Nel salotto di casa Le Pen guardando quel sì alla tv

Nel salotto di casa Le Pen guardando quel sì alla tv Nel salotto di casa Le Pen guardando quel sì alla tv UNA NOTTE COL NEMICO DI MAASTRICHT SPARIGI OGGHIGNA, Jean-Marie Le Pen, seduto nel salotto di casa. Alla tv compare Mitterrand per annunciare la vittoria del sì e lui, prontissimo: «Voilà, il malato immaginario». Risata omerica della sua corte, la moglie, gli amici, lo Stato maggiore del Front National. «Hanno ragione, il sì avanza: cinquanta virgola zero zero zero e qualcosa...». Altre risa, applausi. Jeannie, la moglie, una rossa charmante sulla quarantina, gli stampa un bacione sulla guancia. Jean-Marie si frega le mani, gira per le stanze a distribuire pacche amichevoli agli ospiti. Si ferma solo per accarezzare due dobermann piuttosto inquietanti, che comunque sembrano mansueti in confronto al padrone. Ecco il ministro degli Interni: «Occhio al prestigiatore». Ma come, Monsieur Le Pen, non crede ai risultati? «Mi fido come lei si fiderebbe delle preferenze alle comunali di Palermo», e giù una pacca. «Ma non importa. Tanto l'unico vero vincitore del referendum sono io. L'85 per cento dei politici era per il sì. Guardateli adesso, poverini», e indica i volti ansiosi e depressi smascherati dalle telecamere di Lang - Le Pen proprio non lo sopporta -, Fabius, Simone Veil... L'uomo più amato e odiato di Francia vive a Saint-Cloud, nella banlieue ricca di Parigi, in un parco con una trentina di villette liberty dell'alta borghesia. La sua è al numero 8. Apre la porta una cameriera nera e vien da pensare di aver sbagliato casa. Invece è proprio così, in cucina c'è un altro martinicano. Come vive una nera al fianco del capo dell'estrema destra razzista? «Tres bien», sorride lei da sotto la crestina: del resto come potrebbe rispondere altrimenti? Ecco finalmente i cagnacci neri a ristabilire l'immagine dell'anonime de droite». Nel salone il camino di marmo e lo scrittoio Secondo Impero stridono con il divano moderno. Le Pen accoglie gli ospiti con un sorriso e un bicchiere di bianco, almeno quello francese. Un pronostico? «No, porta male», ma al vicino sussurra: «Due terzi dei dipartimenti sono con noi». E' teso, ma ci tiene a non farlo vedere. Ecco il sondaggio all'uscita dei seggi, un risultato lusinghiero per il no, 49 contro 51. La sala esplode in un urlo altissimo, tre volte: «Hip hip hip, Hurrà». I Frontisti abbracciano il capo: gente dell'alta società, doppiopetti blu, toilette da sera: sem- brano manager riimiti per festeggiare una scalata in Borsa, altro che folklore. Lui, «le President» come lo chiamano tutti, ringrazia, ma si vede che non è contento. Deglutisce, si asciuga il sudore. E' nervoso. Un giornalista di TF1 gli chiede un'intervista, Le Pen lo aggredisce: «Mi fate parlare adesso, dopo avermi censurato per tutta la campagna. Chirac, Lang, Marchais, tutti tranne me. Dica al suo padrone che io ho milioni di elettori, e anche loro guardano la tv». Ecco il collegamento. Le Pen si trasforma: gonfia il petto, si atteggia da tribuno, declama a pieni polmoni: «Dopo una campagna di inganni e ricatti appena un terzo dei francesi si è rassegnato a Maastricht». Certo sa che sono le stesse parole di De Gaulle, quando nel '46 la Francia disse sì alla Costituzione delle sinistre. «Ringrazio i patrioti che hanno scelto di salvare il Paese dall'euro-precipizio». Via i riflettori, si rilassa, chiede: «Come sono andato?» E poi, senza aspettare la risposta: «Guardate che io ci credo ancora. Tante regioni diranno no, la Normandia, il Sud-Ovest...». Ma ecco che gli portano un foglietto: Le Pen legge, lo stropiccia, lo rilegge, si rianima, guadagna a larghi passi il centro della sala, annuncia: «Primi dati dal ministero degli Interni: no 52, sì 48». Un boato. Ora il padrone di casa è euforico. Sa che non finirà così, ma pensa al giorno dopo, al nuovo quadro politico, alle elezioni di marzo. «Gollisti e giscardiani sono divisi, la base si è ribellata ai leader. I frontisti sono compatti. La gente che soffre, i poveri, i contadini hanno detto no all'Europa dei banchieri. Daremo battaglia sulle cose concrete e faremo il pieno di voti». Fanfare in tv, tocca al Presidente della Repubblica. «Ma do¬ ve siamo, in Unione Sovietica?», ride Le Pen. Mitterrand parla di una «giornata storica». «E' una vergogna, siamo 50 e 50... sarà il delirio. Un pugno di voti di vantaggio, e lui scomoda la Storia. E' uno scandalo». Cosa pensa della malattia del Presidente? «E' uno scandalo ancora più grande. Un esempio di propaganda mortuaria. Ma come può un uomo di 80 anni farsi operare d'urgenza per un cancro alla prostata? O i medici di Mitterrand sono i peggiori di Francia, e non ci credo, oppure questo è un calcolo elettorale, non urinario». Il sì rosicchia qualche briciola e i giornalisti tv sorridono compiaciuti. «Ecco i sacerdoti prostrati al culto del dio Francois. Indecenti fino all'ultimo. Questa non è una trasmissione, è una gigantesca manipolazione notturna». Un'altra che Le Pen non può vedere è il ministro Elisabeth Guigou, la bionda che - politicamente parlando - ha preso il posto di Edith Cresson nel cuòre di Mitterrand. La malcapitata sorride in tv, Jean-Marie da casa digrigna i denti: «Adesso la bastono io». E quando gli danno la linea la sbeffeggia: «Forse Madame Guigou ride perché ancora non sa che nel suo dipartimento, Valchiusa, il no supera il 60%. Poi, rivolto ai fedelissimi: «Se lo meritava, no?». Arrivano i risultati dalla «sua» zona, il Sud-Est: Le Pen zittisce tutti: a Marsiglia vince il no, buone notizie da Alta Provenza, Var, Bocche del Rodano, Alpi Marittime... Stringe i pugni: «Potremmo fare una secessione, come la vostra Lega». Ma poi, nazionalista com'è, precisa: «E' solo una battuta». A proposito, con Bossi vi sentite? «Il nostro interlocutore italiano è Fini. Ma siamo aperti a altre alleanze». La capitale è per il sì, lui scuote il capo: «Parigi è perduta». Arriva il numero 2 del Fronte, Bruno Magret, Piccolino nel suo principe di Galles contro il monumentale padrone di casa, in blu. Quando, un'ora prima, il delfino parlava in tv, Le Pen si era scaldato: «Vai, vai così». Ora il saluto è freddino, una stretta di mano, i due si danno del lei, cioè del «vous». Le due signore invece si baciano e subito si rifugiano in un angolo a parlottare con aria complice. Un boccone? Sì, certo: Le Pen si getta su pane e salame, poi roast-beef con riso. «Vi piace casa mia? Non è molto grande, voi sapete, io non maneggio tangenti». Sì, però il parco... «Amo il verde. Ma se trovate un appartamento nel Quartiere Latino, avvertitemi». Cosa pensa delle aggressioni agli immigrati in Germania? «Vedrà che da domani in Francia non ne sentiremo più parlare. Propaganda». E' l'ima di notte, gli ospiti salutano, si avviano alla porta. «Non scappate, non è ancora finita». Poi ci ripensa: «Ma sì, andate a controllare i calcoli del prefetto. Mai fidarsi di questi computer». AldoCazzullo «Attenzione ai prestigiatori Meglio ricontrollare i voti» Il leader del «no» attacca «Sono io il vero vincitore» Sconfitto di misura al referendum Jean-Marie Le Pen è convinto di potersi prendere la rivincita alle elezioni di marzo Elisabeth Guigou è il ministro degli Affari Europei nel governo presieduto da Pierre Bérégovoy