«Dopo l'Urss scomparirà anche la Russia»

«Dopo l'Urss scomparirà anche la Russia» Isuoi i 3 piani di riforma sono stati bocciati, ora prevede l'esplosione delle tendenze separatiste «Dopo l'Urss scomparirà anche la Russia» L'economista Javlinskij: è questione di un paio d'anni wsmmmm CASSANDRA A MOSCA NIZHNIJ NOVGOBQP DAL NOSTRO INVIATO Grigorij Javlinskij, a 39 anni, è uno dei più forti economisti di Russia. Alto, riccioluto, espressivo, ha una rara predisposizione alla battuta ironica. Autore di tre piani di riforma, tra cui il famoso «Finestra per un'opportunità», elaborato assieme all'americano Allison, ha sempre avuto l'ingrato ruolo di «grillo parlante». I suoi piani non sono mai stati applicati, ed i suoi appelli a concedere maggiore autonomia alle repubbliche, pena la dissoluzione dell'Urss, non furono all'epoca ascoltati. Oggi Javlinskij sta per lasciare Nizhnij Novgorod, la città che per prima gli ha dato la possibilità di applicare concretamente le proprie teorie economiche. E da questo osservatorio «locale» lancia un nuovo allarme. Si dice che lei è venuto a Nizhnij Novgorod a costruire il «capitalismo in una sola regione. Bene, all'aeroporto non abbiamo trovato neanche un tassì, e abbiamo dovuto prendere l'autobus. In albergo, superando gii insulti, siamo riusciti ad avere una stanza, rivelatasi sporchissima. La cameriera si è rifiutata di cambiare la biancheria... Sembrerebbe che il «capitalismo» in una sola regione non abbia più successo del «socialismo in un solo Paese»... «Dovrebbe essere contento per essere arrivato fino in città, per aver trovato una stanza, e perché alle sue critiche hanno risposto con le parole e non con i fatti. Con i tempi che corrono è già un successo. Quando il vecchio sistema è completamente distrutto e quello nuovo non funziona per niente, è un buon risultato». Passiamo alle domande serie. Lei sostiene che in Russia è fallita un'intera epoca di tentativi riformisti, e che se non si correrà subito ai ripari con una nuova concezione dei rapporti tra regioni e potere centrale, la Russia rischia di fare la fine dell'Urss. Perché? «Il potere centrale ed i rapporti all'interno del Paese sono cambiati in modo radicale. Il centro non ha nessun meccanismo per esercitare il proprio potere, non ha un apparato, e non è in grado di realizzare le riforme. Le sue decisioni non vengono applicate, e infine non dispone più di risorse finanziarie da distribuire, per condurre una politica di investimenti e di difesa sociale. Ad affrontare i cittadini sono i poteri locali, e se quello centrale è impotente, sono loro, lo vogliano o no, a doversi assumere questi compiti. Ma c'è una spiegazione più profonda. La Russia non è mai stata un organismo monolitico, bensì un enorme Paese che si compone di tanti Paesi diversi. Da una regione dove bene o male funzionano i tribunali, in un'ora di volo si arriva in un posto dove la gente non viene processata ma frustata. Abbiamo i cosacchi, e la loro punizione è la frusta: ti tolgono i pantaloni, prendono una cintura e ti frustano. E' uno scherzo, ovviamente, anche se è la verità, ma quello che voglio dire è che, una volta crollato il regime totalitario, sono emerse a valanga le differenze da sempre compresse. Ora in Russia abbiamo decine di presidenti eletti liberamente, decine di parlamenti, di governi, e presto avre¬ mo decine di Costituzioni». Lei ha parlato della possibilità dell'emergere di «superregioni». Tenendo conto delle tendenze separatiste in Siberia, ad esempio, non è possibile che i dirigenti di queste super-regioni inizino a parale da pari a pari con il potere centrale, sfidandolo? «Questo si sta già verificando, a Tjumen, ad esempio, dove c'è tutto il petrolio, o in Jakuzia, dove ci sono tutti i diamanti. E poi c'è il Tatarstan, la Bashkiria. Già oggi questi territori si comportano proprio così. Se questi processi verranno ignorati, o se si tenterà di frenarli, a un certo punto diventerà impossibile fare marcia indietro. Io voglio porre il problema all'ordine del giorno oggi: come organizzare la Russia, dove passeranno le sue frontiere, come sarà strutturato il potere federale, ammesso che sarà federale nei senso classico del termine... Le faccio notare il singolare destino della Russia: vi esplode sempre quello che si è accumulato in tutto il mondo. Ed è qui che si devo¬ no cercare soluzioni in prospettiva». Qual è la «sua» prospettiva? «Il principio è: coesistenza fruttuosa dei popoli nella Russia. Faccia attenzione: "nella Russia", e non "della Russia". Quanto all'organizzazione giuridica, oggi non possiamo sapere quali forme d'integrazione riusciranno ad inglobare tutte le diversità. L'importante è il processo, e non le forme concrete che assumerà». Se Eltsin non le darà ascolto, quali saranno le conseguenze? «La disintergazione completa e irreversibile della Russia. E' una prospettiva reale di un anno o massimo due. Abbiamo già due repubbliche che ufficialmente non fanno parte della Russia, il Tatarstan e la Cecenia. Cos'altro vuole? Questo è l'inizio, eccolo. Il Tatarstan non ha nessun accordo con la Russia. Presto lo firmerà, ma sarà un Trattato bilaterale. Da pari a pari, come tra la Russia e l'Italia». Un giudizio spassionato sul gabinetto Gai dar: cosa ha fatto, cosa avrebbe potuto fare? «Non posso essere spassionato, perché il problema riguarda il mio Paese, il mio mestiere e me stesso. Quando loro sono arrivati al potere avevamo il 6% di inflazione al mese, un calo della produzione del 15% annuo e il dollaro a 60 rubli. Oggi, dopo 9 mesi di riforma, abbiamo il 30% d'inflazione, ii 15% di calo di produzione e il dollaro a 220 rubli. Perché le cose sono andate così? Perché l'obiettivo che si è posto Gaidar era assurdo: in un Paese che non esiste, con 15 banche centrali, 15 governi, 15 parlamenti ed altrettanti presidenti Gaidar ha tentato di stabilizzare la moneta delle 15 repubbliche ex-sovietiche, mentre loro non avevano concordato nulla e facevano di questo rublo quello che gli pareva». E il progetto di privatizzare le imprese distribuendo alla popolazione dei «voucher» con cui acquistare le azioni? «Le conseguenze le potrà vedere da sé quando la gente capirà di essere stata ingannata. Mettiamola così: lei mi porta un voucher e io devo pagarle i dividendi. Ma che ci faccio io con i suoi voucher? E' come se investissi i rubli nell'industria italiana. I russi vengono da voi e chiedono i dividendi per i rubli investiti. Cosa gli rispondono?». Di andare a quel paese. «Vedete come sono maleducati. E da noi tutti sono stati posti in una situazione analoga. Lei mi porta un vaucher e io devo pagare i tassi d'interesse. Ma lei non mi dà soldi, non investe capitali nella mia fabbrica. Che vantaggio ho dai suoi vaucher?». Lei ha preparato 3 programmi di riforma economica che non sono stati applicati. Ora fa di nuovo delle previsioni allarmanti. Non si sente un po' come una Cassandra russa? «Purtroppo sì, mi succede. Nel programma "dei 500 giorni", ad esempio, c'era scritto tutto quello che poi è accaduto, fino alla scomparsa dell'Urss». Fabio Squillante —■p Trai Grigorij Javlinskij ha sempre avuto l'ingrato compito del «grillo parlante»

Persone citate: Eltsin, Fabio Squillante, Gaidar, Grigorij Javlinskij, Javlinskij, Nizhnij Novgorod