Luigi Nono un comunista in San Marco

Luigi Nono un comunista in San Marco Per Biennale Musica Luigi Nono un comunista in San Marco VENEZIA. Se l'arcidiocesi di Bologna è arrivata al punto di esorcizzare Mozart, via il «profanatore dai templi», a Venezia la Chiesa cattolica non teme di accogliere neppure la musica di un comunista. Luigi Nono. E addirittura nella sua Casa più famosa, la Basilica di San Marco. Tanto era drastico il giudizio del maestro di cappella del duomo di Pisa Franco Baggiani, qualche giorno fa al convegno nazionale di musica sacra, appoggiato dall'arcivescovo Giacomo Biffi, quanto dimostra di essere aperto il patriarcato di Marco Cè, che ha accettato di ospitare il Festival di musica contemporanea della Biennale, da oggi a giovedì, dedicato al grande allievo di Schònberg scomparso due anni fa. Suoneranno «Quando stanno morendo, diario polacco numero 2», per quattro voci femminili, flauto e violoncello, affidato all'equipe di musicisti dell'Experimental Studio di Friburgo, la patria della musica dodecafonica. E Gidon Kremer eseguirà «Lontananza utopica, nostalgica, futura», per violino e nastro magnetico. Titoli filosofici, agnostici, rossi. Strumenti strani in una chiesa, strumenti del demonio stando a sentire padre Baggiani, che biasimava Mozart con queste parole: «Ha scritto Messe pretenziose, trasformando la chiesa in un teatro, mentre gli strumenti ritmici e permissivi, di chiara provenienza profana, hanno condannato l'organo, lo strumento principe della musica, al silenzio». Figuriamoci cosa avrebbe detto del nastro magnetico a otto bande 0 dei piatti e dei timpani di Nono. Invece la Chiesa veneziana sembra voler abbracciare tutte le culture, di qualunque genere: non le classifica, non le ricaccia, con lo stesso spirito cosmopolita, curioso, tollerante di mille anni di Repubblica. Nono, del resto, aveva già avuto l'ospitalità di un edificio sacro: quello di Santo Stefano, nel giorno del suo funerale. Non una Messa, perché era comunista e ateo, ma una commemorazione fatta di poesie e di musiche: basso-tuba, fagotto, tromba, acuti di soprano, suoni lunghi a interrompere lunghi silenzi. E ancora in una chiesa era stata rappresentata la sua opera «Prometeo», su testi di Massimo Cacciari e bozzetti di Emilio Vedova, i suoi più intimi amici veneziani, entrambi comunisti come lui, almeno un tempo. [m. 1.J

Luoghi citati: Bologna, Venezia