Litigano anche i Grandi Thatcher contro Gorby

Litigano anche i Grandi Thatcher contro Gorby Litigano anche i Grandi Thatcher contro Gorby PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Giusto 200 anni fa - il 20 settembre - la battaglia di Valmy teneva a battesimo la Repubblica Francese. Gli allora nemici (i prussiani, alias tedeschi) hanno turbato anche il bicentenario, antevigilia per il referendum su Maastricht e ultimo giorno utile nella campagna radiotelevisiva. Il «no» accusa Pierre Bérégovoy di «tenere in ostaggio il franco» mentre il Deutsche Mark furoreggia, solo per aumentare l'allarmismo e favorire il «sì». Identico rimprovero alla Banque de France, che fa valere le incognite di un voto antiMaastricht. Il primo ministro respinge le critiche, ma poi spiega ai francesi: «Se lunedì vi saranno conseguenze negative, non voglio mi si possa imputare di non avervi messo in guardia». Il ministro della Cultura Jack Lang è ancora più esplicito. Lui che rimprovera al «no» una propaganda psicoterroristica, annunciava ieri «il sì o la catastrofe». Per sostenere con qualche credibilità l'argomento, il governo aveva fra l'altro bisogno che che la divisa nazionale non subisse umiliazioni dal marco ante referendum. Di qui, un massiccio intervento finanziario per sostenere la propria valuta, con l'appoggio esplicito di Bonn, che forse non adora il franco ma cui preme dopodomani vinca Maastricht. Se il fantasma tedesco dominava ieri il campo, gli alfieri di «sì» e «no» hanno bruciato le ultime pallottole anche su temi più classici: sovranità nazionale, prospettive comunitarie, disoccupazione, agricoltura. Anzi, i più lividi erano proprio i contadini anti-Maastricht. Credendosi forse in Jugoslavia anziché nel Midi, hanno aperto il fuoco contro un elicottero della Gendarmeria. Per sua fortuna, anziché missili Sting usavano razzi antigrandine, ma la mira era buona: qualche ordigno ha colpito l'apparecchio. Senza gravi danni, ma poteva farlo cadere. Meno rozza degli agricoltori ma al pari determinata, Margaret Thatcher arringa stamane i francesi sul «Figaro Magazine». Chiede un «no», of course. Ma dovrà vedersela con Michail Gorbaciov. L'ex leader sovietico ha espresso ieri - sorpresa - il suo fervido augurio per il «sì». Il premier greco Mitsotakis va oltre, profetizzando una vittoria. Non così la stampa spagnola. Il filosocialista «El Pais» rimprovera anzi con asprezza Frangois Mitterrand per l'insidiosa avventura del referendum. In ogni caso, rien ne va plus. Con la mezzanotte le tribune radiotelevisive sono fuori legge. Oggi udremo ancora qualche discorso, gli ultimi appelli, poi il grande silenzio che precede l'eurothriller. Per il «sì» cantavano ieri sera alcuni divi rock, non lontano dalla Tour Eiffel: un commiato canoro che sdrammatizza il clima, già assai teso. Nel concludere la campagna, in Savoia, il leader neogollista e sindaco di Parigi Jacques Chirac riaffermava contro le notevoli opposizioni interne - Charles Pasqua, Philippe Séguin - l'opzione europea. Anche per l'ex Presidente Giscard e l'ambasciatrice volante d'Europa, il ministro socialista Guigou, arriva l'ultimo comizio. Sull'altra sponda, Georges Marchais parrebbe ormai tacere. Non così JeanMarie Le Pen, che dopo la guerra sul tumore presidenziale ricavaica i suoi calembours favoriti. Tipo: «Maastricht è come l'Aids. Lunedì potremmo risvegliarci europositivi». [e. b.] Francois Mitterrand

Luoghi citati: Bonn, Europa, Jugoslavia, Parigi, Repubblica Francese, Savoia