L'ultima beffa dell'Anonima

L'ultima beffa dell'Anonima Roma, misteriosa fuga durante un sopralluogo con gli investigatori della Dia L'ultima beffa dell'Anonima E' evaso il rapitore della Ghidini ROMA. Questa volta ce l'ha fatta a fuggire. L'evasione l'aveva tentata poco più di un mese fa, dal carcere di Brescia dove era rinchiuso con un marchio infamante. Aver sequestrato una ragazza, quella Roberta Ghidini sulla cui sorte, per 29 giorni, l'Italia aveva tremato. Sognava un ferragosto di libertà, assieme ad altri due signori dell'Anonima. Il colpo non era riuscito però e per lui era scattato l'ordine di trasferimento a Roma. Quel pensiero di fuga deve aver accompagnato Vittorio Ierinò, 32 anni, in questo mese e mezzo trascorso in un carcere romano. E ieri c'è riuscito. Un'evasione piena di misteri: Ierinò era in custodia degli uomini della Direzione investigativa antimafia, pare stesse collaborando con la giustizia nell'ambito dell'indagine sulla criminalità organizzata in Calabria. E ieri sera, sembra nel corso di un sopralluogo, Ierinò avrebbe eluso la sorveglianza degli investigatori. Fuggendo nel mistero. Mistero che ha accompagnato la storia di un sequestro, quella di una giovane ragazza bresciana, quella di un bandito che improvvisamente decide di collaborare, che decide di passare dalla parte della giustizia. Un passo indietro. 15 novembre dello scorso anno, Contanero di Lonato, in provincia di Brescia. Le 7,30. Roberta Ghidini è assieme ai fratelli. Un'auto di grossa cilindrata li ferma, scendono quattro uomini armati e mascherati. La bloccano, vanno a colpo sicuro. Si ritrova incappucciata. Un viaggio lunghissimo, verso la Calabria. Ventinove giorni nelle mani dei rapitori, ventinove giorni di speranze e di paura, ventinove giorni di trattative e polemiche. Il sequestro finisce con un nuovo giallo. La ragazza viene abbandonata dai suoi rapitori in una villetta estiva, tra le tante sul crinale che da Roccella Jonica porta in Aspromonte. E' legata, i sequestratori prima di andarsene le dicono: «Fai la brava, ti lasciamo da sola per andare a prendere da mangiare. Torniamo subito». Ma al loro posto arriva la polizia, che spalanca a Roberta la porta della libertà, che chiude un incubo. Ed ecco che entra in scena Vittorio Ierinò, una carriera di bandito, il re dell'Aspromonte. Viene arrestato con un blitz dei carabinieri il 20 febbraio di quest'anno. «Bravo capitano», dice Ierinò all'ufficiale dei carabinieri che gh stringe le manette ai polsi. E' lui il cervello della banda, è lui «l'aguzzino» di Roberta Ghidini, è lui che detta condizioni, fa il duro, poi si decide a trattare. Il «re dell'Aspromonte» che usa il telefonino, che durante le fasi del sequestro si lascia intervistare. E' lui che, la sera prima del rilascio, telefona alla polizia di Locri. «Sono stanco, ho anche un figlio malato. Non posso più portare avanti questo sequestro. Venite a prendere la ragazza». Poi, sembra, indica il nascondiglio dove Roberta è tenuta prigioniera. Due giorni dopo il rilascio si lascia intervistare. «Sono contento che sia libera - dice - è una cosa che ha fatto felici tutti. Certo ho dei problemi con mio figlio, è ricoverato al Gaslini». E lascia intendere che per questo si è fatto convincere alla resa, a liberare l'ostaggio. Un patto che scatena polemiche, che coinvolgono anche il ministro dell'Interno Scotti. Dalla Calabria le famiglie degli altri sequestrati accusano il governo di aver adottato una doppia linea di azione, di aver dimenticato i rapiti del Sud. «Accuse in¬ famanti», dirà Scotti ai giornalisti, «nessun doppio binario». Intanto Roberta può tornare a casa, ricacciare nella memoria quei ventinove giorni di incubo. Racconta le sue prigioni con frasi molto brevi («Mi sono mancati i miei famigliar», «passavo le giornate leggendo o a fare parole crociate, sotto una tenda issata all'interno di una stanza»). Poi lancia un messaggio, un appello ai banditi. «Se avete un cuore liberate il dottor Malgeri. E' anziano, ha bisogno di cure. Lasciatelo Ubero». Ierinò, dopo la cattura, viene portato nel carcere di Brescia, al Canton Mombello. In quattro mesi, probabilmente, prepara il piano per fuggire dalla prigione. Ha come complici due altri boss dell'Anonima, arrestati per lo stesso sequestro Ghidini: Vincenzo Seminar a, 36 anni, di Gioiosa Jonica, cognato di le- rinò e ritenuto il «carceriere» della Ghidini e Cosimo Franco, 38 anni, di Campo Calabro, rinviato a giudizio per il sequestro di Mirella Silocchi, (rapita nel luglio di tre anni fa a Collecchio e mai tornata a casa). Il piano è pronto, il gruppo di detenuti offre (pare) ad alcuni agenti una somma di denaro per poter fuggire. Ma il piano viene sventato, un blitz manda all'aria i sogni di fuga di Ierinò e compagni. Da una perquisizione delle celle escono anche le armi. Si scopre che i detenuti avevano anche pensato di prendere in ostaggio e di eliminare una delle guardie addetta al cancello di uscita del braccio Sud del carcere, ultimo ostacolo da superare prima della libertà. Ierinò viene quindi trasferito a Roma. Ha un mese di tempo per preparare un altro piano di fuga, mentre continua ad offrire il volto di chi vuole collaborare, di chi vuole aiutare la giustizia. E' affidato agli uomini della Dia. Poi ieri sera l'ultima beffa. Un colpo allo Stato dopo i boss latitanti catturati. Luigi Sugliano Aveva ottenuto di lasciare il carcere di Brescia offrendo collaborazione agli inquirenti Vittorio Ierinò decise il sequestro di Roberta Ghidini, nella foto grande .dopo la liberazione