In cella il vice del boss
In cella il vice del boss In cella il vice del boss Roma, affiancava Santapaola ROMA. «Umberto e Francesco si sono trasferiti da tempo a Roma, mentre Giorgio è rimasto a Catania ed è molto amico di Salvatore Marchese». Così parlava il pentito della mafia Antonino Calderone dei fratelli Cannizzaro, imparentati attraverso la «famiglia» dei Ferrera con il boss catanese Nitto Santapaola. E proprio a Roma, ieri mattina, è stato arrestato Francesco Cannizzaro, 55 anni, latitante da due, una condanna a 10 anni di carcere sulle spalle per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti, considerato un «braccio» di Santapaola e uno dei terminali del commercio di droga gestito da Cosa Nostra. Gli uomini della Squadra Mobile della capitale l'hanno preso in un appartamento di via Urbana, una strada di vecchi palazzi scrostati nel centro di Roma. A mezzogiorno Francesco Cannizzaro era in casa, ancora in pigiama. Qualcuno ha bussato alla porta del piccolo appartamento vestito da operaio del gas, e appena ha capito che si trattava di una messa in scena il pre- giudicato ha temuto che i suoi visitatori fossero i killer di una cosca avversa. Invece erano poliziotti travestiti. Cannizzaro non ha fatto in tempo ad impugnare l'arma che aveva, ha tentato di sostenere che c'era un errore di persona, ma il gioco è durato poco. Adesso si trova nel carcere di Rebibbia, a disposizione dei giudici di Palermo. Nell'appartamento affittato dal latitante sotto falso nome, gh investigatori hanno trovato pochi mobili e una valigia piena di carte che ora vengono analizzate. L'appostamento degli uomini xiellaMQbile>aurav^ de tre giar-r ni, da quando cioè Cannizzaro era tornato da un viaggio in Europa occidentale, probabilmente dalla Germania. Per i vicini di casa quel latitante ricercato da tanto tempo era solo un tranquillo signore che riceveva molte persone, sempre uomini. «Il signor Francesco? Un uomo solo - racconta un modulino del palazzo di via Urbana -, senza donne ma con tanti amici». Un altro dice: «C'era un suo amico che veniva tutti i giorni, più o meno alle dieci di mattina, e lo chiamava per nome dalla strada». E una signora: «Quest'estate è rimasto sempre a Roma. Non usciva quasi mai, ogni tanto si affacciava sul pianerottolo, stava sempre a torso nudo, diceva di soffrire il caldo». Nell'inchiesta firmata da Falcone e Borsellino che ha portato al primo maxi-processo contro la mafia, Francesco Cannizzaro viene dipinto come un trafficante di eroina che gestiva, a Roma, la compravendita di grosse quantità di droga. [gio. bia.] Francesco Cannizzaro
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