Pasqua: urlo il mio «No»

Pasqua: urlo il mio «No» Pasqua: urlo il mio «No» Confederazione stile De Gaulle contro i burocrati di Bruxelles PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Charles Pasqua, 65 anni, già ruvido ministro agli Interni nel governo Chirac, capogruppo senatoriale rpr. E' lui - con Philippe Séguin - il capofila gollista della rivolta anti-Maastricht. Senatore, tre mesi fa nessuno immaginava che il «no» potesse sfiorare la vittoria al referendum. Perché tanta ostilità nel popolo francese, e come mai Mitterrand non seppe intuirla dall'inizio? «I francesi sono per la stragrande maggioranza europeisti, e le formazioni politiche anche, da 40 anni. Ma con Maastricht il problema cambia natura. La nazione ha compreso che anziché costruire l'Europa rispettando i Paesi membri, si vuole creare uno Stato sovrannazionale, che sottrarrebbe a Parigi, Roma, Londra... le loro prerogative maggiori. Mitterrand puntava su Maastricht sperando di rilanciarsi a livello interno. Ma non è il solo ad aver commesso un errore. Quasi tutti i leader immaginavano che ratificare il trattato fosse una mera formalità. Ringraziamo Dio: i francesi hanno della Francia e dell'Europa un'idea superiore a quella che muove i loro capi». Se il «no» vince, fra i Dodici passerete come gli eurobecchini. Non ce ne sarebbero buoni motivi? «Rassicuri l'opinione pubblica italiana. Qualora il "no" passi, non cadrà a pezzi la casa europea ma l'euroburocrazia. Maastricht nasce da velleità tecnocratiche e rischia di allontanare i Paesi che vorrebbe, al contrario, unire. I sondaggi mostrano peraltro che in Germania e Inghilterra la gente la pensa come i francesi». Mi può citare qualche vantaggio concreto e durevole, nel caso il «no» s'aggiudichi la vittoria? «Per la Francia, è chiaro. Bocciare Maastricht vuol dire mantenere il libero arbitrio, ritrovarci il 21 settembre con la gioia e la fierezza d'essere francesi. Ma anche gli altri europei avranno benefici sensibili: rinegozieremo un trattato più conforme alla democrazia e all'apertura comunitaria verso l'Est-Europa». Il «pericolo tedesco» sembra avere un ruolo significativo nella vostra opzione. Perché s'indebolirebbe respingendo Maastricht? «E' il "sì" a sventolare lo spettro della Germania. Michel Ro- card, per esempio, dice che risorgeranno "vecchi demoni", e secondo altri Bonn finirà per sganciarsi dall'Europa. Noi crediamo invece che il suo impegno europeo sia irreversibile. L'amicizia franco-tedesca oltrepassa Maastricht, semplice frutto di un arrangement tra Mitterrand e Kohl». Quale Europa proporrebbe ai francesi per il Duemila? «Ne esistono, da sempre, due varianti. De Gaulle voleva sviluppare la cooperazione, incluse difesa e politica estera, mentre i federalisti pensano a uno Stato unico. Con ogni evidenza, nel Duemila prevarrà l'Europa gollista. Bisogna estendere l'euromereato all'Europa intera, non costruire una super-comunità lasciando fuori i Paesi deboli». Il Fronte del No schiera uomini come lei, Marchais e Le Pen: costellazione eteroclita, improponibile dopo il 20 settembre. Non è fare il gioco del ps? «Non deve esistere commistione alcuna fra referendum e maggioranza governativa. Saranno le Politiche del marzo '92 (sempre che Frangois Mitterrand non le anticipi) a fissare l'esecutivo. Ciò premesso, gli elettori gollisti e giscardiani sono in larga misura sfavorevoli a Maastricht. Toccherà ai loro leader prendere atto della votazione e regolarsi. In caso non lo facciano, altri esaudiranno le aspettative della base». Quale scenario intravede per governo, Eliseo e - magari - V Repubblica nel dopo-referendum? «Ammettiamo un nostro successo: è Mitterrand che deve esprimersi, tuttavia credo occorrano al più presto nuova maggioranza parlamentare e nuovo governo, capaci di negoziare con i partner europei il trattato sostitutivo». le. bn.] Il gollista Charles Pasqua fra i leader del fronte del «no»