i beni di corrotti e corruttori, ma in procura il nuovo provvedimento non sembra gradito. Un giudizio negativo su tutta la linea arriva dal procuratore capo Francesco Saverio Borrelli: «Quel provvedimento non mi piace per niente». E poi argomenta: «A noi interessa accertare i fatti, più che recuperare qualche briciola. I soldi chissà dove sono finiti. A noi serve soprattutto continuare ad utilizzare la disponibilità a collaborare manifestata dal mondo imprenditoriale, talvolta anche ai livelli più alti». E perché il decreto bloccherebbe questa possibilità? «Con provvedimenti patrimoniali e societari di questo genere spiega Borrelli - c'è il rischio che questo atteggiamento cambi. Le indagini vanno avanti se trovi il buco, all'interno di una realtà sommersa, dove piazzare il periscopio. Se il pertugio si chiude è il buio». Più che ad un sequestro preventivo, diverso da quello già stabilito con la normativa in vigore, il procuratore capo Borrelh pensa ad altre iniziative. E rilancia l'ipotesi del condono, avanzata per primo dal pm Colombo. «L'idea del condono - sostiene il magistrato non è dettata da sbracamenti, da un'indulgenza fuori posto che sarebbe schizofrenica con quello che stiamo facendo. Il condono punta a portare tutto alla luce, e già questo costituisce una sanzione per i colpevoli». Infine si è chiusa con 15 rinvìi a giudizio (appuntamento in aula il 23 febbraio) l'udienza preliminare per lo scandalo di «Lombardia Informatica». Truffa aggravata, falso in bilancio, falso in atto pubblico le imputazioni contro i protagonisti di questo scandalo da 500 miliardi, elargiti dalla Regione Lombardia a «un ente gestito da un partito trasversale degli affari», secondo la definizione del pm Di Pietro. L'inchiesta, che porta alle origini di Tangentopoli, nacque da un esposto del consigliere verde Molinari. Nell'esposto veniva denunciato il metodo con cui «Lombardia Informatica» vendeva i servizi alle Ussl e alla stessa Regione. Un metodo che, secondo il pm Di Pietro, «era organizzato da alcune segreterie di partito, che decidevano poi la vita sociale dell'impresa». Tra i rinviati a giudizio alcuni imputati di Tangentopoli, da Sergio Soave, pds, a Giancarlo Albini, de. C'è anche l'ex assessore regionale de Ettore Isacchini e il suo compagno di partito Francesco Rivolta, arrestato per le tangenti a Monza. Chiude l'elenco dei rinviati a giudizio Aurelio Campi, dal '71 al '76 segretario di «Avanguardia Operaia», e oggi amministratore di una società di servizi informatici. [f. poi.]
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