«Obbedisco, ma resto a Palermo»

«Obbedisco, ma resto a Palermo» «Obbedisco, ma resto a Palermo» «Continuerò ad occuparmi di mafia e politica». e' già' tornato in prima linea PADRE Ennio Pintacuda, dopo il siluramento dall'Istituto di formazione politica «Pedro Arrupe», diretto a Palermo da Bartolomeo Sorge, è tornato in città. Lunedì, quand'era stato dato l'annuncio, il gesuita, grande padrino politico del leader della Rete, Leoluca Orlando, era in Lombardia. Ieri mattina il sacerdote ha ripreso il suo posto nella Comunità della Compagnia di Gesù in via Lehar, sorvegliata ora dai soldati dell'esercito per timore di un assalto della mafia. E, dopo le reazioni dei «retini» schiumanti di rabbia e secondo i quali la decisione è stata presa da Bartolomeo Sorge per far contenta la de, ieri altri commenti, più pacati, ma non meno interessanti. Padre Ennio non ha voluto concedere interviste. Si è limitato a una telegrafica dichiarazione a nome suo, ma senza virgolettati; è stato preferito l'impersonale. Pintacuda ha detto di non voler dire nulla; eppure, in pratica, ha detto moltissimo. Infatti, premesso che ubbidirà alle decisioni della Compagnia di Gesù in conformità al suo ruolo di gesuita e di sacerdote, ha sostanzialmente aggiunto che non si ritirerà in convento. Tutt'altro. «Continuerà a Palermo - è precisato nella nota - l'impegno della lotta alla mafia per il rinnovamento della politica, recuperando, nel ricordo delie vittime degli ultimi anni, le speranze dei cittadini onesti». A voler dare un senso preciso alle parole, dunque: Pintacuda continuerà a lottare contro i boss e punterà ancora al cambiamento del quadro politico italiano. Né più, né meno di quello che da tempo Leoluca Orlando va dicendo assieme a lui e che alla fine è costato il posto a Pintacuda, ritenuto troppo organico al movimento «La Rete». Una delle regole dei gesuiti è proprio quella di non legarsi a partiti o leader, come ieri ha sottolineato nell'intervista rilasciata a La Stampa lo stesso Bartolomeo Sorge. E con questi Pintacuda, volente o nolente, sta di nuovo convivendo da ieri mattina. Negli stessi locali in marmo della bassa costruzione moderna a due passi da viale Regione siciliana, a poche stanze di distanza, i due gesuiti padre Sorge e padre Pintacuda certo non prendono più il caffè insieme (del resto non lo facevano da tempo), ma potrà anche accadere che pregheranno insieme durante le stesse funzioni religiose. Le reazioni del mondo polìtico. Muto il vertice siciliano del partito della Quercia, che a Palermo è stato disossato in voti dalla «Rete», ha parlato il deputato pidiessino Pietro Folena per il quale «si rivendica una concessione pluralista e però si compiono atti tanto illiberali». Bocca cucita anche da parte dell'ex Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga. Avvicinato dai giornalisti nel corso della presentazione di un film prodotto dalla Rai sul fondatore della Compagnia di Gesù, il senatore a vita, che tempo fa aveva invitato polemicamente Pintacuda ad «andare in Paraguay», ha affermato: «Questi casi non rientrano più nel novero dei miei inte¬ ressi né delle mie competen? ze». Cossiga ha comunque espresso «da cristiano» la sua «solidarietà per un uomo che indubbiamente in questo momento sta soffrendo». Infine, alcuni corsisti dell'Istituto «Arrupe» hanno diffuso una nota nella quale affermano di prendere atto che «un pezzo della storia del rinnovamento di Palermo e del Paese non esiste più». «L'Istituto - scrivono nel documento -, luogo di crescita delle idee politiche, culla delle formule politiche del rinnovamento, arriva al capolinea, arenato dalle solite logiche partitocratiche e di appartenenza». «A noi, che abbiamo studiato al Centro Arrupe - proseguono - è stato insegnato a riconoscere atti antidemocratici e di regime come questo. E' un insulto per noi, che siamo stati alunni, vedere l'allontanamento di padre Ennio Pintacuda con una motivazione inaccettabile». Antonio Pavida Nelle foto a sinistra: Francesco Cossiga e il pidiessino Pietro Folena

Luoghi citati: Lombardia, Palermo, Paraguay