«Giustizia per quei cinque morti»

«Giustizia per quei cinque morti» Al via il processo per lo scaldabagno di Claviere che uccise i giovani nel sonno «Giustizia per quei cinque morti» Iparenti delle vittime hanno rifiutato il risarcimento Alla sbarra l'installatore e iproprietari dell'alloggio «La mattina del 2 gennaio 1990 a Claviere vengono rinvenuti cadaveri cinque giovani. L'autopsia permette di accertare la causa della loro morte: avvelenamento da ossido di carbonio». Ore 10 di ieri mattina, aula della pretura di Susa, prime battute del processo che deve accertare cause e responsabilità di quelle morti, provocate dal cattivo funzionamento di uno scaldabagno. Era appena iniziata, la requisitoria del pubblico ministero Vitari, quando nell'aula i parenti delle vittime non sono più riusciti a trattenere tensione e lacrime. I genitori, i fratelli e le sorelle di Laura Bonamico, torinese, 22 anni, Giuseppe Castelli Dezza, di Milano, 30 anni, Augusto Ferri, 26 anni, Giovanni Tomolo, 23 anni, e Nicola Molnar, 25 anni, pisani, sono ripiombati di colpo a quelle ore tragiche, a quella giornata che nessuno di loro potrà più dimenticare. Hanno rifiutato ogni risarcimento dei danni: «I nostri figli non torneranno - dice Miriam Bonamico - ma noi ci aspettiamo l'accertamento delle responsabilità. Perché questa è stata la tragedia deU'irresponsabihtà». Sul banco degli imputati, tre persone accusate di omicidio colposo: Giacomo Arnaud, installatore dello scaldabagno a gas (avvocati Chiusano e Festa), Renato Piccoli (avvocato Minni), la moglie Maria Gabriella Paola (avvocato Anfora), proprietari dell'alloggio in cui avvenne la tragedia. Secondo l'accusa, Arnaud avrebbe realizzato l'impianto in modo non corretto; i proprietari avrebbero omesso di controllarne il buon funzionamento. Era la mattina del 2 gennaio, a Claviere le strade erano coperte di neve, e tutti in paese dormivano ancora, quando vennero scoperti i cadaveri dei cinque giovani. La prima testimone chiamata in causa dal pm è stata proprio l'amica che li aveva invitati lassù: Federica Piccoli, figlia degli imputati. «I miei avevano messo l'alloggio a disposizione dei miei amici», ha ricordato davanti al pretore Foiano. Il gruppo trascorre il Capodanno insieme, poi, la sera seguente, cena in un ristorante. «Intorno a mezzanotte - ricostruisce la giovane Augusto e Nicola sono andati a dormire. Giovanni, Laura e Giuseppe li hanno raggiunti dopo». I cinque si addormentano. Ma uno di loro, prima di andare a dormire, apre il rubinetto dell'acqua calda. L'acqua però non esce: l'erogazione viene sospesa dalle 23 alle 7 del mattino, per un'ordinanza del sindaco del paese. L'acqua scarseggia, soprattutto durante le vacanze di Natale, e una serie di cartelli affissi nelle strade avvisano la popolazione dell'inconveniente. Ore 7: l'erogazione dell'acqua riprende. Da quel rubinetto lasciato aperto l'acqua torna a scorrere, e provoca l'accensione dello scaldabagno. In venti minuti circa - lo ha accertato una perizia - l'ossido di carbonio satura i locali (28 metri quadrati di superficie). I cinque giovani muoiono nel sonno. Ore 9: Renato Piccoli va a svegliare gli amici della figlia. Insieme hanno programmato una gita in Francia. Nessuno risponde, lui entra da una finestra, scopre la tragedia. Scatta l'allarme, sul posto arrivano i soccorsi. Tra i primi a ispezionare l'alloggio, un funzionario dei vigili del fuoco, Marco Trematore. «Lo scaldabagno aveva un tubo di scarico con almeno 4 curve, ed era insufficiente a garantire un buon tiraggio», testimonia. La parte civile, avvocati Zaccone e Borasi, dichiara: «Quell'alloggio non ha mai avuto l'abitabilità. L'area su cui sorge era inizialmente prevista come magazzino, sala giochi e deposito sci. Solo in seguito era stato trasformato in alloggio». Una tragedia evitabile? O una fatalità? Il processo è stato rinviato al 28 ottobre: in quella udienza verranno sentiti altri testi, compresa quella dottoressa Moreau, medico di Monginevro, che per prima tentò di rianimare i giovani. Secondo il racconto di un testimone, uno di loro era ancora vivo, ma cessò di vivere pochi secondi dopo l'arrivo dei soccorsi. Brunella Giovare La fuga di gas avvenne in questa casa il 2 gennaio '90. A fianco una delle vittime, Laura Bonamico. Nelle foto piccole, dall'alto, l'installatore Giacomo Arnaud e il proprietario Renato Piccoli

Luoghi citati: Claviere, Francia, Milano, Susa