«Cuore» arruola anche Garrone di Michele Serra

«Cuore» arruola anche Garrone Michele Serra: «Per i giovani lettori naufraghi degli ideali» «Cuore» arruola anche Garrone La satira diventa «buona»: ma è possibile? ili ROMA RRIVA Garrone , il giornale dei buoni. Dal 21 settembre sarà l'inserto del I *■ *l settimanale dei Franti per eccellenza: il Cuore di Michele Serra. «Fra due numeri cominceremo a pubblicare "storie di bontà" segnalate dai lettori. Rigorosamente vere, naturalmente. Meglio se documentate (gradite fotografie, come sempre). Le pubblicheremo. Cuore diventerà così anche il giornale dei buoni». Così un «appello serio» pubblicato sull'ultimo numero che annunciava l'arrivo della nuova testata, sormontata da un ottocentesco gruppo di scolari in formazione da parata. E Michele Serra dalla festa dell'Unità di Reggio Emilia ripete per tutti: «Sara un inserto serio di otto pagine. Un giornale dei buoni. Così potranno scriverci anche i socialisti». Un senso di sollievo sale dalla platea plaudente. Ma come, dei buoni? In che modo il ragazzo grande e d g ggrosso nato dalla penna di De Amicis, quello che difende sempre i più piccoli dalle prepotenze, mangia sempre, non ride mai a scuola può diventare un simbolo adottato dai ragazzacci della «banda di Cuore»? Come può la bontà coniugarsi con la satira? Carlo Frutterò, che con Franco Lucentini ha preso in prestito il nome di Garrone per farne il losco architetto della Donna della domenica, è scettico. «Non ho capito come la cosa dovrebbe funzionare. Se si tratta di far satira a spese della bontà, intesa come retorica melensaggine, la trovata non è nuova: c'era già nel vecchio Bertoldo di Giovanni Mosca. Se invece si vuole concedere sportivamente spazio alla bontà, virtù tra le più necessarie, un giornale satirico mi sembra il contesto meno adatto a un simile recupero. Oscar Wilde quando era cattivo era spiritoso, quando scriveva "da buono" faceva venire il latte ai gomiti. Lo stesso sarebbe per Woody Alien». Giorgio Manganelli, in un articolo per II Caffè, andava oltre. Pensando all'intera letteratura come «satira totale» la definiva «pura irrisione, anarchica e felicemente deforme, una modulazione del blasfemo» e «asociale, vagamente losca, cinica, da sempre riluttante alla storia, alla patria, alla famiglia; (tale che) a quelle anùrie oneste che tentano di mettere assieme il bello e il buono risponde con sconce empietà». La satira di oggi deve essere un'eccezione, almeno quella politica «di sinistra» che fa furore su Cuore e dint ito. Perché nessuno dei vignettisti più arrabbiati si sente «cattivo», anzi. Per Sergio Staino, «Bobo», l'ex sessantottino che dirigeva Tango (l'antecedente diretto di Cuore) «la satira di per sé non è né buona né cattiva. Quando colpisco Occhetto spiega - Macaluso mi fa i complimenti, quando colpisco Macaluso me li fa Occhetto. Non esiste uno "spirito cattivo" ma uno spirito intelligente che attacca l'ipocrisia». «Non mi sento né buona né cattiva, solo obiettiva» si ritrae Laura Pellegrini, alias ElleKappa. E Altari, quasi stupito: «Cattivo? Per niente. Io la satira la considero un'attività benefica. Nel senso che ha sotto un'intenzione di migliorare le cose. Almeno, quando è fatta bene, perché c'è anche gente che è contro tutto e basta». Anche Angese, pseudonimo di Sergio Angeletti, si protegge dietro la placidità arcadica. «Cattivo io? Ma se vivo in campagna, tra mucche e fiorelli- ni. Io mi sento più vicino a Robin Hood che allo sceriffo di Nottingham», scherza. E spiega: «La satira è solo un occhio che vede. Che vede senza veli e ipocrisie, che vede di più e, soprattutto, che può dire quel che vede». Ricorda quando il Male pubblicò la foto di Aldo Moro prigioniero delle Br con la sottoscritta (Abitualmente vesto Marzotto. Tutti i giornali che ipocritamente ci accusarono di cinismo facevano a gara per sbattere la stessa foto in prima pagina». Ma se la bontà è una virtù così diffusa tra chi fa satira, che bisogno c'era di un «giornale dei buoni»? Michele Serra svela l'arcano. «Spero che si capisca l'autosarca¬ smo. Questa denuncia patetica serve a prendere distanza da noi stessi. La bontà, lasciamola ai preti». Poi spiega: «L'idea è quella di dare più spazio al tam tam fra i lettori che sempre più somiglia alla posta di Lotta Continua o, volendo, a una Porta Portese della cultura di opposizione. Una realtà più esistenziale che politica, fatta di lettere, commenti, piccoli annunci, dalla neonata associazione locale all'iniziativa di salvare i rapaci». Sul Garrone finiranno il «Taccuino di resistenza umana» e il" «Giudizio Universale» dove indizi della «bontà» della tribù cuorista, a ben guardare, ce ne sono: basta dire che, nella classifica dove 7250 voti chiedono «la fine di Andreotti» e 475 «sodomizzare Kim Basinger», al primo posto tra i «valori caldi» c'è l'amore, al secondo gli amici, all'undicesimo e al diciottesimo la libertà e la pace. Tre pagine saranno occupate da vari pezzi «seri», scritti da collaboratori vecchi e nuovi: da Nando Dalla Chiesa a Luigi Manconi, dall'arancione Majd Valcarenghi a Luciano Canfora. «Un foglio "buono" del genere, che in qualche modo aggreghi i dispersi, ce lo hanno in pratica chiesto i nostri lettori giovanissimi. La grande scoperta di noi "cattivi" è che non sono solo i quarantenni naufraghi degli ideali, ma anche i sedicenni. Naufraghi senza neppure essere partiti. Un po' inquietante». Maria Grazia B ruzzo ne GWaJDO la SATINA ùoirisce E' Cocrisce,rt£, non e saura ma CATTIVO GUSTO,» Sopra, Sergio Staino e qui accanto la vignetta che ci ha dedicato Sotto, Oscar Wìlde. Quando era «buono», ricorda Frutterò, «faceva venire il latte ai gomiti» Sopra, Altan. Sotto, lo scrittore Giorgio Manganelli: «La satira non può essere bella e buona» Sotto, Carlo Frutterò: con Lucentini usò Garrone per fame il cattivo nella «Donna della domenica» Sopra, Michele Serra: «Spero che si capisca l'autosarcasmo. L'idea è dare più spazio ai lettori»

Luoghi citati: Reggio Emilia, Roma