Tangentopoli dice no

Tangentopoli dice no Tangentopoli dice no «Ingiusto il sequestro dei beni» MILANO. «Sequestrare i beni di chi si è arricchito con le tangenti? Allora anche i partiti. Blocchino il finanziamento pubblico! E poi c'è il problema dei parlamentari. Per me sono altrettanto inquisiti quelli per cui è stata concessa l'autorizzazione a procedere. Sarebbe una porcata se li tutelassero». Roberto Mongini, democristiano poi espulso, imputato di «Mani pulite», con i commenti ci va giù duro. Nel mirino della magistratura, diciassette giorni di carcere e tonnellate di confessioni, c'è da tempo. Ha intascato tangenti, le ha girate al partito, ha finanziato la sua corrente. Il governo, l'ipotesi è solo allo studio, potrebbe decidere il sequestro dei beni degli imputati di corruzione e concussione. Lui è uno di questi. E reagisce: «La cosa potrebbe avere anche una sua logica. Bisogna però vedere come la vogliono fare». Ripete, Mongini: «E i partiti? Sono loro i più colpevoli» No, anche ai difensori degli imputati di Tangentopoli questo progetto allo studio del governo non piace proprio. Ed è un coro di no. Comincia l'avvocato Raffaele Della Valle, uno dei difensori di Salvatore Ligresti. Dice il legale del «re del mattone»: «Certi provvedimenti non si possono applicare in modo disinvolto. Bisogna vedere se uno ha pagato o è stato costretto a pagare. Questi sono problemi reali». Giustifica anche, l'avvocato Della Valle: «L'opinione pubblica ha ragione. Vede la stretta fiscale, la lira che scivola. E si trova di fronte ad una classe politica che le sue responsabilità ce le ha». E allora, avvocato: «C'è un pò una sorta di esaltazione. Ma ci vogliono dei limiti. E il governo deve ragionare con mente fredda». L'avvocato Nerio Diodà è uno dei difensori di Mario Chiesa, psi, l'ex re del Pio Albergo Trivulzio all'origine del terremoto giudiziario, e non solo, che ha travolto Milano. Sui conti di Chiesa gli inquirenti hanno trovato quasi 15 miliardi. Il provvedimento del governo, se venisse adottato, toccherebbe anche lui. «Quello del governo è un progetto ancora troppo generico per commentarlo approfonditamente», preannuncia l'avvocato Diodà. E poi percisa: «Il sequestro penale deve essere relativo a fatti illeciti. Le generalizzazioni non mi piacciono». «Quella del governo è una ipotesi folle», commenta a botta calda l'avvocato Gaetano Pecorella. Nel processo milanese difende Luigi Grando, manager della Cogefar Impresit, un colosso delle costruzioni di proprietà della Fiat. Argomenta l'avvocato Pecorella: «Quella del governo è già di per sè una proposta inaccettabile. Non tiene conto che ci sono soggetti che hanno compiuto un solo atto illecito nella loro vita, e chi invece di certe pratiche ne ha fatto un sistema». E prosegue: «Il sequestro dei beni è per chi ha un unico modo per arricchirsi. Pensiamo ai mafiosi che hanno solo un'attività criminosa. Nel caso delle tangenti ci sono attività illecite e lecite». L'avvocato Pecorella pensa alle ripercussioni possibili, non solo a quelle giudiziarie. E dice: «Il sequestro globale dei beni è una sanzione che colpisce l'intero patrimonio. Le imprese che hanno pagato tangenti dovrebbero vedere il loro patrimonio confiscato. Sarebbe il tracollo economico». L'ipotesi di sequestro dei beni di chi si è arricchito con le tangenti non convince del tutto anche l'avvocato Jacopo Pensa. Nel processo «Mani pulite» tutela gli interessi del Comune di Milano. Come parte civile è interessata al recupero delle tangenti. «Il principio allo studio del governo - dice l'avvocato Pensa - è accettabile anche su un piano morale. Specialmente per chi ha arricchito se stesso. Con un sequestro lo Stato riprende ciò che deve essere restituito, ma non ci deve essere la vendetta». Per il legale ci sono anche dei problemi all'applicazione del progetto allo studio del governo. «C'è il rischio - dice - di sequestrare beni non legati alla corruzione. Pensiamo alle imprese. Ci deve essere una proporzionalità nelle sanzioni. L'impresa che vive anche di attività lecite, di lavori slegati dal meccanismo della tangente, non deve essere completamente penalizzata». Fabio Paletti

Luoghi citati: Comune Di Milano, Milano