Con la dc a Camaldoli l' ombra di «Todo modo»
Con la dc a Camaldoli l' ombra di «Todo modo» POLITICA E ROMANZO Con la dc a Camaldoli l' ombra di «Todo modo» UROMA N bel Consiglio nazionale della de da tenersi nell'eremo di Camaldoli. E anche solo ad immaginare sirene, auto blindate, scorte, portaborse, cavi, flash, pista-pista di giornalisti e quant'altro nella quiete cenobitica e contemplativa di quel santo luogo sembra uno scherzo. E invece no. Arnaldo Forlani, come rivelato dall'Ansa all'indomani della Festa dell'Amicizia, pensa davvero («Non è escluso» ha detto con il consueto stile felpato, sbilanciandosi anche con un «C'è anche questa idea») a una riunione di partito lassù, 1098 metri, fra gli abeti fitti di ricordi dell'Appennino Casentinese. Come dire che i prossimi conti interni, la de potrebbe regolarli sotto gli occhi dei bianchi monaci benedettini, ramo appunto camaldolese, noti per la pratica di particolari penitenze, stretta astinenza, osservanza del silenzio e recitazione della salmodia. E tanto non è uno scherzo che si registrano i primi commenti. Entusiastici. «Magnifica» ed «evocativa» definisce l'idea Sergio Mattarella. E se l'onorevole D'Onofrio pone l'accento sull'aspetto, come dire, mistico-turistico «le splendide celle dei monaci dove la gente, saggiamente, ogni tanto si ritira dal mondo per pensare all'ai di là» - il ministro 'Rosetta Jervolino ricorda che per la de quell'albergo di meditazioni ha un suo valore storico-simbolico. E' qui che si radunaI rono, durante la guerra, preti I (Arnau, Boyer, Brucculeri, il gesuita spagnolo Lopez), monsignori (Colombo, Costa, Montini) e promettenti laureati cattolici (Andreotti, Fanfani, Ferrari Aggradi, Gonella, La Pira, Moro, Paronetto, Saraceno, Taviani, Vanoni) per elaborare quella summa di principi di dottrina sociale che si conosce, appunto, come «Codice di Camaldoli». Bei nomi e bei tempi. Mica gli insulti, gli affari, la corruzione, il vuoto politico democristiano di oggi. Probabile che proprio a quel lontano clima, fervido e operoso, voglia rifarsi il nostalgico Forlani. A meno che, intriso com'è di cultura fanfaniana, non intenda rinverdire i pur costruttivi nefasti - in generale eremitici, camaldolesi in particolare - del suo antico capo. Del Fanfani battuto nel 1959 si disse che, pure con fhbgliè 'è' Tigli, era sul punto di ritirarsi alla Verna, come San Francesco, in sdegnoso romitaggio. E nell'estate del 1963, di nuovo battuto, «si ritirò nell'abetaia di Camaldoli, tra il Falterona e il Fumaiolo - come ha scritto in terza persona nell'introduzione del suo "Una Pieve in Italia"- per godersi un po' di riposo. Da tre anni gli era mancato...». (E i soliti, premurosi dorotei, allora, avevano provveduto). Consiglio nazionale a Camaldoli, dunque. Oppure, come ha fatto capire Forlani, in qualche altro luogo solitario. Tutte marchigiane le altre opportunità per questo bizzarro turismo monacal-penitenziale ad uso de: Montegiove, presso Fano, oppure Fonte Avellana, il dantesco eremo «che suoi esser disposto a sola latria». Cioè al solo servizio di Dio, preferibilmente «magri è scalzi», come1 erano i seguaci di San Pier Damiani, mentre quelli di oggi, cioè dei'téhipi di Dante,' sono così pesanti da aver bisogno di «chi di rietro li alzi». Un po' come gli attuali consiglieri nazionali, che girano con le loro corti, altrimenti dette staff, e sono sempre pronti ad azzuffarsi tra Andreottiani, Grande Centro, Quaranta, Ex Area Zac, Alpoca. Comunque, per questa riunione che dovrebbe fissare il congresso e che i più sofisticati osservatori situano a metà ottobre, eremo ha da essere. E chissà che non faccia bene parlare di politica là dove di norma si vive in dimensione contemplativa o si fanno esercizi spirituali. Il problema è che anche senza eccessiva malizia davvero non si riesce a separare l'idea cenobitica di Forlani da un terribile romanzo (e anche dal film, con una straordinaria interpretazione di Moro-Volontè). «L'eremo è luogo di solitudine; e non di quella solitudine oggettiva, di natura, che meglio si scopre e più si apprezza quando si è in compagnia...; ma di quella solitudine che ne ha specchiata altra umana e si è intrisa di sentimento, di meditazione, magari di follia...». In «Todo modo» proprio di potenti democristiani nell'eremo-albergo di Zafer racconta Leonardo Sciascia. Il romanzo è del 1974 ma a rileggerlo fa impressione. Ci sono brandelli di Tangentopoli e discorsi sul diavolo (evocato settimane fa da Forlani, Andreotti, Scotti). C'è Papa Alessandro VI Borgia (di cui sìè1 parlato"" al meeting) e c'è la mafia. «Sentii a un certo punto, nel-l'albergo fino allóra silènzio-" so, sorgere e levarsi...». Filippo Ceccarelli Bili |
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