Piazza Affari si chiede «E le privatizzazioni?»

Piazza Affari si chiede «E le privatizzazioni?» Piazza Affari si chiede «E le privatizzazioni?» MILANO. Scommette sul sì francese a Maastricht, Piazza Affari. E intanto, nell'attesa del voto di domenica, archivia una settimana drammatica con un rialzo ( + 2,28% dell'indice Comit) subito interpretato come un «ok» del mercato sui provvedimenti varati dal governo. Avevano chiesto ad Amato «un segnale forte», gli uomini della Borsa. E il segnale forte, a giudicare dall'impennata dei prezzi e dal clima più disteso nel parterre, sembra proprio arrivato. La manovra da 93 mila miliardi è piaciuta e, per la tranquillità di piazza Affari, ha lasciato fuori Bot, Cct e tutto quanto fa reddito fisso, riportando un po' di calma nelle quotazioni dei titoli di Stato e delle obbligazioni. Sospiro di sollievo più che giustificato, dunque. E una scrollatina di spalle per la tassa sul patrimonio delle aziende che poteva forse creare qualche malumore e qualche preoccupazione tra gli operatori ma che è stata liquidata un po' da tutti con un secco: «E' già stata scontata dai prezzi». Certo, pur nel giudizio complessivamente positivo, qualcosa nella manovra di Amato ha lasciato perplessi gli uomini della Borsa. Le privatizzazioni, per esempio: che fine hanno fatto, è la domanda di tutti, le previsioni di entrate per 22 mila miliardi tra il '92 e il '93? Vero, i titoli delle società giudicate privatizzabili nel parterre vanno come un treno e ai candidati certi, Credit e Nuovo Pignone, ogni giorno che passa il mercato aggiunge nomi nuovi: la Sme (ieri salita dell'8,22%), l'Italgas ( + 2,19%), persino la Dalmine ( + 4,60%) che da anni e anni non veniva trattata nel durante e che ieri è stata richiesta come mai. «Prima o poi il governo dovrà cedere queste aziende per incassare» : così ragionano gli uomini di piazza Affari. Ma, in¬ tanto, lo scarso peso - nelle entrate del '93 - delle privatizzazioni preoccupa un po' Attilio Ventura, presidente degli agenti di cambio milanesi. «E' una manovra importante e non poteva che essere così, però sotto certi aspetti sono state fatte scelte ancora troppo deboli», è il commento a caldo di Ventura. Che prosegue: «Sono in buona parte sparite le privatizzazioni annunciate, si era parlato di 15 mila miliardi nel 93 che sono diventati 7 mila, lo Stato dovrebbe essere più fermo sul fronte delle privatizzazioni perché non si possono fare sacrifici fiscali come quelli richiesti da Amato mentre lo Stato tiene per sé attività economiche e un patrimonio che non gli competono». Delusione per le privatizzazioni insufficienti. E qualche timore, in Borsa, anche per il mantenimento di tassi elevati anche dopo la seconda svalutazione di fatto della lira. Ancora Ventura: «I tassi devono scendere - dice - altrimenti sorge il dubbio che gli alti tassi non avessero la funzione di difendere il cambio ma solo quella di continuare a rendere appetibile l'investimento in titoli di Stato». Ci sarà, questo alleggerimento, dopo il sì francese a Maastricht che la Borsa si augura? A dar retta al record di contratti a premio (non a caso, moltissimi «stellage») sottoscritti ieri, la risposta di piazza Affari sembra una sola, un sì deciso, fa.z.l Attilio Ventura presidente del comitato direttivo degli agenti di cambio di Milano

Persone citate: Attilio Ventura, Ventura

Luoghi citati: Milano