Tutti i nemici di Altiero Spinelli

Tutti i nemici di Altiero Spinelli Pajetta, Amendola, Spaventa, Bocca, Valiani, Eco: giudizi aspri nei «Diari» del grande europeista Tutti i nemici di Altiero Spinelli Dal 76aW86,fra i tic e le menzogne del Palazzo |T ROMA SCIRA' nei prossimi giorI ni in libreria il terzo e ulI timo volume dei Diari di SèL I Altiero Spinelli pubblicati da II Mulino. Sono annotazioni, riflessioni, note e appunti che coprono gli ultimi dieci anni (1976-1986) di intensa attività dell'uomo che nel 1941, con il Manifesto di Ventotene, ha contribuito a fissare i principi fondamentali dell'ideale europeista e del federalismo. Oltre 1100 pagine sinora inedite che testimoniano, nell'intellettuale eletto nel 1976 alla Camera come indipendente nelle liste del pei e tre anni dopo al Parlamento europeo, la presenza di una vena polemica vigorosa e talvolta spietata nei confronti di partiti, uomini politici, giornalisti e intellettuali. Uno Spinelli «contro». Sovente «contro» lo stesso partito di cui era diventato, lui laico intransigente, «compagno di strada». «Contro» esponenti politici e del mondo della cultura trattati in molti casi con giudizi sprezzanti. Ecco per esempio una delle pagine più aspre. E' del 1978, nei giorni tragici del rapimento di Aldo Moro. «Moro ha mostrato un animo da coniglio. Non l'hanno né picchiato, né drogato, ma solo tenuto isolato. E ciò è bastato a far sì che la paura prendesse il sopravvento», scrive Spinelli. E ancora: «Dopo un altro paio di lettere così, Moro potrà essere rilasciato come esemplare di uomo politico morto civilmente per viltà d'animo». Spinelli non risparmia i socialisti «trattativisti»: «Dico a Di Giulio che dica a Berlinguer che tutti i de e i socialisti sono in fondo anime codarde», giacché i socialisti «parlano da pappe molli, soprattutto per bocca di De Martino, che non ha il pudore di tacere». E nemmeno gli intellettuali: «Umberto Eco, sulla Repubblica di oggi, commenta le baggianate delle Br sul Sim (Stato imperialista delle multinazionali, ndr) prendendole sul serio: il Sim esiste realmente, ma è acefalo, e perciò il terrorismo non può colpirlo. Non so se considerare più imbecille il professor Eco o chi gli apre le colonne del giornale». Odio-amore verso i comunisti, da cui si era distaccato dopo la condanna del Tribunale speciale fascista e che ritrovava ora al suo fianco in Parlamento. Tono talvolta agrodolce: «Pajetta molto amichevole. Si è inventato una storia secondo cui lui e Colombi mi hanno fatto in carcere un lungo interrogatorio e poi lui ha contribuito a farmi espellere. Amendola gli contesta, mi dice, questa versione, sostenendo che ad espellermi è stato lui. Lo disilludo assicurandogli che ha ragione Amendola». Più aspro qualche anno più tardi: «Pajetta sa sempre suscitare applausi con la sua retorica comunista, ma i suoi pensieri sono di una banalità e superficialità straordinarie». Nel 1978 il pei prende posizione contro il sistema monetario europeo. Per l'europeista Spinelli è una cocente delusione, esacerbata dalla presenza del suo sodale Luigi Spaventa nello schieramento degli oppositori: «Spaventa interviene con eloquio rapido, preciso, facendo una descrizione orripilante delle conseguenze cui l'economia italiana va incontro se aderisce allo Sme. E' applaudito dai soli comunisti». Sconsolato il giudizio del 1983: «Il partito comunista se ne va alla deriva verso una politica di demagogia antidisoccupazionale e pacifista». E' uno Spinelli che commenta appartato ogni film visto, ogni libro letto. E che spesso commenta senza tante indulgenze: «Ho finito di leggere L'idéologie franqaise di Bernard-Henri Lévy. Il libro è scrito nel solito barocco moderno inventato dagli scrittori francesi di questo dopoguerra: uno stile sempre teso, sempre gonfio, ricco di parole leziose, di ripetizioni compiaciute, di giochi di parole, con pensiero sempre poco approfondito, anche quando passano accanto ad un'idea profonda, ma sempre colmo di fronzoli stilistici». Di quest'uoT^fip^così poco incline ai comprom'èssi'moltiiòercavano la collaborazione. Magari anche gli awereàrt. Come Armando Plebe, l'intellettuale di sinistra che nei primi Anni Settanta aveva scelto con grande fragore la Destra nazionale di Almirante: «Anche Plebe giorni fa mi chiedeva di sondare se poteva tornare nel pei. Lui addirittura dopo aver preso la cantonata di andare con il msi». O come Francesco Cossiga, allora (1979) presidente del Consiglio, che chiede all'oppositore Spinelli una consulenza «segreta»: «La sera sono andato da Cossiga. Mi ha chiesto una nota su "foglio bianco" che gli permetta di intervenire senza dire che viene da me. Domattina gliela preparo». Non mancano i giudizi cattivi. Come quello sugli intellettuali «garantisti» in piena emergenza terroristica: «La sera Renata aveva invitato Bocca con la moglie1'Silvia Giacomoni, Calasso con la moglie, un terzo intellettuale con moglie e Leonardi con moglie. Quasi tutta la serata è passata a parlare del miserevole stato in cui versa in Italia il garantismo. Piagnucolavano tutti, salvo i Leonardi, sul povero Negri, sul povero Giannettini (sì, Giannettini), sulle prepotenze di Calogero, ecc. ecc.. Io ho taciuto ostentatamente durante tutta la sera. Mi disgustavano con la loro stupida sicumera». E poi sui politici. Sul Parlamento italiano, innanzitutto: «Non mi dimetto solo per non perdere l'uso dell'ufficio gratuito e del posteggio a piazza Montecitorio». Sul dirigente repubblicano Adolfo Battaglia: «Battaglia è lo stupido atlanticista al 200 per cento». Sul leader che nell'agosto del 1976 aveva conquistato il psi: alla Camera «discorsi da politicanti di secondo piano (Craxi, Biasini, radicali e demoproletari vari, Miceli)». Su Forlani: «Legge un noioso discorso in cui riconosco l'inconfondibile stile degli ùffidi /Notizie + banalità + buaggini». Su Giorgio Napolitano: «Ha un modo di parlare fastidiosamente untuoso, ma il discorso è vigoro¬ so e ben centrato». Luciana Castellina: «Mi dà sempre un po' fastidio parlare accanto a Castellina (o a Moravia) che sanno fare solo vacue declamazioni antinucleari e pacifiste». . E' un grande dolore per Spinelli ascoltare nel 1981 il discorso «di Valiani dinanzi al feretro di Pani. Non osa accennare - e poteva farlo - che Pani non era un cristiano ma uno stoico. Il figlio di Pani, profittando dello stato di incoscienza in cui egli era da tempo, ha deciso per lui di fargli funerali cristiani. E Leo ha suonato il piffero per compiacere quegli ascoltatori». Ed è un'altalena di sentimenti nei confronti di Marco Pennella. Giudica un suo discorso «ottocentesco, improvvisatore, confusionario». Ma non esita ad appoggiarne gli sforzi, nel 1984, durante i primi fuochi della battaglia antiproibizionista: «Sostengo la tesi di Pannella della necessità di abolire il proibizionismo della droga». Una prova di grande simpatia per il leader radicale che qualche giorno prima da Spinelli era stato descritto jcosì: «Su, t"Teleroma 56" Pannella imperversa fin versò le'j3^notte. Quell'uomo parla come una fontana di San Pietro getta acqua». Pierluigi Battista Delitto Moro: «De e socialisti sono infondo anime codarde» Umberto Eco e, accanto, Aldo Moro: nei giorni del sequestro e della messa a morte del leader democristiano Altiero Spinelli (nell'immagine grande) scrisse sul suo diario le pagine più aspre Marco Pannelli nei suoi confronti un'altalena di giudizi. Spinelli lo appoggia sul tema della droga, ma ritiene che parli «come una fontana di San Pietro getta acqua» H.1 A fianco, Luciana Castellina: «Vacue declamazioni pacifiste». A sinistra, Bernard-Henri Lévy. Sotto, Giancarlo Pajetta

Luoghi citati: Italia, Roma, Ventotene