Invalidi ancora più tartassati; le aliquote cinguettavano allegre

Invalidi ancora più tartassati; le aliquote cinguettavano allegre Invalidi ancora più tartassati; le aliquote cinguettavano allegre Lo Stato non li visita muoiono in mille Su La Stampa del 29 agosto: «Gettoni d'oro per i medici degli invalidi», il ministro per i Rapporti con le Regioni e le Politiche comunitarie Raffaele Costa giù- ■ stifica l'annullamento di una legge della Regione Abruzzo che aumentava i compensi dei medici per le Commissioni per l'accertamento dell'invalidità civile -, sostenendo che in quel modo «la spesa sarebbe passata da 100 a 500 milioni e, in tutta Italia, col medesimo criterio, da 2 a 25 miliardi». Stupisce che l'on. Costa, che ha fama di corretto e coerente moralizzatore della vita pubblico-amministrativa del nostro Paese, non si sia posto il problema di come fare realmente risparmiare le casse dello Stato, assumendo un provvedimento il cui risultato finirà per essere l'esatto contrario dello scopo che si prefigge. In Italia giacciono inevase presso le Usi più di 2 milioni di pratiche di invalidità civile. Le Commissioni all'uopo deputate lavorano senza specialisti in medicina legale e, nella stragrande maggioranza, senza specialisti d'alcunché, per il semplice motivo che il gettone per i medici ammonta mediamente a 3-5 mila lire a visita «ultimata», cui si aggiunge un compenso a «seduta» di 25-30 mila lire lorde (quattro ore di lavoro circa). Come possiamo gridare al falso invalido in una situazione di questo tipo? Che ipocrisia è lo stupirsene? Bene hanno fatto invece quelle Regioni che si sono poste concretamente il problema di una minima monetizzazione di un'attività professionale complessa come quella in questione. Meglio sarebbe che i rappresentanti delle istituzioni repubblicane si attrezzassero per dare risposte serie, concrete, trasparenti e condivisibili a questioni di natura sociale che, operando nell'ambiguità, saranno sempre più delegittimate nella loro esistenza. Per quanto ci riguarda, da anni l'Anmic propone due ipotesi per la moralizzazione e l'efficienza dell'accertamento dell'invalidità civile: potenziamento degli uffici medico-legali delle Usi - previsti dalla legge 833 e mai fatti funzionare -; in via alternativa, fino all'esaurimento delle pratiche in sofferenza affidare la gestione delle visite ad enti di provata professionalità specifica e capillarità sul territorio quali l'Inps o l'Inail. Ciò perché un risparmio ipotetico ed apparente - come quello che ha motivato l'azione di Costa - non abbia come contraltare il decesso di almeno mille potenziali invalidi (dato 1991) i quali «non hanno fatto in tempo» ad essere visitati nel nostro Stato repubblicano. Alvido Lambrilli presidente dellAnmic Associazione nazionale mutilati e invalidi civili La gran bidonata delle pensioni Le parole del presidente Scalfaro dalla Spagna, in questo momento così delicato per l'economia italiana e cioè «...lo Stato ha il diritto di chiedere sacrifici ai cittadini...», lasciano molto perplessi perché il Capo dello Stato deve anche dire che lo Stato ha il dovere di amministrare i soldi delle tasse nel modo più serio, sensato, onesto. I lavoratori dipendenti per anni hanno versato contributi allo Stato per un fondo pensioni che ora viene modificato unilateralmente (quindi con grande bidonata per quei cittadini già in pensione o prossimi ad andarci), le leggi che portano a 20 anni di contribuzione il periodo minimo per il pensionamento (le cosiddette pensioni baby) vengono fatte e poi dopo pochi giorni ritirate. Nel Meridione quante pensioni fasulle di invalidità vi sono e non vengono perseguite perché concesse per favoritismo politi- co. E se guardiamo la sanità, non dimentichiamo che quando si passò all'attuale sistema delle Usi, già l'Inghilterra aveva abbandonato il sistema e ci aveva messo in guardia per i difetti che si sono poi avverati. Marcello Mulassano Oderzo (Treviso) Tiriamo un po' la cinghia per la Somalia Ho letto l'«appello agli italiani» di Aldo Farina pubblicato su La Stampa di sabato 8 agosto e sono rimasto profondamente colpito dalla gravissima situazione della Somalia ma ciò che più mi affligge è l'accorgermi di come la maggior parte delle persone rimanga indifferente e impassibile. Se non proviamo a renderci conto che ognuno di noi può e deve fare qualcosa, quei 3 milioni di bambini somali saranno costretti a rinunciare alla vita. L'iniziativa dell'Unicef deve essere appoggiata da chiunque abbia un po' di buon senso. E' sufficiente rinunciare a qualche piccolo svago che ci può sembrare vitale ma se lo pensiamo con la vita di un bambino ci apparirà tragicamente inessenziale. Erasmo Catavolo S. Felice Circeo (Roma) Un povero impiegato nella tempesta valutaria La mia pausa pranzo era iniziata tranquillamente: ho timbrato il cartellino, sollevato il telefono, ordinato al bar il solito toast rinforzato, la solita minerale gasata, un croissant e un caffè. Poi ho aperto il giornale e ho guardato dalla finestra, in basso. La grande piazza era piena di affari, le aliquote cinguettavano felici sugli alberi, le rendite passeggiavano serene ai giardinetti, proprio davanti al grande santuario dell'evasione fiscale. Una piccola patrimoniale bionda giocava cantando, sotto lo sguardo di due innamorati. E' successo tutto in un attimo: la tempesta valutaria ha cominciato a soffiare impetuosa, scuotendo le altissime cime dei tassi, gettando nel panico operatori e amanti. L'amato ha preso per mano l'amata, ha afferrato la scure e tentato una manovra, ma è stato travolto da un gruppo di tartassati e di listini impazziti. La temperatura è scesa di colpo, ha congelato gli interessi e fatto crollare stormi di blue chips. Il debito si è consolidato. Uno spettacolo incredibile. Ero impietrito. Da una foto sul giornale, il governatore mi guardava, seduto su una poltrona barocca di raso rosso e riccioli dorati. Pover'uomo, ho pensato, solo in mezzo alla crisi, in balia dei rialzi e della recessione. Non gli resteranno che il gessato grigio, gli stucchi, i quadri del '600, la moquette, i lampadari, il tempio del denaro e la virile stretta di mano del giornalista Guzzanti che l'ha intervistato. Devo fare qualcosa anch'io, mi sono detto. Devo fermare gli speculatori e il caro prezzi, risa nare il deficit, impedire la recessione, spegnere la fiammata inflazionistica e riallinearmi. Devo tagliare i miei sprechi, smetterla di vivere al di sopra delle mie possibilità. Così ho alzato il telefono, la mia voce era ferma: «Pronto, bar? Scusi, ma il toast me lo faccia normale, non rinforzato». Carlo Magni, Pontechianale Quell'attacco a CI sull'«Awenire» Leggo su La Stampa di domeni ca 20 settembre la notizia «Criti ca Sbardella. Non scriverà più sull'Avvenire». Non conosco la fonte (anche se non mi è difficile immaginarla) di questa odiosa forzatura, ma le cose non stanno proprio così. Non ho dato corso alla rubrica domenicale di Carlo Luna, vecchio collaboratore del giornale, non condividendo un attacco a C.L. decisamente sopra le righe e del tutto incongruo sul giornale dei cattolici italiani. La presa di posizione contro Sbardella era del tutto incidentale e collocata all'interno di una requisitoria contro i ciellini, la cui dirigenza non perde occasione per rivendicare la sua natura ecclesiale e per giudicare la nascita della nuova corrente «Alleanza popolare per il cambiamento», come una iniziativa ascrivibile agli onorevoli Formigoni e Sbardella, senza il coinvolgimento diretto del movimento. Avvenire, del resto, aveva già avuto modo di pronunciarsi sulla vicenda in termini corretti e non ha quindi ravvisato le ragioni di una irruzione di Luna, il quale evidentemente interpreta la titolarità di una rubrica come una zona franca, con opportunità di scrivere quello che vuole, prescindendo dalla linea del giornale e dalle responsabilità di chi lo dirige. Lino Rizzi, Milano direttore di «Avvenire» G

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