Russia di traditori, non torno

Russia di traditori, non torno polemica. Lo scrittore spiega con rabbia il suo rifiuto Russia di traditori, non torno Zinoviev: accuso Eltsin e Gorbaciov BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Alexandr Zinoviev non vuol sentir parlare di «ritorno in patria», adesso che tutto è crollato all'Est e l'Unione Sovietica non esiste più. E alla vigilia del suo viaggio a Roma, dove domani il presidente del Senato Spadolini gli consegnerà il Premio Tevere, spiega le ragioni del rifiuto, le ragioni della sua «diversità», la sua impossibilità di «aver patria». Al telefono dalla sua casa di Monaco dove vive dal 1978, quando fu costretto a lasciare l'Unione Sovietica dopo la pubblicazione di Cime abissali, parla con voce appena segnata di vecchiaia, ma con rabbia: per quel che è stata la sua vita in Urss o per quel che non potrà più essere. E si capisce che il suo è un rifiuto senza mediazioni, senza possibilità di intesa con chi «ha tradito». Ha ancora senso essere esuli, oggi? «Per me non c'è altra via. Anche se non mi piace, devo restare in Occidente. Per molte ragioni, ma soprattutto perché non accetto la Russia d'oggi. La cosiddetta "perestrqjka" non è stata in realtà un progresso: al contrario, è stata un'occasione di degrado. E in tutti i sensi: economico, politico, culturale, spirituale. Ha provocato la decadenza del Paese. Io sono nato nella Russia comunista: non ero comunista, ma da un punto di vista psicologico sono un uomo della società comunista, e non posso accettare la via capitalista di sviluppo, per la Russia. E poi c'è un'altra ragione che non mi fa tornare: qui in Germania ho pubblicato più di trenta libri, in Russia niente». Neanche adesso? «Anche nel cosiddetto "periodo di libertà" i miei libri hanno continuato a essere proibiti. Solo due anni fa è apparso qualcosa, ma è stato un gesto formale. La realtà è che in Russia sono ancora boicottato perché continuo a criticare. Anche Gorbaciov e Eltsin. Li considero traditori del Paese». Tutti e due? «Tutti quanti, democratici, radicali, monarchici. Hanno tradito tutti il Paese». In che modo? «La situazione in Russia non ha niente che fare con la democrazia. E' una caricatura della democrazia». Vuol dire che ci sono ancora segni di stalinismo nella nuova Russia? Non crede che molto sia cambiato? «Il sistema resta, e nella peggior forma. Che cos'è lo stalinismo? Stalin aveva il suo apparato di potere, e questo apparato controllava il partito. Per creare un apparato di potere al di sopra del partito, Eltsin ha perfino distrutto il partito. Gorbaciov e Eltsin? Conosco questa generazione di persone, sono psicologicamente e ideologicamente stalinisti. Sono capaci di dire qualsiasi cosa, per loro non significa nulla essere comunisti o anticomunisti. Da questo punto di vi¬ sta quelli che oggi sono al vertice del potere sono tutti uguali. E' tutta gente senza principi, chi più chi meno. Sono il peggior prodotto del comunismo». Non c'è nessuno in cui ha fiducia, nella Russia d'oggi? «Nessuno. Il Paese non è soltanto in crisi, è in uno stato di follia». Che cosa prevede per la Russia? «Se non accadrà qualcosa di straordinario, il Paese si disintegrerà, e cadremo». Ha ragione Alexander Ginzburg quando dice «Quel che è rotto è rotto»? «Il mio atteggiamento nei confronti di quel Paese è diverso. Io non sono mai stato un dissidente. Non sono stato espulso per ragioni politiche: ero uno scienziato, un ricercatore, scrivevo romanzi ma non ero anticomunista, antisovietico. Sono stati i miei colleghi, i miei amici, a espellermi, perché fin dal principio ero un elemento di diversità: come scienziato avevo le mie teorie filosofiche e logiche, come scrittore ho scritto molti libri senza badare alle opinioni correnti. Ma oggi la stessa gente che quindici anni fa mi considerava anticomunista e antisovietico mi considera comunista e filosovietico. Sono estraneo a quel Paese». Questo vuol dire che non ci tornerà mai più? «Non avrebbe senso tornare: sarebbe soltanto una grande umiliazione. So quel che ho fatto nella letteratura e nella scienza. Il comportamento di quel Paese nei miei confronti non corrisponde al mio status. Ho pubblicato trenta libri che sono stati tradotti in venti lingue, sono rispettato in tutto il mondo, ho avuto molti premi, e in Russia neanche una parola su di me. Neanche per dire che sono un cattivo scrittore, niente». In un suo libro di due anni fa, «E' questa la fine del comunismo?», lei ha scritto che ogni società ha una crisi, ma prima o poi la supera, e lo stesso avverrà in Urss. Scriverebbe le stesse cose oggi? «La situazione in Urss era di un tipo particolare. C'è stata una crisi, ma come risultato della crisi il Paese è diventato molto debole, confuso. L'Urss è stata sconfitta nella guerra fredda e la crisi è stata una delle ragioni di questa sconfitta: il governo sovietico ha capitolato, si è arreso all'Occidente. Ha tradito il suo popolo, ha aperto le porte del castello». Che cosa ha provato quando l'Unione Sovietica è finita? «Sono assolutamente indifferente all'Unione Sovietica, ma non alla Russia. Già nel 1987 dicevo di avere un programma minimo e uno massimo: quello minimo era una Repubblica russa separata dall'Unione Sovietica, quello massimo era il popolo russo separato dalla Repubblica russa. Da questo punto di vista, forse, per il popolo russo la distruzione dell'Unione Sovietica è stata positiva. Ma allo stesso tempo hanno distrutto tutto: la cultura, la psicologia della gente. Il Paese è demoralizzato, la gente ha perso la sua identità». Questa situazione durerà a lungo, secondo lei? «Sono molto pessimista. Ho paura che la Russia perderà la sua opportunità di restare un grande Paese. L'Occidente è molto forte, l'Occidente userà questa opportunità di distruggere il Paese». Lei ha paura della forza dell'Occidente? «Non ho paura, faccio una predizione scientifica. Sono vecchio, e sono tranquillo. Chi sa che cosa è meglio? Il comunismo come sistema mondiale o il capitalismo? E' difficile dirlo». Lei ha detto che non le piace l'Occidente. «Voglio dire che il sistema occidentale non è il mio. Sono nato in un altro sistema, mi sono abituato a vivere in un altro sistema. Questo sistema mi è estraneo, ed è impossibile per me ricominciare la vita da principio: avevo 56 anni quando sono arrivato, era tardi per ricominciare, e adesso ne ho 70». Che cosa ha provato quando Gorbaciov è stato cacciato dal potere? «Disprezzo Gorbaciov. Lo considero un uomo estremamente stupido. So come hanno fatto carriera i funzionari della sua generazione. Sentite quel che dice, leggete quel che ha scritto: è politicamente un idiota. E poi è estre- inamente ambizioso, s'è preso la "malattia del Dio", ha voluto essere un Dio, famoso come i dissidenti tipo Solgenicyn e Sacharov. E' un uomo assolutamente privo di principi, un traditore. Sto scrivendo un libro sulla gente come Gorbaciov: uscirà l'anno prossimo, si chiamerà I traditori». E Eltsin? «E' della stessa pasta. Perfino più stupido di Gorbaciov». Non le interessa riavere la cittadinanza del Paese nel quale è nato? «Assolutamente no». Solgenicyn tornerà. «Solgenicyn sogna. Voleva vedere la Russia com'è oggi, religione, capitalismo, proprietà privata e cosi via. Lasciatelo andare. E' il suo Paese, non il mio». Qua! è la sua Russia? «Non esiste, non me la immagino neanche. Ci sono nato, ci ho vissuto 56 anni, ma non l'ho accettata, l'ho criticata: ho inventato per me stesso un certo modo di vita. Ero uno Stato indipendente all'interno della Russia comunista, e in quanto tale potevo esistere solo nella società comunista, in un Paese comunista. Quando ho lasciato il mio Paese, ho perso la possibilità di difendere il mio Stato. E non posso difendere il mio Stato neanche nella nuova Russia. Non ho soluzioni per il mio futuro: sto aspettando soltanto la fine della mia vita, quattro o cinque anni forse. Ma qui in Occidente posso esistere a un certo livello, almeno: posso scrivere i miei libri, posso pubblicarli, qui ho la mia famiglia, mia moglie e due delle mie fighe, l'ultima di due anni e 4 mesi. Preferisco stare qui. Ma non ho patria». Emanuele Novazio «Chi è al potere resta stalinista. I miei libri sono ancora proibiti. Il Paese non è soltanto in crisi, è in uno stato di follia» Mlkhail Gorbaciov, e, a sinistra, Boris Eltsin. Dice Zinoviev: «Sono capaci di dire qualsiasi cosa, per loro non significa nulla essere comunisti o anticomunisti. Quelli che oggi sono al vertice sono tutta gente senza principi, chi più chi meno. Sono il peggior prodotto del comunismo» Chi è al potere resta stalinista. I miei libri sono ancora proibiti. Il Paese non è soltanto in crisi, è in uno stato di follia» Solgenicyn e, sotto, Sacharov. Dice Zinoviev: «Solgenicyn sogna. Voleva vedere la Russia com'è oggi, religione, capitalismo, proprietà privata e così via. Lasciatelo andare. E' il suo Paese, non il mio». Solgenicyn e, sotto, Sacharov. Dice Zinoviev: «Solgenicyn sogna. Voleva vedere la Russia com'è oggi, religione, capitalismo, proprietà privata e così via. Lasciatelo andare. E' il suo Paese, non il mio».