E Milano non crede alle «rivelazioni » di Giampaolo Pansa

E Milano non crede alle «rivelazioni » E Milano non crede alle «rivelazioni » Montanelli difende D'Ambrosio: è un galantuomo MILANO. Il più scatenato è Giampaolo Pansa: «Le dichiarazioni di Craxi da Berlino? Una maxistupidata. In milanese: una pirlata», sta già scrivendo il condirettore dell'Espresso. E da buon cronista l'ha subito pizzicato: «Ma come fa? Dice che la bomba di Piazza Fontana è scoppiata di mercoledì. Bravo, ma lo ricordano tutti e bene, a Milano: era venerdì». La più diplomatica è la signora Licia, vedova dell'anarchico Pino Pinelli: silenzio. Idem Gemma Capra, vedova del commissario Luigi Calabresi: «Avrà i suoi scopi, Craxi». E Mario, il figlio: «Ma perché non va da un giudice?». Palazzo di Giustizia, mezzogiorno di ieri. Calma piatta, pare che nessuno abbia letto i giornali, che nessuno sappia cos'ha detto Craxi. E invece tutti sanno, ma si rispettano le consegne e la previsione di Francesco Saverio Borrelli, il procuratore capo: «Nessuna dichiarazione e attenti: cercheranno di coinvolgerci in altre polemiche». L'aveva detto dopo i corsivi dell'Avariti, sono passate appena due settimane. Dopo Antonio Di Pietro, Craxi sembra prendersela con un altro magi- strato di Tangentopoli: Gerardo D'Ambrosio, il procuratore aggiunto. «Un comunista», l'ha bollato Craxi. Tanto comunista, D'Ambrosio, da avere come difensore d'ufficio addirittura Indro Montanelli: «Che Craxi dica che il commissario Calabresi non c'entra con la morte di Pinelli mi fa piacere, perché lo sostengo da sempre dice il direttore del Giornale -, ma che se la prenda in quel modo con d'Ambrosio no. Ma quale comunista, che c'entra: è un galantuomo!». Storia vecchia, quella di D'Ambrosio comunista. Cominciata quando, negli Anni 70, con i pm Emilio Alessandrini e Rocco Fiasconaro, indaga sulla strage di Piazza Fontana e arriva a Guido Giannettini agente del Sid, il servizio segreto di allora. Ricorda Ibio Paolucci, per vent'anni prima firma de l'Unità, piste nere e terrorismo rosso: «A Catanzaro, al processo per la Strage, venne fuori che c'era un tale, si firmava Tallone, che aveva preparato schede su giudici e giornalisti. Secondo Tallone, il pei avrebbe finanziato gli studi liceali di D'Ambrosio. Sai che panzana». Fine Anni 40, D'Ambrosio era studente a Urbino, al seguito del padre maresciallo della Finanza. Unica traccia di rapporti con il pei nel '76, quando gli offrono un seggio sicuro in Parlamento. Risposta: «No grazie, sono un magistrato». Anche gli avvocati hanno l'aria di chi non ha letto i giornali. Rare eccezioni come Luigi Michele Mariani, difensore di Pietro Valpreda dal 12 dicembre '69: «Un tentativo grossolano di strumentalizzare l'inchiesta Tangentopoli. Se D'Ambrosio non fosse uno dei magistrati dell'inchiesta, forse Craxi non avrebbe detto nulla...... E il D'Ambrosio delle istruttorie su Piazza Fontana e la morte di Pinelli? «Si era preso bordate dalla sinistra quando archiviò l'istruttoria Pinelli. E su Piazza Fontana, perché non ricordare che la verità si è persa proprio quando hanno scippato l'inchiesta a D'Ambrosio?». Dall'interessato, D'Ambrosio, nessuna reazione. Intanto perché è in vacanza al mare. E poi perché sa bene, con venti cronisti sempre fuori dalla porta, che ogni sua battuta, anche la più banale, rischia di essere interpretata, intesa in modo tale da aprire o ingigantire polemiche. Una sua frase, dopo il suicidio del deputato psi Sergio Moroni («anche la vergogna può portare al suicidio») era stata letta come una cinica condanna postuma. Nessuna intenzione. Così silenzio e riposo assoluto per un giudice che da 14 mesi vive e lavora con un cuore nuovo, trapiantato a Pavia dal professor Mario Vigano. A D'Ambrosio ha pensato anche l'avvocato socialista Antonio Pinto, legale della famiglia di Walter Tobagi. Su questo omicidio Craxi ha riaperto una vecchia polemica: l'allora direttore del Corriere della Sera, Franco Di Bella, gli disse: gli assassini «sono qui dentro», in redazione. «La frase è vera», conferma Pinto. «Ma i processi non l'hanno confermata», ribatte Marcello Gentili, difensore di Marco Barbone, l'assassino. E come mai queste uscite di Craxi, avvocato Pinto? «Mah - latineggia -, in cauda venenum?». E finisce che anche Pinto pensa a D'Ambrosio e ai giudici di Tangentopoli. Giovanni Cerniti Gemma Capra vedova di Calabresi Indro Montanelli direttore del «Giornale» Gerardo D'Ambrosio procuratore aggiunto a Milano

Luoghi citati: Berlino, Catanzaro, Milano, Pavia, Urbino