Diecimila agenti assaltano Manhattan

Diecimila agenti assaltano Manhattan Non vogliono l'Inquirente sulla loro condotta. Violenze, auto distrutte, neppure un arresto Diecimila agenti assaltano Manhattan Contro il sindaco negro, in piazza anche Giuliani NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Sono arrivati in diecimila. Hanno invaso la piazza davanti a City Hall, il municipio di New York, hanno gridato la loro opposizione al sindaco David Dinkins e hanno sfogato la loro rabbia danneggiando varie auto. Hanno sbevazzato birra a più non posso, lasciando la piazza devastata. Eppure, non è stato fatto neppure un arresto. Come mai? Perché i manifestanti erano poliziotti, in quel momento «off duty», e i loro colleghi in servizio non se la sono sentita di bloccarli, anche perché erano d'accordo con loro. «E' stata una cosa imbarazzante», ha detto il responsabile della polizia di New York, Ray Kelly. Ma Dinkins è stato più duro. «Anche se questa fosse la peggiore amministrazione di tutto il mondo - ha detto - non ci sono giustificazioni per il loro comportamento». Su come mai non sia stato compiuto neanche un arresto, comunque, si è deciso di aprire un'inchiesta. Prima di arrivare davanti a City Hall, i poliziotti-manifestanti avevano percorso le strade cittadine e avevano bloccato a lungo il ponte di Brooklyn, cosa che ovviamente si è ripercossa su tutto il traffico cittadino, visto che era l'ora di punta. Il loro slogan preferito era «Dinkins se ne deve andare», mentre Rudolph Giuliani eroe a suo tempo (quando era procuratore federale) della lotta alla Mafia e ora possibile candidato alle prossime elezioni comunali - ha accusato Dinkins di «aver distrutto il morale della polizia» e ha definito «una fesseria» l'affermazione del sindaco di essere «severo con i criminali». A fare arrabbiare così tanto i poliziotti newyorkesi è stato il varo di una delibera municipale che stabilisce la creazione di una commissione, composta interamente da civili, che d'ora in poi dovrà esaminare le lamentele sul loro comportamento, dalle accuse di brutalità a quelle di «cattiva condotta». E' vero infatti che gli agenti di New York operano in condizioni molto difficili per via dell'elevato tasso di violenza esi¬ stente nella città e del degrado economico e culturale; ma è anche vero che spesso il loro comportamento tende a sconfinare. Le lamentele dei cittadini negli ultimi tempi sono aumentate e sull'idea di creare la «Ccrb» («Civilian Complaint Review Board») è piombato due mesi fa l'episodio di Washington Heights, il quartiere «ispanico». Lì un poliziotto ha ucciso un immigrato dominicano, Kiko Garcia. L'accusa era stata che Garcia era uno spacciatore di droga, ma varie testimonianze dicevano che era stato freddato dal poliziotto, Michael O'Keefe. Per tre giorni il quartiere era stato in subbuglio, il «lavoro» per la creazione della «Ccrb» aveva subito un'accelerazione e la giustizia aveva avviato un'inchiesta sull'accaduto. La due cose si sono concluse quasi contemporaneamente: l'inchiesta ha stabilito che O'Keefe era stato bravissimo e il Consiglio comunale ha varato la delìbera. Gli ispanici di Washington Heights non hanno reagito all'assoluzione di O'Keefe, mentre i suoi colleghi hanno reagito con la manifestazione di ieri alla creazione della «Ccrb». Lui, il poliziotto assolto, era naturalmente presente ed ha ricevuto il trionfo previsto: colleghi che lo portavano sulle spalle e signore per bene che gli stringevano la mano. Grande successo ha avuto anche una bambina di quattro anni, che il padre poliziotto portava per mano aiutandola a tenere un cartello con scritto: «Il mio papà ha bisogno di nuove armi, non della "Ccrb"». A manifestare c'erano alcuni dei 67 poliziotti che l'altro ieri erano stati decorati dallo stesso sindaco: hanno gettato le medaglie, come facevano quelli tornati dal Vietnam. Quando i «tutori dell'ordine» hanno sgomberato City Hall, nella piazza sono arrivati quelli che invece hanno spinto per la «Ccrb»: 15 organizzazioni guidate dall'Associazione per i diritti civili, Il raduno non è stato un successo: i partecipanti non arrivavano a cento. Franco Patitarelli

Luoghi citati: Manhattan, New York, Vietnam, Washington