Un regalo al fisco dai grossi papaveri; il «ballabile» Bandiera rossa

Un regalo al fisco dai grossi papaveri; il «ballabile» Bandiera rossa AL GIORNALE Un regalo al fisco dai grossi papaveri; il «ballabile» Bandiera rossa «Senza noi il diluvio avanti fessi pagate» Per salvare l'Italia dalla bancarotta incombente, o forse auspicandola, i politici, i sindacalisti e tutta la gente che conta, propongono le loro misure taumaturgiche e le loro medicine. C'è chi cerca di frenarne la caduta, chi invece facendo proprio l'assunto del «tanto peggio tanto meglio», pare voglia sospingerla giù per la china più in fretta, chi infine già la considera irrecuperabile e ridotta come il Terzo Mondo. Tutti sono d'accordo che la nostra disastrosa situazione può diventare esplosiva, però mentre attendono il risultato del voto di Parigi, e l'elemosina delle valute forti, tengono in serbo le proprie medicine. Il fatto è che di medicine miracolose non ce ne sono, o meglio, oggi non si trovano più, perché la serietà di intenti e la capacità di operare secondo giustizia da tempo sono scomparse, e la classe dirigente italiana si trova screditata ad un livello come mai prima era successo. Forse sarebbe ancora possibile riacquistare un po' di credibilità, se i grossi papaveri, in primo piano i politici, poi gli operatori economici, l'alta magistratura, l'elite dell'amministrazione pubblica e privata ed i grossi funzionari in genere, i quali altro non sanno fare che giocare a scaricabarile, decidessero e seduta stante mettessero in atto la devoluzione al fisco del 20% delle loro prebende per un periodo di 5 anni, a cominciare dal 1989. Tutto quel blaterare, promettere, disconoscere responsabilità e accusare a destra e a manca, mi riporta indietro nel tempo, quando nell'ultima calamità bellica per certa gente valeva il motto: «Armiamoci e partite»; oggi, settembre 1992, nella nuova calamità che ci attanaglia, il motto di allora ridimensionato così suona: «Senza di noi il diluvio, coraggio fessi pagate». Gino Sconfienza, Asti La stirpe degli empi e il latte sprecato Fra i molti episodi che rivelano l'incapacità di governare dei nostri ministri e che vengono taciuti il più a lungo possibile, vi è certamente la perla delle quote latte per l'Italia. Non voglio polemizzare sul fatto se queste quote latte - cioè i milioni di tonnellate che la Cee consente all'Italia di produrre - siano o no giuste, siano o no basse: il ministro, sei anni fa, ha firmato un contratto, accettando delle regole. Pacta servanda sunt: ed invece in Italia abbiamo voluto fare i furbi, con il consenso del ministro, producendo più latte del consentito e, soprattutto, nascondendo agli italiani che così facendo si sarebbe incorsi in una salata multa. Ora l'Italia (cioè gli italiani) dovrà pagare a Bruxelles una multa di quettromila miliardi (!) per le inadempienze degli anni passati. Così l'incapacità di governare l'Italia da parte di imbelli ministri ricadrà ancora una volta sui governati - gli italiani - che dovranno aprire il portafogli e regalare un po' di quattrini all'erario per rimediare al guaio. Grazie, ministri della Repubblica italiana, per tutto quello che state facendo, grazie per aver affossato l'Italia nascondendo le vostre malefatte, grazie per averci sempre chiesto soldi per rimediare alla vostra incapacità. Grazie anche per questa multa: saremo felici di pagarla ma, come recita il salmo, «i malvagi saran puniti / e la stirpe degli empi sarà annientata. / Ma i giusti possederan la terra / e l'abiteranno ne' secoli de' secoli». Egidio Asti, Torino Il revival di «Faccetta Nera» Tornato dalle ferie in alta montagna, dove i giornali non arrivano, leggo su La. Stampa del 6 agosto la lettera sui massacri di Faccetta Nera e vorrei offrire al signor Giovanni Spada, ovviamente male informato, la testimonianza di uno che ha vissuto quegli avvenimenti. Ebbene, negli anni 1935-36, tolti i lattanti e gli afoni, cantavano Faccetta Nera 40 milioni di italiani in patria e 10 milioni di italiani all'estero: mi sembra quindi azzeccata e redditizia la sua riproposta. Così pure non può sapere il signor Spada che, dopo i sei mesi di guerra, al canto di Faccetta Nera noi italiani, oltre ad abolire la schiavitù, abbiamo portato agli abissini strade, scuole, ospedali ecc., benefici che lo stesso Negus, rimesso sul trono dalle armi inglesi (altri massacri)," ha pubblicamente riconosciuto elogiandone gli italiani. Per controbattere la concorrenza di Faccetta Nera, il signor Spada e la sua associazione musicale, anziché ricorrere a favole consunte, potrebbero rendere ballabile Bandiera Rossa: l'una tacitata per causa di guerra, l'altra per causa di pace, ma entrambe popolari a suo tempo. Tuttavia io non posso disquisire di musica, fedele al qui calzante motto latino «Sutor, ne ultra crepidam» (Non parlare di quel che non sai). Carlo Guerraz, Torino Un caso Funari? Ma mi faccia il piacere! «Caso Funari». Ma smettiamola di fare continua politicanza! Come si può avere la pretesa di collocare su di un piano d'interesse collettivo un eventuale problema di deterioramento di rapporti tra editori e libero professionista «miliardariamente» pagato? Totò credo direbbe: «Suvvia, ma mi faccia il piacere!...». Lorenzo Pozzati, Milano Deputati, rinunciate all'aumento Attraverso La Stampa vorrei rivolgere questa lettera aperta al dott. Amato. L' 11 settembre la stampa italiana ha riportato la notizia secondo la quale deputati e senatori si troveranno nella busta paga di settembre un aumento di L. 750.000. E' inconcepibile che in un momento così grave per lo Stato italiano il politico trovi il tempo per aumentarsi lo stipendio mentre da più parti, persino il presidente della Repubblica Scalfaro, si invocano sforzi da tutte le parti sociali. Non tenete presente che siete voi che dovete dare un segnale forte al Paese rinunciando ai vari privilegi e alla vostra possibilità di aumentarvi lo stipendio. In altri Paesi comunitari il politico si è autoridotto lo stipendio. Perché non li imitate? La classe politi ca italiana è continuamente sotto i riflettori internazionali e la serietà della vostra politica di risanamento viene valutata anche da questi piccoli segnali. Sono un tifoso della nostra bella Italia, ma non della classe politica italiana. Carlo Pasin, Grugliasco Il 666, la Bestia e il dio denaro «Il suo numero è 666, è un numero d'uomo». Così finisce un capitolo (il 13°) dell'Apocalisse di Giovanni. Il numero si riferisce ad una delle triadi di bestie sataniche, descritte in questo libro. Studiosi biblici dell'enigma riuscirono a scomporre il nome di Nerone Cesare in numeri romani, la cui somma è appunto 666. Si dedusse allora che tale bestia fosse Nerone Imperatore: simbolo anche del potere statale. Ma poiché Nerone, ormai morto e sepolto, non avrebbe più nessun potere di imprimere il suo marchio sulla fronte e sulla mano di chi compra o vende (come è descritto in questo libro) qualcun altro pensò di attribuire tale simbolo al «dio denaro». Si legge infatti nella Bibbia, che 666 erano i talenti d'oro pagati in tributi ogni anno al re Salomone (le tasse). Le quali dovrebbero sanare una delle sette teste dell'altra bestia, la testa piagata a morte (il deficit della bilancia statale) per confermare al denaro la stabilità. Ora conosciamo tutti il potere devastante per la società, per l'ecologia, per l'ordine morale dell'uomo, di questo «falso dio» il cui miraggio troppe volte ci acceca facendo perdere a molti l'onestà. Dice San Paolo nella sua prima lettera a Timoteo: «L'amore per il denaro è l'origine di tutti i mali». Mi chiedo cosa aspetta l'autorità della Chiesa a mandare un segno inequivocabile a certe «associazioni», magari con una scomunica. Almeno quelli non ancora completamente guasti, capiscano che sono sulla strada sbagliata... G. Tessa, Giaveno