Va in briciole la cupola dell'Anonima

Va in briciole la cupola dell'Anonima Il blitz di polizia dopo mesi di indagini, l'organizzazione era controllata da due famiglie Va in briciole la cupola dell'Anonima Colpo mortale all'industria dei sequestri, 26 in cella REGGIO CALABRIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Colpo mortale all'Anonima calabrese. Con un blitz di polizia, dopo mesi di indagini, ieri sono stati arrestati ventisei fra boss e gregari delle bande che negli ultimi anni hanno gestito i più importanti sequestri di persona. I giudici hanno scoperto molti collegamenti interessanti, soprattutto su come veniva riciclato il denaro sporco. Non più case e terreni, da anni facilmente identificabili e quindi sequestrabili, bensì partite di droga e attività apparentemente lecite, come finanziarie: gli sbocchi economici erano orientati sempre più sulla piazza milanese anziché su quella asfittica e controllabile della Calabria. Polizia e magistratura lo hanno accertato ultimamente, così come hanno acquistato nuove e rilevanti prove dei collegamenti organici tra le cosche che hanno gestito dieci anni di sequestri nel «triangolo maledetto» San Luca-Platì-Natile di Careri. Cesare Casella, Carlo Celadon, Claudio Marzocco, Alberto Minervini, Giandomenico Amatrudi - per citare i nomi delle «vittime» più illustri - e poi i calabresi Tullio Fattorusso, Domenico Varacalli, Mario Gallo, Maria Graziella Belcastro, Domenico Paola, Agostino De Pascale, Giuseppe Longo: tutti sono stati bersaglio dello stesso piano criminoso e non come si era detto fino a ieri - di «cani sciolti», di gente disperata, di clan familiari di poveri pastori alla ricerca di un buon colpo. Lo hanno confermato ieri mattina il questore di Reggio, Aldo Gianni, il sostituto procuratore distrettuale antimafia, Roberto Pennisi, dopo che il gip Domenico Ielasi aveva convalidato un provvedimento restrittivo per tutti i pregiudicati, una buona parte dei quali nella notte erano finiti in carcere (ma alcuni già lo erano da tempo), della Squadra mobile. La custodia cautelare non ha interessato solo i residenti dei tre centri aspromontani già tristemente noti per i sequestri, ma anche Roma, Bologna e soprattutto Milano, dove sono stati arrestati anche tre elementi già coinvolti in qualche modo nella «Duomo connection». Si tratta dei fratelli Rocco e Antonio Papalia, 42 e 38 anni, ufficialmente impegnati in attività nel settore del movimento terra, e Mario Inzaghi, 47 anni, di Cesano Boscone. Secondo gli inquirenti, i due Papalia sarebbero una sorta di braccio operativo in Lombardia della cosca dei Barbaro di Piatì e avrebbero avuto la base operativa proprio a Cesano Boscone, dove parti colarmente folta è la colonia di immigrati calabresi, dove il ri ciclaggio di denaro sporco è particolarmente agevole così come lo smercio o l'acquisto di grosse partite di droga, e, a sua volta, Inzaghi avrebbe fatto" da tramite tra i Papalia e la famiglia Barbaro. Secondo gli inquirenti, in questi ultimi tempi la cocaina viaggiava da Milano verso la Calabria, mentre l'eroina faceva un percorso inverso. A Roma, invece, sono stati arrestati Carlo Moretti, 27 anni, e Alfonso Di Mascio, indicati, invece, come uomini della cosca degli Strangio di San Luca: anche i due avrebbero svolto traffico di droga tra la Calabria e il Lazio, mentre a Bologna sono ricercati due pregiudicati dei quali non sono state fornite le generalità. «L'analisi degli elementi costitutivi dei vari sequestri, il luogo dove sono stati mantenuti gli ostaggi, il luogo del rilascio o della liberazione, il luogo del pagamento del riscatto ed altri elementi ha affermato il dott. Mario Blasco, dirigente della Mobile reggina, che ha riletto in queste ultime settimane tutti i fascicoli di dieci anni di sequestri in Aspromonte - ci ha portati a poter affermare che l'organizzazione dedita a questi reati è unitaria o quanto meno si muove dietro l'unica regia che ha come fulcro i Barbarti di Piatì e gli Strangio di San Luca, famiglie ritenute di grosso peso tra le organizzazioni calabresi, una specie di "Gotha" dei sequestri di persona». Secondo il dott. Blasco, queste famiglie controllavano territorialmente una vasta parte dell'Aspromonte e sarebbero pure coinvolte negli omicidi del sindaco di Piatì, De Maio, e dei comandanti delle stazioni dei carabinieri di San Luca e Piatì, Tripodi e Marino, che avrebbero frapposto ostacoli all'attività mafiosa delle cosche. Per la cosca di San Luca, che fa capo agli Strangio, sono finiti in carcere 12 persone tra cui una donna, Agata Giorgi, di 49 anni; per quella dei Piatì, capeggiata da Francesco Barbaro, 65 anni, detto «U Castanu», il provvedimento ha interessato dodici elementi. Due gli arrestati a Natile di Careri, Antonio e Pietro Ietto. Sono latitanti, infine, Antonio Strangio, 26 anni, Giuseppe Barbaro, di 36, e il trentaquattrenne Antonio Romeo. Enzo Laganà Una pista collega i traffici di droga dalla Calabria alla «Duomo Connection» A sinistra Rocco Papalia, 42 anni, coinvolto nella «Duomo connection» e arrestato a Milano. Sotto una delle tante perquisizioni della polizia nel «triangolo dei sequestri» A sinistra Cesare Casella pochi giorni dopo la liberazione; sotto Carlo Celadon, il giovane vicentino che subì la stessa sorte ^