La Giustizia si ferma contro i tagli in busta paga di Claudio Cerasuolo
La Giustizia si ferma contro i tagli in busta paga Due giorni di sciopero per cancellieri, autisti, segretari La Giustizia si ferma contro i tagli in busta paga Due giornate di sciopero, oggi e domani, per il personale degli uffici giudiziari torinesi. Saranno garantiti i servizi essenziali e i processi con imputati detenuti. Cancellieri, autisti, segretari, ma anche funzionari e dirigenti, hanno dato vita ieri mattina ad una spontanea manifestazione di protesta contro la legge delega passata al Senato che abroga le indennità giudiziarie. Erano passate da poco le 10 quando nel cortile della Curia Massima, in via Corte d'Appello, sono cominciati ad affluire decine di impiegati. Alle 11 più di trecento persone gremivano il cortile, una folla vociante e arrabbiata, dalla quale si levavano slogan contro la stangata governativa: «Sciopero ad oltranza e subito», «E' un autogol dei sindacati confederali», «Nessuno ci ha detto nulla e adesso ci portano via un quarto dello stipendio». L'articolo 2 della legge delega passata al Senato prevede l'abrogazione dei «trattamenti economici accessori a favore dei pubblici dipendenti». La norma tocca tutte le varie indennità percepite dai dipendenti pubblici, ma incide soprattutto sulla busta paga dei lavoratori dela giustizia. «Con delle eccezioni è stato sottolineato in assemblea -: magistrati, avvocati dello Stato e dipendenti dei penitenziari». Secondo ■gli accóKii presi dal governo sul costo del lavoro, la legge delega prevede che tutte le componenti accessorie della retribuzione siano disciplinate da accordi contrattuali, ma tutti temono che all'abrogazione non segua il contestuale inserimento della indennità nei contratti, dati i tempi lunghi per il rinnovo. Insomma, la previsione è di perdere subito l'indennità, in attesa di un tardivo e incerto recupero. Tra i sindacalisti presenti all'assemblea ha preso la parola Aurelio Vitale, coordinatore regionale della Cisl statali giustizia del Piemonte: «Qualunque cosa si decida bisogna comunque garantire i processi con i detenuti e i servizi essenziali. Il caos in questo particolare momento non giova a nessuno». I più scalmanati non volevano sentir ragioni e proponevano il blocco totale dell'attività giudiziaria, poi è prevalsa la ragione: sciopero per due giorni, ma è stato deciso di formare un comitato per garantire i servizi essenziali, come le udienze con detenuti, ed evitare il rischio della precettazione. Ha detto ancora Vitale: «Abolire l'indennità vuol dire decurtare la retribuzione del 25 per cento su stipendi che al massimo toccano i due milioni (dalle 200 mila lire per l'usciere alle 700 mila per il dirgente). L'indennità è compresa nella busta paga ed è giustificata dagli impegni particolarmente gravosi del personale impegnato accanto ai magistrati». Un altro sindacalista ha ricordato che l'indennità viene pagata solo sui giorni di presenza: «E' un incentivo contro l'assenteismo e come tale ha sempre funzionato. Abolirla vuol dire equiparare gli operosi agli scansafatiche». Aggiunge il dirigente della procura dei minori Luigi Raiola, rappresentante della Dirstat: «In teoria lo sciopero non poteva essere proclamato perché, avendo firmato il protocollo d'intesa sui servizi pubblici essenziali, avremmo dovuto dare 15 giorni di preavviso. Ma si fa ugualmente perché la situazione è senza via d'uscita. Abbiamo invitato i colleghi di Milano, che hanno proclamato 30 giorni di sciopero, a escludere il personale impegnato nei processi a carico dei corrotti». Claudio Cerasuolo I dipendenti degli uffici giudiziari manifestano nel cortile del tribunale «Con i tagli degli accessori perderemo un quarto del nostro stipendio» Scontenti anche I dipendenti del Comune (foto sotto)
Persone citate: Aurelio Vitale, Cancellieri, Luigi Raiola
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