Colombo, un ingenuo naïf

Colombo, un ingenuo naïf «Encounter 500» al Sistina, musiche di Murolo, t^sti di Fratti Colombo, un ingenuo naïf // musical rivisita banalizzandola la storia della scoperta dell'America Scenografie, balletti e orchestra all'osso: uno spettacolo poverissimo ROMA. 12 ottobre 1992: Columbus Day e consueta parata commemorativa lungo la Quinta Strada, solo più solenne oggi data la cifra tonda della ricorrenza. Intanto nella famosa biblioteca pubblica che dà sulla non meno famosa arteria due studenti di sesso opposto scoprono di stare studiando le stesse cose: lui, che guarda un po' si chiama Chris, lavora sullo scopritore del Nuovo Mondo, lei, che vedi caso si chiama Isa, sulla regina spagnola promotrice della spedizione. Malgrado i richiami al silenzio del direttore della biblioteca, i due giovani si confidano le loro scoperte, e favoriti da musica e canzoni, «diventano» rispettivamente il navigatore e la sovrana; il burbero direttore diventa invece un Ferdinando d'Aragona sempre assistito da un cinico prelato, Talavera. Innamorato senza speranza di Isabella la Cattolica, Colombo vuole almeno conquistarle un impero; innamorata senza speranza del bel Colombo, la regina vende i suoi gioielli per finanziare l'impresa. Il re è contrario, ma convinto da Talavera, che gli spiega come sia impossibile che Colombo ne torni vivo, lo lascia andare, e anzi gli fornisce una ciurma di indesiderabili, dei quali si sbarazzerebbe volentieri. Dopo difficoltà nate anche dalle incomprensioni reciproche (fra i marinai ci sono anche ebrei e musulmani, convertiti a forza), i nostri toccano terra, accolti da indigeni ben disposti. Il prete di bordo effettua qualche tentativo un po' goffo di convertire costoro, mentre Colombo si lascia amare da una bella selvaggia, che chiama Isabella. Poi si riviene in patria, carichi di tesori e con campioni di quella umanità. Presentata alla regina, e ignorando una resipiscenza di Colombo, che aveva tentato di correre ai ripari, la selvaggia proclama il proprio nome proibito. E' una gaffe, ma tanto la graziosa pellerossa è presto neutralizzata grazie a Talavera, che la assegna al talamo del re, il quale dal canto suo ora si arroga il merito dell'impresa. Non importa, l'America è stata scoperta, e il ritomo all'oggi è celebrato con un coro generale che parla di pace e armonia fra le varie razze. Autori del racconto all'origine di questa fiaba disarmante sono, ci dicono, «due medici italoamericani appassionati di Colombo», a nome Lewis Marola e Nicholas Montalto. Il trattamento però è stato affidato a una vecchia volpe come Mario Fratti, abruzzese residente a New York e prolifico drammaturgo in due lingue. Giustamente considerando disperato ogni tentativo di mettere un po' al passo coi tempi il materiale (per dime solo una, oggi anche gli scolaretti sanno che Colombo le donne dei presunti indiani le stuprava, frustandole quando opponevano resistenza), Fratti ne ha accentuato il carattere ingenuo, fanciullesco, scrivendo canzoni deliberatamente banali su sogni e stelle lontane, e concisi dialoghi tagliati con l'accetta. Dal punto di vista meramente professionale il suo libretto è impeccabile. Ma mentre Fratti ha scritto, e Giuseppe Murolo ha musicato (con ovvia orecchiabilità), uno spettacolino da camera di 90' più intervallo, buono per una recita scolastica, l'avvenimento ci viene presentato, con simpatica sfacciataggine americana, come «A Great Musical»: tale infatti il sottotitolo dell'edizione statunitense di questo «Encounter 500» ora al Sistina (poi dal 23 al Genovese, e dal 10 ottobre al Politeama di Napoli). Macché «great»! Scena unica, un semicerchio di colonne di legno che funge da biblioteca, da sala del trono, da nave, ecc.; costumi altrettanto unici per i personaggi; balletti all'osso, con tre odalische tre per sollazzare il corrotto Ferdinando e tre indigeni tre per il tuffo nell'esotismo; orchestra sintetica per quanto amplificata dagli altoparlanti; interpreti di scarsa personalità, una volta inventariate le buone voci dei protagonisti Aloysius Gigi e Jan Horvath, nonché del baritono Dennis Fury (Ferdinando). E traduzione su schermi luminosi, che ha contribuito a spegnare presto l'iniziale curiosità del non folto pubblico. Se questa è Broadway, dicevano i meno informati, stiamo meglio noi. Masoiino d'Amico

Persone citate: Ferdinando D'aragona, Fratti, Fratti Colombo, Giuseppe Murolo, Horvath, Lewis Marola, Mario Fratti, Murolo, Nicholas Montalto

Luoghi citati: America, Great Musical, Napoli, New York, Roma