«Tanta fatica per un club che sa di muffa» di Maria Grazia Bruzzone

«Tanta fatica per un club che sa di muffa» L'Internazionale socialista dopo il congresso di Berlino che ha accolto il pds di Occhetto «Tanta fatica per un club che sa di muffa» Ma Tamburrano insorge: ora arriva chi ci considerava traditori lìdop"Xroe ROMA I NTERNAZIONALE, futura B umanità. A Occhetto è costato la rinuncia al simbolo e al nome, l'ingresso nella grande famiglia dei partiti socialdemocratici. E, ancora, l'abbandono di quella peculiare forma di partito che era il centralismo democratico. Ma a cosa somiglia questa casa che si considera erede della Seconda Internazionale fondata nel centenario della presa della Bastiglia, la mitica organizzazione solidaristica e operaia che ha lottato per le otto ore lavorative e il suffragio universale e si è divisa sulla Grande Guerra, con Lenin rivoluzionario antibellicista contrapposto ai socialpatrioti di Francia e Germania? Non c'è dubbio che, col tempo la famiglia dell'Internazionale socialista si è allargata molto. Oggi i partiti membri effettivi sono 95 mentre 120 partiti premono per far parte del grande club, in gran parte provenienti dall'ex impero comunista. Non solo. Ai partiti socialdemocratici storici, tedesco, francese, svedese e, ancora, spagnolo, portoghese, greco, se ne sono affiancati di nuovi, assai diversi. Accanto a Willy Brandt, bandiera della socialdemocrazia moderna e della sinistra al governo, ci sono movimenti ex rivoluzionari come il fronte popolare di Liberazione Eritreo e il Polisario o il Frelimo, ci sono associazioni ambientaliste come Greenpeace e umanitarie come Amnesty Internationa, partiti di indipendenza andati ai potere come lo Swapo della Namibia, e partiti che non rappresentano certo un essempio di buon governo come il partito socialista Senegalese. A scorrerre l'elenco delle personalità, si scopre che della famiglia Internazionale fanno parte il leader druso Walid Jumblatt e il tunisino Ben Ali. Per non dire degli osservatori esterni che hanno partecipato ad al¬ cune sessioni, fra i quali si dice che ci siano stati anche il dittatore somalo Siad Barre e quello irakeno Saddam Hussein. Oggi, crollato il Muro, avviene la riconciliazione. E Occhetto afferma di «aver vinto» perchè da tre anni ha lavorato per questo obiettivo e adesso è finalmente accolto come un fratello dai socialisti di tutto il mondo. Eppure, proprio ora che i «fratelli separati» si riuniscono c'è chi si chiede cosa resta, oltre all'antico blasone, nell'organizzazione che Willy Brandt ha guidato per anni promuovendo l'Ostpolitik e inaugurando la battaglia a favore del sud del mondo. E se valeva davvero la pena di spendere tante energie per entrare in questo vecchio e ormai affollatissimo club: come se l'ingresso del pds al governo in Italia dipendesse veramente da questo, e non da riserve e divisioni interne del partito di Occhetto. «Un club del tempo libero co- me il Tennis Club e il Bridge Club di Cambridge, omologo del Rotary e dei Canottieri Olona», ha ironizzato su Cuore Michele Serra, che alla festa dell'«Unità» di Reggio Emilia ha ribadito il concetto. «Una cosa - l'Internazionale - che sa di muffa». Paolo Flores d'Arcais, direttore di Micromega, membro della direzio¬ ne del pds, è anche più caustico. «Un'associazione irrilevante, dove fra l'altro la "questione morale" dilaga. Entrarvi avrebbe potuto avere un senso dieci anni fa, mentre oogi, dopo anni di anticamera col cappello in mano, è solo un gesto patetico». Un imprimatur necessario almeno, per andare al governo? «Se si fosse capaci di una politica vera e credibile non ci sarebbe stato bisogno di andare accattonando un riconoscimento del genere». Giuseppe Tamburrano, storico socialista, la vede nei modo opposto. A suo parere l'Internazionale, pur in un momento di ripensamento del ruolo della socialdemocrazia, è importante. «Perchè è l'unica grande assise della sinistra e perchè ne fanno parte grandi partiti europei che sono al governo o sono candidati a entrarvi. E il fatto che un partito come l'ex pei, che aveva aderito alla III Internazionale, il cui scopo era distruggere i "so cialdemocratici traditori", entri ora in quella famiglia, ha un si gnificato storico». Valentino Parlato, editoriali sta del Manifesto, sull'ingresso del pds in questa «casa disabitata» ragiona in maniera pratica. «L'unico valore di questa storia è che Craxi si è tolta l'ultima pallottola dal revolver e adesso non ne ha più da sparare. Non può più chiedere niente perchè Oc chetto ormai è un partito fratel lo. E questo forse semplifica le cose». Maria Grazia Bruzzone Qui a fianco: una immagine di Lenin Alla sua destra: il leader druso Jumblatt A sinistra: Willy Brandt anziano leader della social democrazia tedesca

Luoghi citati: Berlino, Cambridge, Francia, Germania, Italia, Reggio Emilia, Roma