La legge di Tonino il duro baby-boss senza speranza di Fulvio Milone

La legge di Tonino il duro baby-boss senza speranza A12 anni, ha ordinato la serrata per i funerali del fratello La legge di Tonino il duro baby-boss senza speranza PERSONAGGIO IL GUAPPO DI TORRE TORRE ANNUNZIATA DAL NOSTRO INVIATO Provate un po' a mettere piede nel rione Penniniello. Avrete subito la strana, sgradevole sensazione di essere spiati, controllati, pedinati. E allora capirete che aveva ragione da vendere l'anziano ispettore del. commissariato di Torre Annunziata, quando diceva: «Al Penniniello ci sono le sentinelle». Mille occhi spiano ogni presenza estranea lungo l'unica via d'accesso al quartiere, una larga strada asfaltata alla meno peggio. Sono le vedette della camorra, che qui ha il nome temutissimo di Luigi Limelli. Decine di volte la polizia ha tentato di espugnare il labirinto di viuzze strette tra palazzine costruite dopo il terremoto dell'80. Ogni assalto è fallito, per colpa dei vigilantes, troppo lesti nel dare l'allarme. La legge, al Penniniello, la fanno i Limelli: chi è con loro ha vita facile; chi li contrasta, o più semplicemente tenta di farsi i fatti suoi, è condannato a un futuro incerto, probabilmente di breve durata. Tonino Gemignani, dodici anni, la sua scelta di campo l'ha già fatta. Probabilmente è stato costretto a farla, con una famiglia come la sua: la madre, Caterina, arrestata qualche anno fa in Sicilia per traffico di droga; un fratello, Nunzio, ucciso nell'88 davanti alla porta di casa; un altro, Ciro, in galera per spaccio di eroina e porto illegale di armi. E poi c'era Vincenzo, quello al quale il bambino era più legato, morto per overdose domenica scorsa all'angolo di una strada buia. Tre giorni fa il clan aveva deciso di organizzare per il «guaglione» ucciso dalla cocaina funerali degni di un boss, e il ragazzo si era offerto subito di ordinare ai commercianti la serrata in segno di rispetto. Tonino e i suoi abitano qui, in una delle palazzine del «Penniniello», un complesso di case popolari che, nelle intenzioni degli amministratori di Torre Annunziata, avrebbe dovuto essere il quartiere modello di una città sconvolta dal terremoto. Lo spettacolo, invece, è quello desolante di una qualsiasi periferia metropolitana, con le siringhe usate abbandonate agli angoli delle strade, le scritte rabbiose e volgari che imbrattano i muri, qualche alberello rachitico che stenta a sopravvivere in tutto quel ce mento. I Gemignani non sono in casa, o fingono di non esserci. I vicini dicono che Tonino ha portato altrove la sua faccia da bulletto di periferia, il suo fisico sottile di adolescente mimetizzato da gesti decisi, spavaldi, quasi arroganti. Indossa sempre jeans e un giubbotto con uno strano, indefinibile stemma stilizzato cucito sulla schiena. Era vestito così anche martedì sera quando, a orario di chiusura, è entrato nei negozi di via Plinio e piazza Sant'Alfonso. «Domani dovete chiudere, i morti meritano rispetto», ha detto, mentre fuori lo aspettavano due uomini di Limelli. Vita difficile, vita perduta troppo presto quella di Tonino, figlio di un netturbino che è sempre stato ai margini della malavita locale. Scolaro insofferente, ha disertato l'aula un anno fa. Secondo la polizia risale ad allora l'apprendistato nella camorra. Il suo modello, naturalmente, è Luigi Limelli, guappo di Boscotrecase, un paese alle porte di Torre Annunziata, che da anni è in guerra con l'altro boss della cittadina, Valentino Gionta. Della figura del fratello Nunzio, ammazzato sotto gli occhi della famiglia, Tonino ne ha fatto un mito. Ma ammira anche Ciro, in galera da un mese, l'unico dei Gemignani che mostra davvero la stoffa del camorrista. Tutto il suo affetto, però, è per Vincenzo, 23 anni, anche lui un «guaglione» della cosca torrese. Ed è proprio Vincenzo che gli fa da Pigmalione nel mondo insidioso della malavita, che dei bambini ha bisogno come del pane. Quelli come Tonino passano inosservati, e soprattutto non possono essere puniti dalla legge. Lo sa bene Vincenzo, fornitore di droga che affida al fratellino un incarico delicato: consegnare le bustine piene di eroina agli spacciatori, per la vendita al dettaglio. La polizia, però, sospetta qualcosa. Ai primi di maggio gli agenti fanno una retata al Cen- tro di assistenza ospedaliera per le tossicodipendenze della Usi 34, arrestando 19 eroinomani accusati di spaccio di metadone. Qualcuno di loro, interrogato in commissariato, comincia a parlare, e racconta di un ragazzo, poco più che un bambino, conosciuto come il corriere della droga della banda Limelli. Tonino è spiato, pedinato notte e giorno come il peggiore dei criminali. La trappola scatta l'otto maggio. E' mattino, quando i poliziotti in borghese ammanettano Vincenzo Gemignani e altri due «pusher», Giuseppe Marotta e Liberato Ascione. Finisce al commissariato anche lui, Tonino. Un ispettore ricorda perfettamente quel ragazzino spavaldo, strafottente, con il giubbotto appoggiato su una spalla. «Sorrideva, parlava a ruota libera senza che gli chiedessimo niente - racconta -. A un certo punto ci fissò a lungo negli occhi e disse: "Ispetto', ho fatto tutto da me, la droga la vendevo e mi tenevo i soldi". Naturalmente non gli credemmo, e gli altri furono accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso e traffico di droga». Ma Vincenzo Gemignani in prigione ci resta poco. Di nuovo in libertà, riprende la vita di sempre, con il fratellino alle costole, che per lui è pronto per sbrigare ogni faccenda. Tra i «guaglioni» della cosca Limelli è di gran moda la cocaina, e anche Vincenzo si droga. Sniffa come un dannato, e un brutto giorno il cuore non regge: muore per overdose su un marciapiede di Boscoreale, poco distante dalla villa in cui vive il boss Limelli. Per Tonino è un brutto colpo. Il vuoto lasciato dal fratello è incolmabile, e forse l'unico modo per attenuare il dolore è mostrare i denti, da vero camorrista. E come un guappo degno di tutto il rispetto si presenta nei negozi di Torre Annunziata, pretendendo la serrata nel giorno dei funerali. I commercianti lo temono, e solo l'intervento massiccio di polizia e carabinieri riesce a far rialzare le saracinesche abbassate. Ma la paura, quella rimane viva tra gli esercenti. Gliela leggi negli occhi quando chiedi perché mercoledì avevano deciso di chiudere per tutto il giorno: «Faceva troppo caldo per lavorare». Fulvio Milone La madre è in carcere in Sicilia un fratello fu ammazzato nell'88 Lui fa il corriere della droga «Ispetto' sono in affari da solo» Bambini di un difficile rione di Napoli

Persone citate: Gemignani, Giuseppe Marotta, Liberato Ascione, Luigi Limelli, Tonino Gemignani, Valentino Gionta, Vincenzo Gemignani

Luoghi citati: Boscoreale, Boscotrecase, Napoli, Sicilia, Torre Annunziata