I per i padrini venne il settembre nero

I per i padrini venne il settembre nero I Si raccolgono i risultati della nuova organizzazione delle forze dell'ordine contro la mafia I per i padrini venne il settembre nero Stato all'offensiva, in un mese ripresi 10 latitanti ROMA. Cadono nella rete come pesciolini. Dieci negli ultimi giorni, a ritmo quasi quotidiano. Sarà ricordato, questo mese, come il settembre nero della mafia. Di tutte le mafie, perché l'offensiva di polizia e carabinieri ha colpito Cosa Nostra, senza risparmiare i «cugini» della camorra e gli ultimi arrivati: gli esponenti della Sacra Corona Unita, altrimenti detta «quarta mafia». Le cosche partenopee hanno perso uno dei capi indiscussi, quel Carmine Alfieri, coinvolto nei misteri finanziari del «venerabile» Gelli, ricercato da 9 anni. Il clan catenese di Nitto Santapaola dovrà fare a meno della collaborazione a Roma di Francesco Cannizzaro, corriere della droga di rinomata abilità. E non è andata meglio ad Antonio Riezzo, scovato a Monaco, in Germania, ed accusato di appartenenza alla Sacra Corona Unita e traffico di droga. Ma che succede? Li prendono tutti adesso? Dall'inizio dell'anno la ricerca dei latitanti ha improvvisamente incontrato un successo mai registrato prima. Sono trenta, le «prede», equamente distribuite tra mafia, camorra, n'drangheta e Sacra Corona. E non sono pochi i nomi di spicco. A cominciare dal boss palermitano Pietro Vernengo, padrino del quartiere di Ponte Ammiraglio, evaso in pigiama dall'ospedale civico. Fu ripreso assieme al fido «assistente» Nicola Di Salvo. Poi arrivò l'estate e non andò meglio per i «bravi ragazzi» clandestini. Luigi Venosa, di San Cipriano d'Aversa, capitolò a luglio, Sebastiano Cannizzaro, killer di Nitto Santapaola, fu ammanettato in agosto. Latitava nella provincia di Siracusa. Uno suo «collega» avversario, Carmelo Caldenera affiliato al clan catanese dei «cursori», non ce l'ha fatta a passare inosservato mentre passeggiava per le strade di Perugia. Ultimo, ma non per importan¬ za, il «re del Vallone», padrone incontrastato di Caltanissetta: Giuseppe «Piddu» Madonia, ricercato da 11 anni, smascherato in un paesino del Veneto. «Bravi, ci siete riusciti», ha commentato lo stesso «don Piddu», quasi incredulo di trovarsi di fronte gli agenti della polizia di Stato. E allora? Sono diventati meno abili i padrini, o le forze dell'ordine hanno improvvisamente imparato il trucco? La mitologia della mafia, ali- mentala da troppi esperti e dietrologi, vuole che quando un boss viene catturato ciò significa che «non conta più». Se lo hanno preso, vuol dire che la mafia ha voluto che lo prendessero, simili convinzioni hanno contribuito alla creazione del mito della invincibilità'del crimine organizzato. Ma non è così. O quantomeno non è, questa, una regola. I detective che si dedicano alla ricerca dei latitanti non possono mani¬ festarsi e spiegare cosa c'è dietro alla cattura di un boss. Eppure, dicono, non è impossibile prenderli. E' questione di deciderlo, volerlo. E'un problema di organizzazione. Ecco, forse, cos'è cambiato. Il lavoro degli ultimi mesi non è estemporaneo ed affidato al caso. E'il frutto di una pianificazione studiata nei particolari e, soprattutto, decisa parecchi mesi fa dal governo che collocò il problema della criminalità orga¬ nizzata al primo posto tra le emergenze. Era il periodo dei decreti antimafia, nascevano i progetti della Dia e della cosiddetta «Superprocura». Li arrestano oggi, ma i mafiosi sono da mesi nefinirino. Polizia, carabinieri, Dia e Guardia di Finanza, col supporto del lavoro di intelligence, ma forse anche finanziario, dei servizi segreti, si sono divisi i compiti. Si sono creati dei nuclei: ognuno si occupa di un clan criminale. Come fanno gli investigatori della polizia federale americana. I nuovi pentiti portano notizie «fresche», si scelgono le persone da «trattare». Per mesi e mesi la «famiglia» viene presa in osservazione, ciascun membro seguito e spiato notte e giorno. I loro discorsi intercettati. La tenacia, prima o poi, premia. Il fatto nuovo, semmai, è proprio la scelta di investire soldi e professionalità in un lavoro che non dà risultati (anche propagandistici) immediati. Il coraggio di uscire cioè dalla logica dell'emergenza. Per questa scelta si schiera anche Cesare Romiti. «Come diceva il giudice Falcone - ha detto a Madrid l'amministratore delegato della Fiat - la mafia può essere sconfitta semplicemente applicando le leggi dello Stato, come è stato fatto con il terrorismo, e non col principio di "bomba per bomba". Per questo la responsabilità è politica: quando lo Stato vuole catturare i mafiosi, lo fa». Francesco La Licata 'RIMULE ROSSE" "PRIMULA ROSSA" DEI 1969, HA PRÈSO IL 0 L'ARRESTO DI SALVATORE RIIN CORLEONESI, LATITA! COMANDO DEL C LUCIANO LIGGIO NITTO SA&AMOLA^'UOlM DI COSA NOSTRA A CATANIA, RE DEL TRAFFICO IDI STUPEFACENTI. E' LATITANTE DALL'ESTATE DEL vm pr f BERNARDO l>ROVENZANO E' IL NUMERO TRE DI COSA NOSTRA, UNO DEI "PUPILLI" DI LIGGIO, LATITANTE DA UNA VENTINA D'ANNI ROSETTA CUTOLO SORELLA DI RAFFAELE, E' A DO»» SALITA Al VERTICI DEL _ MORRA. E' INTROVABILE DAL NOVEMBR 1>81 ANTOÌÌNO IMERTI UNO DEI PRINCIP BOSS DELLA.,'UDRANGHETA, CAPO DEL 1 "jMERTlttlNfclLO" CHE HA INSANGUI! SEGGIO, E' LATITANTE DAL 19B6 pÉO BOI E' IL RE DEI SEQUESTRATORI DI, SU DI LUI I SOSPETTI PER IL RAPIMENTO EL PICCOLO FAROUK. E1 LATITANTE DALL'86( I