Il ritorno dell'austerity
Il ritorno dell'austerity UN MESTO REVIVAL Il ritorno dell'austerity Si replica il film degli Anni Settanta E: CCO che torna il Cip, Cip. E il mesto, inconfondibile cinguettio si tira appresso una parola dimenticata come «carovita». Torna un desueto «allarme fettina», un malinconico «rischio benzina» e naturalmente il ministro dell'Industria ha costituito un osservatorio prezzi. Detti anche «aumenti» e «rincari». Quelli ritenuti ingiustificati già si possono segnalare «anche anonimamente» ad associazioni e giornali. E magari, un domani, anche al governo. Sì, «difendi la tua spesa, telefona al governo»: chissà chi inventò quello slogan recuperato da un cantuccio della memoria; chissà quanto costò e se fu davvero un inglorioso fallimento quella campagna contro l'aumento dei prezzi di quasi vent'anni or sono. Che vide tra i protagonisti un volto piuttosto familiare: Ciriaco De Mita, allora ministro dell'Industria nel quarto governo Rumor. Anno 1973, l'anno di Amar¬ cord, tra luglio e agosto: vicenda consumatasi tra eventi ben più rimarchevoli, schiacciata fra la rivolta nelle carceri (incendi a Regina Coeli, barricate a San Vittore) e l'epidemia di colera a Napoli. Piccola-grande guerra ai prezzi oscurata da ricordi più dolci: Patty Pravo che canta Pazza idea, Lucio Battisti Il mio canto libero e l'orchestra spettacolo Casadei Ciao mare. Pochi se lo ricordano, come accade con i film di serie B, ma se adesso apri i vecchi giornali trovi subito un clima da gogna, un bel caprone espiatorio da dare in pasto ai consumatori tentati dall'accaparramento. Quello di allora si chiamava Gigino Franco Carbone ed era un benzinaio che aveva venduto carburante a prezzo maggiorato a Varese. Ammanettato, scortato in aula da due carabinieri e condannato per direttissima. Ancora «indossava - secondo un ingiallito dispaccio dell'Ansa del 31 luglio - la divisa dei gestori delle stazioni di servizio: tuta blu e maglietta gialla. Durante il processo, che è durato circa un'ora, egli ha pianto in continuazione». Eppure per certi versi fu quasi una farsa la guerra dei prezzi divampata in quell'estate. Che qualche analogia con la situazione di oggi, purtroppo, la presenta: governo (quadripartito) debole, appena fatto, scarso prestigio internazionale, lira a terra, dure restrizioni valutarie. E prezzi, appunto, che crescevano: così tanto e così rapidamente che fu necessario bloccarli per legge. Provvedimento della durata di mesi tre. In realtà, forse senza neanche accorgersene, il governo diede inizio a una sorta di breve ma intenso «guardie e ladri» con la partecipazione prima corale e poi sempre più scettica di milioni di cittadini. E dire che in gioco c'era l'elemento primario per eccellenza: il cibo. Ventun generi di prima necessità attorno a cui aleggiaI vano allegre e bizantinissime dispute. Il bestiame vivo, per esempio, era escluso o no? Cosa si intendeva per «pane»? E i pelati? Quest'ultimo prodotto soprattutto parve attizzare l'ira dei commercianti che, secondo la bella biografia demitiana di Gerosa e Moncalvo, presero a chiamare il ministro dell'Industria «il pelato di Avellino», reo pure di obbligarli a esporre un certo «listino» che avrebbe reso più difficile l'infame operazione di alzarli, i prezzi. Il ministro dell'Interno Taviani affidò ai prefetti (da cui sarebbero dipesi alcuni misteriosi vigili annonari) la grana del controllo. Che, tanto per cambiare, subito ondeggiò paurosamente tra enfasi drammatizzante e barzellettaccia all'italiana. Com'è ovvio i ministri non seppero resistere e definirono «sceriffi» i quieti funzionari dell'amministrazione chiamati a battersi contro i rialzi. «Arriva Provvidenza - replicarono i cinici richiamando un personaggio da western all'ita- liana di quegli anni - se alzi i prezzi, fai penitenza». De Mita, e non è che in teoria avesse torto, puntò su un altro soggetto sociale: la massaia. «E' lei spiegava - che registra nella memoria i prezzi degli acquisti e può confrontare quanto ha pagato ieri e quanto oggi. E' lei che deve aiutarci a scoprire la frode, segnalarcela e far scattare i meccanismi per accertare gli abusi e colpirli». L'idea più gagliarda e innovativa stava però in quello slogan «Difendi la tua spesa. Telefona al governo». Per ogni provincia un numero per segnalare l'aumento della farina, del pollo, dell'olio, eccetera. A questa legittima delazione di massa avrebbero risposto gli sceriffi, cioè le prefetture, con «centri operativi di riferimento». Forse era l'unico modo per ovviare alle debolezze dell'amministrazione. Oppure si trattò di un calcolatissimo deterrente psicologico per scoraggiare i commercianti più avidi. Fatto sta che nel primo mese fioccarono davvero le denunce. Pure troppe. Multe salate, articoli sui giornali. Poi, man mano che cresceva il clamore, attraverso centinaia di verifiche ministri e sceriffi si accorsero del vero impiccio. Gli autori di quelle telefonate a tradimento erano soprattutto altri negozianti: per colpire i concorrenti. Gerosa e Moncalvo dipingono bene la fine ingloriosa della guerra dei prezzi: «A novembre il blocco viene tolto, le merci che erano state imboscate tornano a prezzi maggiorati fino al 30 per cento, le massaie sono inviperite, i centralini della prefettura raccolgono insulti a non finire. Poi il numero di telefono non risponde più». Filippo Ceciarelli lllplll dilli A sinistra un'immagine dell'austerity negli Anni 70. In una domenica di crisi petrolifera tutti a spasso
Persone citate: Casadei, Ciriaco De Mita, De Mita, Filippo Ceciarelli, Franco Carbone, Lucio Battisti, Patty Pravo, Taviani
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