La prima uscita di Bobe

La prima uscita di Bobe La prima uscita di Bobe Alla sezione di Sesto S. Giovanni «L'inchiesta è stata un bene...» Vittorio «Bobo»SESTO SAN GIOVANNI. «E ora la parola al compagno Bobo Craxi». Ssst. Volano squadriglie di zanzare nella luce lattea della sezione socialista Bruno Buozzi e piccole nuvole di Emme Esse. Sono venuti in sessanta ad ascoltare il figlio del grande capo in questo afoso avamposto del garofano, cento fabbriche a Nord di Tangentopoli. Lui, il compagno Bobo, l'ex segretario cittadino, esordisce così: «Vi ringrazio di avermi invitato. Sono ormai sei mesi che non parlo in pubblico... e non per colpa mia... E' bello che si ricominci a discutere, ne abbiamo tutti bisogno». Strana serata, nel deserto post-comunista di Sesto. Laggiù, oltre le tangenziali, nel mare nero di Milano, navigano, gli Iceberg di Mani pulite. Qui, in fondo a un viale di palazzoni e cancelli, il clima è da scialuppa. Bobo ci approda puntuale, ore 21. Arriva da solo, con la sua Duna blu, la solita faccia triste e una impeccabile camicia Brooks Brothers. Gli va incontro il compagno Gasparetto, segretario di sezione, che tende la mano, dice: «Cominciamo, compagni? L'ordine del giorno lo sapete, neanche voglio dilungarmi, è il partito. Dobbiamo ridiscutere le sue prospettive, il suo futuro, visto che è stato messo sotto accusa, diciamo, dalla magistratura, e anche, diciamo, dai compagni». Tutte le sedie sono piene, tutte le facce puntate, comprese quelle (mgiaÙite) di Sandro Pertini, statista, e Giuseppe Garibaldi, generale. Manca la foto di Bettino. Non c'è. Eppure lui qui ci è stato, giovane segretario cittadino, a scavare trincee riformiste, quando Sesto San Giovanni era terra bolscevica, nell'anno 1956. La Storia si incapriccia e questa sera tocca al figlio sentire il fiato dell'assedio. Neanche apre bocca, che un militante fa: «Vorrei fare una proposta di democrazia. Chiederei un intervento breve al compagno Bobo, così parliamo anche noi di questo disastro». «Sono d'accordo», abbozza Bobo. E attacca: «Voglio dirvi che questi mesi non sono passati invano. Il cosiddetto scandalo delle tangenti ha aperto tante ferite, ma dobbiamo dirlo forte e chiaro, è stato un bene e non un male. Le indagini sono state un bene e non un male. Anche se...». Anche se? Scricchiolano le sedie. Nella prima fila facce da operai. In piedi, qualche studente-lavoratore con maglietta colorata. Tanti pensionati. Poche donne. Vincono i giubbotti sulle giacche. Il segretario Gasparetto, prima della riunione, spiegava: «La sezione ha 130 iscritti: operai, impiegati, intellettuali cioè insegnanti. Tutti militanti veri, mica come certe sezioni di Milano che sono scatole vuote. E' una sezione vecchia, bella, attiva». Un posto dove se uno prova a pronunciare parolette come Crax De Michelis, Sandra Milo, Panseca, ti fanno il muso lungo e l'alzata di spalle, dove c'è la bandiera rossa appesa, e dall'armadio spunta il doppio megafono per la piazza. «Anche se - riprende Bobo questa inchiesta è stata viziata... non ce lo possiamo nascondere, da certe illegalità dei magistrati. Da un eccesso di colpevolismo da parte della stampa. Da un disegno politico che ci è palesemente ostile...». Lento, parola dopo parola, Bobo torna a giocarsi tutte le mani di poker già azzardate dal padre: «Continueremo a chiedere che i giudici di Mani pulite abbiano anche loro le mani pulite. Continueremo a esigere che i giornali non condannino chi è solo indagato. Dobbiamo ricordarci del compa^ gno Sergio Moroni e del testamento politico che ci ha lasciato. Sì, il suo suicidio è colpa anche, dico anche, degli eccessi di questa indagine». Fine prolusione, si comincia. C'è il bancario Meregani, pacato: «Ma insomma, qui ci dovete spiegare cosa è successo su nei vertici del partito. Chi è ladro e chi no». C'è Russo, l'arrabbiato: «Il De Michelis dice che non ci possiamo dividere sulla questione morale. Eh, no! Io da lui mi divido eccome. Io dissento! Il partito, a partire dall'85-86 ha imbarcato cani e porci, gente con cui io, socialista, non ho niente da spartire. E Berlusconi! Chi è? Lo abbiamo creato noi, lo sanno tutti, ma cosa c'entra con il socialismo uno come Berlusconi? Qui ci siamo dimenticati le radici». C'è Capodieci, il veterano: «Ma porca miseria, sono iscritto da 30 anni e per 28 sono stato insultato dai comunisti che mi dicevano traditore. Adesso il comunismo non c'è più, ma gli ex comunisti mi insultano lo stesso chiamandomi ladro. Allora sia mo proprio i più pirla!». Tutti questi militanti a remare parole per due ore filate. Dire: «Il partito deve risorgere». «Cacceremo i ladri». «Per tanti anni abbiamo amministrato bene, cosa è successo a un certo punto?» «Sono orgoglioso di essere un vecchio socialista». Nessuno mai pronuncia il nome di Pillit teri, Chiesa, Carriera, gli ex po tentissimi oggi inquisiti. Tognoli trapela una volta sola. E invece il nome di Martelli, il nuovo op positore, saltella qua e là, da in tervento a intervento. E' l'ex delfino la garanzia che la battaglia (qualunque essa sia) è ripresa, che l'apatia da choc sta passando. Peremo Bobo, il triste, si fa man mano più disteso. Lo scorso maggio aveva confidato: «Se faccio un comizio, rischio il linciaggio. Il clima ormai è questo». Invece, tra i piccoli furori della Bruno Buozzi, sezione con la bandiera, si becca pure qualche sorriso, a fine serata, prima di filare via da solo verso Tangentopoli. Pino Corrias Vittorio «Bobo» Crax

Luoghi citati: Milano, Sesto, Sesto San Giovanni