Un pennino contro Bush

Un pennino contro Bush Oliphant, il «Daumier americano», star a Forte dei Marmi Un pennino contro Bush «Speriamo che duri, così lo attacco» FORTE DEI MARMI DAL NOSTRO INVIATO Bush vestito da donna, con borsetta, collier di perle e gonnellone a fiori: una perfetta madamina americana attempata e segaligna. Dan Quayle, il vice, un moccioso che si gingilla con domande sciocche. Bill Clinton, lo sfidante democratico, sempre alle prese con bugie e contraddizioni. Ross Perot, il candidato fantasma, uno gnomo con le orecchie a sventola e il cappello da texano, di cui non è dato sapere niente se non che voleva (che vuole?) fare il Presidente. Fra i disegnatori che affilano i pennini in vista della volata conclusiva per la Casa Bianca c'è anche Pat Oliphant, la star del XX premio «Satira politica». Il cartoonist sogghigna dentro di sé nel ricordare com'è nata l'idea su Bush. Molto semplice: «Nella prima campagna elettorale voleva dare di sé rimmagine del macho, per questo non portava gli occhiali. Allora glieli ho messi apposta. Poi ho inventato il resto». Erano i tempi in cui il futuro Presidente cercava di catturare gli elettori con proclami reboanti, del tipo «Vedrete alla Casa Bianca a rea! tìger». E «una vera tigre» disegnò Oliphant: il bravo ragazzo infilato in un costume striato, che salta su da un muricciolo a fare babau a tre signore amabilmente intente al rito del tè: «Mio Dio, che spavento, George... Quante zollette, una o due?». Poi la tigre insistette: la sua «America più gentile» doveva essere nel contempo più forte e autorevole. Ma quella borsetta non se l'è più tolta. E' con lui anche quando va a ingraziarsi l'ex reprobo capo siriano, nell'imminenza del confronto con Sad- dam, e lo trova - com'era prevedibile - tutto lordo di sangue («Ooh, signor Assad, da dove viene tutto questo sangue? Si è tagliato?...»). 0 quando, smessi i panni della madama, indossa il mantello e la calzamaglia di «Bushman», con «Danforth»Quayle al posto di Robin. Pat Oliphant, l'ennesimo cartoonist anglofono alla ribalta di Forte dei Marmi, da noi era finora sconosciuto. Ma in America è una celebrità: le sue vignette sono pubblicate su 500 giornali, ha vinto premi importanti fra cui un Pulitzer, nel 1966, le caricature dei suoi sei Presidenti (da Johnson a oggi) sono esposte alla National Portrait Gallery di Washington. Lo chiamano «il Daumier americano». Anche se non è americano, ma australiano di Adelaide. Però l'eleganza del tratto, il vigore drammatico dei chiaroscuri, la varietà dei toni ricordano davvero i Portraitscharges del grande illustratore francese ottocentesco. In America ci è arrivato nel '64, a 29 anni. «Vivevo in un Paese dal clima piacevolissimo. Splendide spiagge, tutto bello. Ma non succedeva mai niente. Per me era dura». Come individua il tratto carat¬ teristico di ogni personaggio? «E' la natura stessa che lo suggerisce. Io cerco di mettere in luce ciò che sono rovesciando il loro modo di presentarsi al pubblico». Ma in natura dov'è quel Bush filiforme, dal naso sparato e il mento adunco, tanto più ap- prezzabile in uno dei bronzetti che da una dozzina d'anni Oliphant ha preso gusto a plasmare? Eppure, fateci caso: non è più vero «quel» Bush dell'altro che vediamo in tv, impettito nell'immagine ufficiale? E poi gli eroi disegnati hanno una loro storia che ne riflette la parabola politica: Nixon la pera diventa vieppiù bolso e obliquo man mano che emergono le verità del Watergate, Carter il dentone rimpicciolisce a vista d'occhio come la sua immagine di statista. Quayle, invece, si conquista a fatica una larvale fisionomia; prima Oliphant lo disegnava senza volto, un po' come fa da noi Forattini con Goria: «Ha una faccia senza espressione, in lui non vive niente». Garry Trudeau, il terribile americano premiato qui due anni fa, è sempre nell'occhio del ciclone per le sue vignette, giudicate ora diffamanti, ora disfattiste. E Oliphant? «Non ho mai avuto seccature, e mi dispiace. Ogni volta che Trudeau ci ricasca, tutti noi siamo molto invidiosi». Però i politici hanno smesso di chiedere gli originali: «Hanno visto che non attacca più. Uno che me li sollecitava spesso era Johnson: io glieli regalavo, lui li depositava nella biblioteca presidenziale, come documentazione giornalistica su di lui, e così riusciva a ottenere una detrazione dalle tasse pari al valore commerciale del disegno. Anche Nixon ci ha provato». Era una cosa che lo disturbava molto: «Io cerco di offendere, se un mio bersaglio mi chiede il disegno vuol dire che ho fallito. Non è cinismo: è scetticismo. Con il potere bisogna sempre essere antagonisti. Il disegno satirico è un'arte della lotta, del confronto». Con chi si è divertito di più a combattere? «Con Nixon, come personaggio era il più ricco di tutti. Quando se n'è andato mi è spiaciuto moltissimo. Voglio che ritorni! Anche se poi è sempre in giro, come un fantasma che ogni tanto torna a ossessionarci». E così ritorna nelle vignette. In una recente compare in veste di santone eremita, e si propone quasi come un «saggio statista» a confronto di Bush. Dalle prossime presidenziali, come cartoonist, che cosa si aspetta Oliphant? Ovvio: «La conferma di Bush e Quayle. Sono un male per il Paese, ma un bene per me. Noi disegnatori siamo sempre un po' conservatori, quando l'amministrazione cambia dobbiamo ricominciare daccapo a inventare i personaggi». E quale Presidente sarebbe un bene per il Paese? «Nessuno. Abbiamo bisogno di cambiare direzione, non si può continuare così. Per questo all'inizio mi ero un po' illuso con Perot: dopo che lui avesse sfasciato tutto, pensavo, sarebbe stato possibile ricostruire». Per chi voterà? «Probabilmente non voterò. Io voto tutti i giorni in pubblico con le mie vignette». E non è mai stato tentato di venire a «votare» un po' anche in Italia? «Troppo difficile, ho provato a seguire la vostra politica, ma mi confonde. Poi cambiate troppo spesso, non si fa in tempo a disegnare un presidente del Consiglio che già ne arriva un altro». Cambiamo spesso, ma i personaggi sono sempre quelli: perché non farci un pensierino? Una volta Oliphant ha scritto: «Devo moltissimo all'America, che mi ha fornito un canovaccio di lavoro ricco, vario e sovraffollato di ciarlatani di ogni tipo, un fantastico circo Barnum di politici e burocrati, ladri e portaborse». Sai che miniera, il Belpaese... Maurizio Assalto Graffia tutti: Nixon la pera, Carter il dentone. «Johnson voleva i miei disegni per detrarne il valore dalle tasse» ixon la pera, one. «Johnson ei disegni per e dalle tasse» orlomigaun do lo aldiato le llo sava te. o i onc'è del tro Oliphant, il «D«SperiamGeorge Buvisto da Oliphanin tenuta da cavalienordista, corper la presidensul cavallino di legnRoss Perot: uno gnomo con le orecchie a sventola e il cappello da texano Ross Perot: uno gnomo con le orecchie a sventola e il cappello da texano Bush ant: iere orre enza egno salve! sono ross perot e sono candidato alla presidenza George Bush visto da Oliphant: in tenuta da cavaliere nordista, corre per la presidenza sul cavallino di legno

Luoghi citati: America, Forte Dei Marmi, Italia, Washington