Il giudice controllava (e intascava)

Il giudice controllava (e intascava) Il giudice controllava (e intascava) In carcere magistrato della Corte dei conti REGGIO CALABRIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Più che controllare e tutelare lo Stato dal punto di vista contabile, copriva gli intrallazzi degli amministratori. E, naturalmente, intascava qualche «compenso» per questo comportamento tutt'altro che consono al suo ruolo di magistrato della Corte dei conti e componente la Commissione di controllo sugli atti dei Comuni. Così è finito in carcere il dott. Giuseppe Ginestra, 50 anni, fino a ieri ritenuto in Calabria integerrimo giudice a latere della sezione regionale della magistratura contabile dello Stato ed esperto di diritto amministrativo. Nella sua casa di Catanzaro così come in quella della madre a Reggio, e soprattutto in alcuni conti bancari, gli inquirenti della «Tangentopoli reggina» avrebbero trovato le prove inoppugnabili del suo non limpido ruolo avuto nelle approvazioni di alcune delibere comunali relative alla progettazione degli appalti del centro direzionale (costo 120 miliardi). A tirare in ballo il dottor Ginestra sarebbe stato il segretario del Coreco Vincenzo Spina, anch'egli in carcere, come il presidente dello stesso Comitato l'avvocato socialista Mario Battaglini. In pratica, Spina riceveva i soldi dall'ex sindaco Agatino Licandro; ne intascava una quota e ripartive le altre tra Battaglini e Ginestra. Il gip Augusto Sabatini ha così emesso provvedimento restrittivo nei confronti del magistrato della Corte dei conti che a mezzanotte di venerdì si è presentato direttamente alla caserma dei carabinieri di Reggio. Nel frattempo sono stati completati gli interrogatori di tutti gli altri 27 arrestati. Di questi, due ex assessori comunali - i de Antonio Latella e Domenico Richichi - hanno ottenuto la libertà: hanno infatti ammesso di aver ricevuto le somme indicate da Licandro. Sono tornati liberi anche l'ingegnere Vincenzo Lodigiani e il suo collaboratore Vincenzo Gallo che a loro volta hanno dichiarato di aver versato 200 milioni perché sollecitati dalla società «Bonifica» dagli amministratori. Tutti gli altri restano in carcere e le rispettive difese hanno annunziato ricorso al Tribunale della libertà che però, nel mese scorso, aveva rigettato le istanze per gli stessi amministratori arrestati per lo scandalo delle fioriere e dal quale ha preso poi le mosse l'attuale maxi-inchiesta. Se l'iter giudiziario segue così il suo normale corso - anche se spedito per via delle nuove procedure - la città ha ieri condannato in piazza la classe politica e amministrativa che pure aveva votato in questi ultimi anni. E' successo nella mattinata durante l'annuale processione della Madonna della consolazione protettrice della città. La sacra effigie portata a spalla da 300 persone dal convento dei cappuccini in Cattedrale, ha sostato, come vuole la tradizione, davanti al palazzo comunale. La sosta, che di solito è un segno di omaggio e quindi molto breve, è durata invece ben 8 minuti, che sono serviti alle migliaia di reggini che seguivano l'immagine ad esprimere il loro giudizio ad alta voce su quel che pensano a proposito di ciò che sta succedendo in città. «Fate pulizia! Fate pulizia!» è stato il lungo coro rivolto al dottor Cannarozzo, prefetto di Reggio, al dottor Daloiso, commissario prefettizio da circa un mese, ed al procuratore della Repubblica Gaeta che si trovavano in mezzo alla gente nel corteo. Enzo Lagena

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