Sfregio naziskin a Rabin di Emanuele Novazio
Sfregio naziskin a Rabin Il premier in Germania: il razzismo minaccia l'intera Europa Sfregio naziskin a Rabin Croci uncinate nel cimitero ebraico BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE L'ondata di violenza in Germania dimostra che «la soglia di guardia» è stata raggiunta, avverte Yitzhak Rabin al termine della visita ufficiale di tre giorni che lo ha portato ieri all'ex campo di concentramento di Sachsenhausen. E l'allarme diventa un monito per tutta l'Europa. In questa fase di «disordine globale» che segue la caduta della cortina di ferro, insiste il premier israeliano, l'attenzione «va allargata». Perché? «E' quel che accade in Europa, e non soltanto in Germania», a destar preoccupazione: «Quanto sta avvenendo è una minaccia per la cultura e la civiltà dell'intero continente». Ma se il fascismo dovesse ritornare, toccherebbe proprio «al popolo tedesco e ai suoi dirigenti impedirlo al più presto possibile». Per questo l'appello più pressante è rivolto a loro, e viene da un luogo di terribili memorie, un «campo di lavoro» nel quale i nazisti rinchiusero oltre 200 mila persone, tra il 1936 e il '45: la metà almeno vi trovarono la morte. I principali interlocutori di Rabin, dal cancelliere Kohl agli esponenti dell'opposizione social-democratica, si sono dimostrati concordi sul timore di «nuovo fascismo». Proprio ieri, il ministro degli Esteri Klaus Kinkel ha detto di aver provato «vergogna» per quanto è avvenuto nelle ultime settimane nel Paese, dove si sono susseguiti centinaia di attacchi contro gli stranieri, e di essere impegnato a «dire al mondo che la Germania non è né xenofoba né razzista», perché «abbiamo imparato dal passato, e non possiamo né ignorarlo né dimenticarlo». Ma durante la visita di Rabin sono continuate le aggressioni xenofobe, e ieri è stato nuovamente profanato il cimitero ebraico di Berlino-Weissensee. Sul muro di cinta sono state trovate croci uncinate, ma già all'inizio di settembre erano state diverte numerose pietre tombali, I e in aprile alcune tombe erano state violate. Sempre a Berlino, a fine agosto una bomba ha danneggiato un monumento alla memoria delle migliaia di abitanti deportati nei campi di concentramento nazisti nel 1942: lo stesso monumento sul quale lo scorso inverno erano state dipinte croci uncinate. La visita, la prima di mi leader d'Israele dal 1986, è servita certamente a fissare l'attenzione sui rischi di un neonazismo pericoloso e arrogante, dei quali il Paese è ormai consapevole: secondo un sondaggio pubblicato ieri, l'80 per cento dei tedeschi occidentali e il 90 di quelli orientali considera il «radicalismo di destra» un problema serio. Ma Rabin ha cercato in Germania soprattutto aperture di credito: per la sua politica in Medio Oriente e per il rilancio dell'economia, di fronte alle difficoltà che lo Stato ebraico incontra con l'arrivo di migliaia di profughi dall'ex Unione Sovietica. Fonti israeliane insistono che Rabin contava di ottenere garanzie per prestiti di oltre 100 milioni di dollari. Una parte di questa somma, pressappoco la metà, avrebbe dovuto valere come indennizzo per i danni subiti dagli ebrei tedeschi negli anni del nazismo, danni mai riconosciuti dai governi comunisti della ex Ddr. Con il cancelliere Kohl tuttavia, ha sottolineato ieri il premier di Israele, non è stato affrontato il problema, che l'ultimo governo della Germania orientale, poco prima deU'unificazione, aveva promesso di risolvere. Rabin torna a mani vuote, ma «ci occuperemo ancora del problema», ha promesso nella conferenza stampa conclusiva. Ma né Kohl né il ministro degli Esteri Kinkel hanno preso impegni in questo senso. Rabin ha ottenutosoltanto un sostegno «di principio» e l'assicurazione di future collaborazioni in campo economico e tecnologico. La sua speranza, adesso, sono le imprese tedesche, che ha «caldamente invitato» ad investire in Israele. Emanuele Novazio
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