Sesso e prosciutto per Bigas luna di Simonetta Robiony

Sesso e prosciutto per Bigas luna Sesso e prosciutto per Bigas luna La Spagna è ancora sana perché conosce la tragedia VENEZIA DAL NOSTRO INVIATO Il bambino protagonista di «La discesa di Aclà a Fioristella» sembra un bambino svedese: capelli d'un biondo che va al bianco, membra slanciate, occhio azzurro. Invece è un bambino di Palermo: Palermo di madre e Palermo di padre. A Palermo ha incontrato a scuola il maestro-regista Aurelio Grimaldi, quello dei film sui ragazzi del Malaspina diretti da Marco Risi. A Palermo lavora come banchista a far caffè e a portar bicchieri d'acqua, nel bar degli zii. A Palermo, nel pieno centro vecchio della città, abita con quattro tra fratelli e sorelle biondi come lui. Vederlo è pensare alla storia della Sicilia: i re Normanni, Ruggero d'Altavilla, la Cappella Palatina, una storia e un biondo che non si estingue col tempo. E proprio di storia, la storia della Spagna di ieri e di quella di oggi, parla Juan José Bigas Luna, più semplicemente Bigas Luna e basta, in concorso a Venezia per la prima volta nella sua carriera di regista sessuomane e irridente, con il film «Jamon, Jamon», invocazione d'amore e morte, cibo e sesso, malamente traducibile con «Prosciutto, Prosciutto» e interpretato da Stefania Sandrelli, Anna Galiena, Penelope Cruz. «E' l'approdo in Europa che sta facendo della Spagna un Paese curiosissimo, dove stanno fianco a fianco il prosciutto di montagna e i computer giapponesi, il culto per gli animali e la tecnologia sfrenata, e tutto si tiene in armonia, cucito con un filo di vento». Non c'è Spagna, dice Bigas Luna, se non c'è una mosca che ronza nell'aria. Perché? «Una mosca significa che c'è buona frutta matura in giro e s'è mangiato bene, tante mosche che c'è povertà e degrado. Una mosca dev'esserci anche se in quella stanza hanno impiantato l'aria condizionata, l'aria finta, che fa venire il torcicollo ma serve a entrare più svelti in Europa». E non c'è Spagna, dice ancora, se non c'è un toro, anche se è un toro di cartone pressato, anche se gli hanno tagliato via ie palle. «Nel nostro Paese hanno vietato i cartelloni pubblicitari per strada perché deturpavano il paesaggio. Le sagome del toro, però, quelle immense figure nere di toro piantate vent'anni fa lungo le autostrade per lanciare una marca di cognac, sono rimaste dov'erano perché il ministero della Cultura ha stabilito che il toro non si tocca, fa parte di noi». Le contraddizioni di questa nuova Spagna, celebrata quest'anno dalla congiunzione Olimpiadi-Colombiadi, a Bigas Luna piacciono molto. Forse perché la contraddizione è il sale della sua intelligenza. Non crede in Dio ma gli piacerebbe crederci, come speranza in un'idea. Invidia i cattolici e la capacità di fare ancora all'amore col gusto di peccare un po'. Detesta gli status-symbol contemporanei, lui che di mestiere è stato un famoso designer d'arredamento e a casa sua non ha permesso entrasse neanche un mo¬ bile firmato da un architetto. Ma come le tiene insieme queste tante contraddizioni? Cita ancora la Spagna, Bigas Luna. Tutto in Spagna, dice, si tiene grazie al senso del dramma «Anche in un grattacielo di Barcellona, per una stronzata, può esplodere ancora un dramma. E' bello. Vuol dire che siamo integri, saldi. Il dramma è la nostra cifra: se scatta, va bene». E l'Italia come le sembra che stia, in buona salute? «Anche voi avete mantenuto la vostra capacità di trasformare tutto in commedia: va bene anche per voi». Tre figlie, tre mogli, un cane femmina e un'infinità di donne bellissime infilate nei suoi film erotico-mangerecci, da «Bilbao» a «Le età di Lulù», Bigas Luna ha distillato alcune certezze paradossali che lo aiutano a sopravvivere. La prima è che siamo quello che mangiamo e l'aria che abbiamo intorno: gli spagnoli che mangiano il pane raffermo con sale, olio, pomodoro e prosciutto sono un popolo in buona salute. La seconda è che gli americani, ma anche gli inglesi, sono nevrotici perché non possiedono il bidè, accessorio indispensabile ad addolcire l'esistenza. La terza è che gli uomini e le donne di tutto il mondo sono fatti di spirito, corpo, intelletto, e siccome il sesso è quella cosa che coinvolge tutte e tre queste componenti, quella sessuale è l'attività principale dell'uomo. «Nel mio film, per esempio, parlo di un "puti-bar". Il "puti-bar" è un emblema perfetto di ciò che è per me una sessualità felice. Non è un casino dove si va solo a scopare, non è un bar dove si va solo a bere, ma è un posto magnifico, inventato per i camionisti che stanno in strada giorno e notte, un posto dove, se si vuole, si può fare l'uno e l'altro, magari ascoltando musica e sgranocchiando olive». Simonetta Robiony