Ai corrotti saranno sequestrati i beni di Ruggero Conteduca
Ai corrotti saranno sequestrati i beni Varato il decreto chiesto da Scalfaro: le imprese verseranno una somma pari alla tangente pagata Ai corrotti saranno sequestrati i beni 77 provvedimento anche per concussione e peculato Decade se entro 5 anni non c'è la condanna definitiva ROMA. Assieme alle misure economiche per dare respiro alla lira, il governo ha approvato ieri il decreto anti-tangenti. Un provvedimento voluto dallo stesso capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro, per colpire i corrotti e i corruttori di tangentopoli e che ha impegnato i tecnici del ministero di Grazia e Giustizia per due settimane. Il testo del decreto, per la verità, è ancora top secret, forse perché non ancora definitivo. Da notizie e indiscrezioni uscite dal ministero •di via Arenula, però, sembra che non contenga quelle misure severe nei confronti dei corrotti che tutti si aspettavano. A pagare, oltre i diretti responsabili, saranno le imprese, anche se in misura minima, e non si fa alcun cenno ai partiti che pure, a sentire gli inquisiti, hanno svolto un ruolo centrale nello scandalo di Milano. Più che un nuovo «codice» contro il malaffare degli appalti, il decreto sembra voglia assumere quel significato di risposta morale che lo stesso Martelli aveva auspicato. «Non si possono chiedere sacrifici - aveva detto il ministro guardasigilli in relazione alla disastrosa congiuntura economica di questi giorni - senza dare in cambio dei segnali di cambiamento». E il cambiamento riguarda, da oggi, la possibilità di sequestrare ed eventualmente confiscare i beni agli imputati di corruzione. concussione, peculato ed abuso d'ufficio i quali, con i loro delitti, abbiano arrecato danni patrimoniali alla pubblica amministrazione. In pratica il pubblico ministero, nel momento in cui l'indiziato viene rinviato a giudizio, può chiedere al tribunale il sequestro cautelativo dei suoi beni. Solo se, al termine dei tre gradi di giudizio, egli sarà riconosciuto colpevole, i beni saranno confiscati ed entreranno a far parte del patrimonio dello Stato. Considerati i tempi lunghi della giustizia italiana, il decreto si preoccupa anche di fissare dei limiti all'efficacia del sequestro. Così come si preoccupa di prevedere e di vanificare possibili furbizie da parte dell'imputato. Un articolo del testo fissa in cinque anni il limite massimo entro il quale deve pervenne la sentenza definitiva ed entro il quale, perciò, avrà efficacia il sequestro dei beni. I cui effetti cessano però se fra un grado e l'altro di giudizio interviene una sentenza di assoluzione e si ricostituiscono se ne segue una di condanna. In particolare, il sequestro dei beni dell'imputato può durare due anni se entro tale termine non vi è la sentenza di primo grado e tre anni e sei mesi per il giudizio d'appello. Complessivamente non più di cinque per la sentenza definitiva. Può anche darsi che l'indiziato di corruzione, concussione e peculato che abbia sentore di essere rinviato a giudizio si spogli dei suoi beni a favore di terzi con la vendita, la donazione, vera o presunta, o con altri atti. In questo caso il tribunale può dichiarare tale atto inefficace se dimostra che il terzo era d'accordo con l'indiziato e procedere egualmente al sequestro dei beni. Accanto al quale, il legislatore prevede, come misura accessoria, anche la sospensione da «titoli abilitativi, da qualifiche, nonché da amministrazioni di società». Chi è iscritto all'albo dei costruttori ne verrà temporaneamente cancellato e non potrà perciò partecipare a gare d'appalto. Su suggerimento del ministro socialista della Difesa, Salvo Andò, nel decreto è stata introdotta anche la disposizione secondo cui, quando siano stati accertati fatti di corruzione, si preveda la risoluzione del contratto con l'impresa «corruttrice». Con specifico riferimento a quest'ultimo reato, il testo approvato ieri a palazzo Chigi prevede anche che, se l'imputato ha agito in nome e per conto di un'impresa, pure i beni di quest'ultima possano essere sequestrati. In quale misura? Nella misura della tangente pagata per aggiudicarsi l'appalto. Nella peggiore delle ipotesi, insomma, il rischio massimo per le aziende è quello di pagare una tangente doppia. Ruggero Conteduca
Persone citate: Oscar Luigi Scalfaro, Salvo Andò, Scalfaro
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