«Roma cagna»? Polemica su De Gregori di Stefania Miretti

«Roma cagna»? Polemica su De Gregori Nell'Italia dello sfascio e del malaffare anche la musica si ribella: lo sfogo amaro del cantautore «Roma cagna»? Polemica su De Gregori Crolla il m agto della capitale: era caput mundi, ora è odiata IO vi odio a voi rom mi tutti quanti/brutta band a di ruffiani ed intriganti). «Siete un peso alla nazione / s ete proprio brutta gente / ic ti odio grande Roma decadente». Finiscono i turbolenti e un io' sgraziati Anni Settanta qu indo Alberto Fortis, giovane c «fautore di Domodossola - E perciò Milano-dipendente -, scrive i versi dello scandalo. Ci sono negozi della capitale c he rifiutano d'esporre il disco in vetrina, in segno di protest e. C'è un consigliere comunale ìemocristiano che s'accorge ma con tre anni di ritardo - di U'offesa, e querela il cantau ore, nel frattempo passato a p u imprecise tematiche, per i :giuria e vilipendio. Fortis si lifenderà sostenendo d'aver sci :.to quella canzone pensando i (1 suo impresario Vincenzo Mi :occi, romano («Vincenzo io t ammazzerò / sei troppo stupito per vivere»), e ad un certofuenefre- ghismo tipicamente romano. Erano gli anni in cui si precisava e diventava senso comune un'idea di contrapposizione tra Milano capitale morale e la Roma dei politici, delle pausecappuccino, dei baby pensionati. Tredici anni più tardi, ha ragione Francesco De Gregori, «Roma sembra una cagna in mezzo ai maiali», è solo un luogo da cui guardare «la terra attraversata da gente di malaffare» e vedere «i ladri vantarsi e gli innocenti tremare». E se camminando per le strade di Roma, canta De Gregori, «mi va l'anima in pena / mi viene voglia di menare le mani / mi viene voglia di cambiarmi il cognome» («Povero me»), non porta poi tanto lontano il viaggio nelle città d'Italia: «E andiamo a Genova coi suoi svincoli micidiali / o a Milano con i suoi sarti e i suoi giornali», «oppure a Napoli coi suoi martiri professionali». («Viaggi & Mi¬ raggi»). Nell'Italia delle tangenti, della depressione e del tracollo muore, anche nelle canzoni, la vecchia contrapposizione tra Roma e Milano. La Roma Capoccia di Antonello Venditti («Quanto sei bella Roma / quann'è sera / quanno la luna se specchia dentro er fontanone») e la Roma Spogliata di Luca Barbarossa («lasciati cantare una serenata»); quella borgataro di Claudio Baglioni e Renato Zero, con i primi amori e le prime ribellioni che si consumano tra Porta Portese e Centocelle. O la Milano dolcemente nebbiosa di Roberto Vecchioni («Luci a San Siro / di quella sera / che c'è di strano siamo stati tutti là / ricordi un gioco dentro la nehbia / tu ti nascondi e se ti trovi ti amo là») e di Alberto Fortis («mi piacciono i tuoi cieli grigi / le luci gialle e i tuoi cortei / Milano sono contento che ci sei»); e quella pre-yuppy di Fabio Concato, tutta sentimento, passeggiate in bicicletta e domeniche bestiali. 0 quella affettuosa e crudele di Enzo Jannacci e Giorgio Gaber. E persino quella vista con occhio imparziale dal bolognese Lucio Dalla in una canzone che ora suona, tuttalpiù, come epitaffio: «Milano vicino all'Europa/ Milano che banche che cambi / Milano gambe aperte / Milano che ride e si diverte». Com'era inevitabile, i cantautori negli Anni Novanta raccontano unanimi «lo stivale del disonore» (Franco Battiato). E laddove le città sopravvivono, nei rap delle posse nate nei centri sociali e molto legate al territorio, c'è solo rabbia e denuncia, la stessa per tutti. Stefania Miretti Nel nuovo disco del cantautore Francesco De Gregori «Roma sembra una cagna tra i maiali» * NT La Roma Capoccia di Venditti (foto) esiste ancora nel cuore dei romani?