Eroi, santi e demolitori dell'arte

Eroi, santi e demolitori dell'arte Dopo le polemiche su Caracalla, Zeri denuncia: dalla Toscana a Milano, i monumenti violentati Eroi, santi e demolitori dell'arte il di questi giorni la notizia, J ampiamente diffusa dalla stampa, che interessa uno dei maggiori monu- 1 menti dell'antica Roma: e Terme di Caracalla. Il ministero dei Beni Culturali ha negato la proroga della concessione di quei grandiosi ruderi al Teatro dell'Opera della capitale, al fine di usarli come sede di spettacoli operistici e, in genere, musicali, all'aperto. Il prowedimento ministeriale era da molto tempo atteso e invocato da chiunque abbia a cuore il patrimonio archeologico nazionale, e la locale Soprintendenza alle Antichità da anni stava combattendo una battaglia per evitare all'insigne monumento ulteriori danni, devastazioni e manomissioni, inevitabili e accertati sin da quando aveva preso il via l'irmaturale sovrapposizione di sede teatrale sul complesso del in secolo. Rammento (ed è cosa di almeno trenta anni addietro) che all'inizio della stagione teatrale i Vigili del Fuoco della Capitale ispezionavano le colossali murature, demolendone i pezzi che minacciavano di cadere, o su di esse erano inchiodati cavi e altre infrastrutture, mentre altrove venivano conservati, entro spazi dell'antico edificio, scenari e macchinari, sovente devastando i pavimenti in mosaico o gli avanzi marmorei. Si era persino giunti (e lo constatai io stesso la sola e unica volta che mi recai a Caracalla per vedere e ascoltare un'opera), si era giunti a costruire, tra i venerandi muraglioni, sconci chioschi posticci in stile moresco o vagamente esotico per la vendita di bibite, gelati e altri rinfrescanti. L'epoca in cui venne concepita e realizzata questa assurda devastazione è di per sé significativa. Si era verso il 1937, quando, con grande schiamazzo, venne annunciata la trasformazione delle Terme in teatro; e l'Italia era entrata nel pieno di quell'assurdo, nefasto delirio imperiale, grazie a cui gli avanzi dell'antichità classica da un lato erano esaltati e magnificati (sino a sacrificare per essi anche monumenti preziosi ma di epoche posteriori all'Impero), dall'altro erano abbattuti e spianati per consentire le esibizioni coreogra fiche-militaresche care al Regi me {Meta Sudans insegni). La profanazione delle Terme di Caracalla e la devastazione di quanto aveva fatto per esse, alla fine dell'800, il ministro dei Re gno, Guido Baccelli, suscitò non poche ma silenziose preoccupazioni; e allora la stampa iniziò una campagna per esaltare la fi ne del culto della rovina, per ridicolizzare il rudero presso al quale la zitella inglese si recava a sognare, a vilipendere (l'allusione era rivolta al famoso poema di Giosuè Carducci) l'Italietta che cantava la Dea Roma addormentata. Il presunto risveglio (come sosteneva il Fascismo) della Dea Roma ebbe come effetto l'annientamento vandalico della splendida sistemazione del giardino delle Terme, voluta dal Baccelli: lo schema era a reticolo, con viali fiancheggiati da siepi di bosso, al cui incrocio si innalzavano alti pini a ombrello, e al cui interno era sistemato un ricco roseto, scelto tra le varietà antiche e non di recente manipolazione. Tutto venne raso al suolo per sistemare la platea per gli spettatori. Lo stradone sui sepolcri n caso delle Terme di Caracalla è molto significativo per valutare il rapporto tra Fascismo e Arte Italiana, o, in genere, quelli che oggi si chiamano Beni Culturali. In contrasto con l'esaltazione del Popolo di Eroi, Santi e Navigatori, le testimonianze, anche ragguardevoli, di quanto quel Popolo aveva creato nei secoli venivano poi indifferentemente distrutte o devastate quando faceva comodo: basti ricordare la Chiesa duecentesca di San Domenico a Orvieto, la più antica dedicata in Italia al Santo, che, su volere del gerarca Renato Ricci, venne in gran parte demolita e ridotta al solo transetto per far luogo all'Accademia Femminile di Educazione Fisica, dell'Opera Nazionale Balilla. Del resto, per aprire una nuova strada, anzi stradone, che dal¬ le Terme di Caracalla portava verso l'attuale via Cristoforo Colombo, un angolo della recinzione esterna delle Terme, anch'essa del III secolo, venne demolito. Anzi, per aprire la stessa strada si compì un vero e proprio crimine archeologico, del quale fui testimone, e che ricordo nei minimi dettagli. Per costruire le Terme e per gettare le enormi fondazioni, gli architetti della Roma Imperiale avevano effettuato un grande sbancamento di terra; questa fu trasportata a poca distanza, ricoprendo 'in sepolcreto più antico, composto di tombe in muratura, decorate all'interno con stucchi e affreschi, e ricche di iscrizioni e di altri marmi. Per aprire la strada tutto ciò venne raso al suolo: c'erano tombe plurime che ancora conservavano le tegole del tetto, c'erano complessi di mcredibile conservazione, con gli ornati freschissimi. Ogni giorno (si era nel 1940-41) mi recavo in bicicletta per vedere que¬ sto eccezionale insieme, oggi del tutto scomparso (ma una parte del sepolcreto è ancora, per buona fortuna, ricoperta di terra ai lati della strada o stradone). Il «riuso» che uccide Ma il caso delle Terme di Caracalla trasformate in teatro è significativo anche sotto un altro aspetto; esso segna la nascita di quel principio esiziale, e duro a morire, per cui il monumento non significa più soltanto ed esclusivamente se stesso: se ne contempla il riuso, l'utilizzazione per nuovi e imprevisti scopi, per funzioni affatto incompatibili. Di siffatte proposte di riuso ne abbiamo viste e sentite di ogni tipo. Ne rimase vittima (per fortuna solo allo stato di progetto) il Monumento a Vittorio Emanuele II di Roma, esecrando come insieme e soprattutto per il luogo in cui venne eretto (la rovina urbanistica e artistica che tale scelta comportò è di gran lunga superiore agli sventramenti voluti dal Fascismo) ma che nelle singole decorazioni plastiche e musive che lo ornano è di altissimo livello, un vero e proprio Museo dell'Arte Italiana tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del nostro secolo. Ci fu anni fa chi propose di demolire il Monumento, chi invece suggerì di trasformarlo in spazio per caffé e altri luoghi di svago, chi lo voleva coperto di piante, quale polmone verde al centro di Roma, e così via. Talvolta il principio del riuso è surrettizio e meno appariscente: ma a esso appartiene anche la mania di effettuare Fiere e Mostre dell'Antiquariato in edifici storici, anche insigni, come Palazzo Strozzi a Firenze, che ha ora lo splendido cortile bruttato e offeso da una scala di sicurezza (qualcosa di simile c'è, o c'era, anche a Sabbioneta). Oppure è la cattiva abitudine di allestire Mostre (anche di alto livello) in Musei o edifici storici: ne sono vittime Palazzo Vecchio a Firenze, i Musei Capitolini di Roma (nel Palazzo dei Conservatori fu anni fa ordinata una rassegna di Andy Warhol), Castel Sant'Angelo, dove turisti di tutto il mondo si recano per visitare il monumento (trovandosi poi davanti a pittorelli di terzo o quart'ordine). L'uso improprio dei monumenti tocca il vertice a Milano, con la faccenda del Palazzo Reale. Come è noto, Milano non possiede una sede di rappresentanza; anni fa, in occasione di un Convegno intemazionale, lo si tenne nel Museo del Castello Sforzesco, anche nella sala degli Arazzi Trivulzio, opera di eccezionale importanza e rarità. Manca anche una adeguata sede per Mostre ed esposizioni, che vengono alloggiate nel Palazzo Reale, anche nelle grandi sale di rappresentanza, il cui splendido arredo non è stato distrutto dai bombardamenti del 1943, ma si trova sparso in vari luoghi e depositi, alla Certosa di Pavia, negli Uffici delle Soprintendenze, nel Museo milanese della Scienza e della Tecnica, e persino, mi dicono, a Taranto e Urbino. E così i preziosi arredi marciscono in buona parte, la città non sa dove ricevere gli ospiti illustri o celebrare particolari cerimonie (la Villa Reale di via Palestre ha ospitato matrimoni e simili) e manca un progetto per un vero e proprio centro per le Mostre, sul tipo del Beaubourg parigino (le aree non mancherebbero verso Sant'Eustorgio). Ma il principio del riuso diviene esiziale quando si innesta sulla tematica della riappropriazione da parte del Proletariato di ciò che ha tolto la Borghesia. Ma questo è un argomento di tale ampiezza da richiedere una trattazione a parte. Federico Zeri , Zeri denuncia: dalla Toscana a M Le Terme di Caracalla come apparivano al tempi della Roma imperiale in una ricostruzione dell'Ottocento. In basso, come si mostrano oggi Lo storico dell'arte Federico Zeri: «L'uso improprio dei monumenti tocca il vertice a Milano con la faccenda del Palazzo Reale»

Persone citate: Andy Warhol, Baccelli, Federico Zeri, Giosuè Carducci, Guido Baccelli, Renato Ricci, Vittorio Emanuele Ii, Zeri