Piano: nel cuore di Berlino la mia piccola città colorata

Piano: nel cuore di Berlino la mia piccola città colorata L'architetto svela il suo progetto, il primo «quartiere vivibile» per la capitale tedesca del 2000 Piano: nel cuore di Berlino la mia piccola città colorata Un teatro, un laghetto, canali e giardini a Potsdamerplatz, dove c'era il Muro N ON ho l'ambizione di lasciare il mio segno su Berlino capitale. Non farò il grande gesto architettonico. Cerco piuttosto di creare un pezzo di organismo urbano vivibile, con forte presenza del verde e dell'acqua, anche col ricorso a tecnologie particolari ma senza stravaganze, avendo bene in mente che questa parte di città già disastrata è una cerniera tra Est e Ovest», mi dice Renzo Piano, commentando il risultato del concorso internazionale per Potsdamerplatz, a lato dei grandi spazi vuoti lasciati dal Muro che divideva due mondi opposti. Da una parte l'elegante Tiergarten e le vetrine dell'opulenza occidentale, dall'altra la Porta di Brandeburgo, l'Unten den Linden, l'ex Stalinallee, i simboli di un passato di conflitti, tragedie, distruzioni. Gli architetti invitati al concorso, indetto dalla Daimler Benz (proprietaria di una parte dell'area) insieme al Senato di Berlino e all'amministrazione locale del Tiergarten, erano 14 (Germania, Austria, Svizzera, Gran Bretagna, Spagna, Stati Uniti, Giappone, Italia). Renzo Piano ha vinto con 20 voti sui 21 della giuria internazionale. «Dopo decenni di discussioni su progetti accademici, spesso di grande fantasia ma destinati a restare sulla carta, Berlino ha scelto una proposta concreta». I precedenti sono illustri. Già nel 1957, sindaco Willy Brandt, lo studio di un piano generale era stato affidato a Walter Gropius, Alvar Aalto, Oscar Niemeyer. Nello stesso anno Le Corbusier realizzava la sua «Unite d'habitation», sulla Heerstrasse. Nel 1958 ci fu il concorso «Berlino capitale» che esprimeva una speranza. Poi le ripetute Mostre dell'Iba, Internationale Bauausstellung, fornirono il contributo teorico di decine di architetti famosi, chiamati a immaginare il futuro raccordo tra la Berlino Ovest, americaneggiante, e la Berlino Est che aveva ripreso la tradizione della grandiosità e della retorica nazista, impersonate da Speer. Nel 1990 altra consultazione internazionale sul tema della Berlino unificata, con invito a 24 architetti europei e americani, compresi Aldo Rossi, Vittorio Gregotti, Giorgio Grassi. Infine nel dicembre 1991 il piano urbanistico di zona dello studio Hilmer e Sattler, approvato con modifiche dal Senato di Berlino, entro cui si colloca il progetto di Renzo Piano: «La più grande operazione dopo il crollo del Muro: 350 mila metri quadrati, un teatro da 1000 posti, un albergo da 400 stanze, uffici per 190 mila metri quadri, appartamenti per 87 mila metri quadri destinati ai residenti, centro commerciale, sedi di mostre e di attività culturali». Renzo Piano insiste sulla sua filosofia: «Esclusi i monumenti all'architetto, questo è un tentativo di riportare la gente in città, considerandola non una astra¬ zione o una metafora ma una somma di bisogni, di aspirazioni, di interessi e di memorie. Qui negli Anni Venti pulsava il cuore di Berlino. Tra la Potsdamerplatz e la Leipzigerplatz erano gli alberghi di lusso, il più ricco Grande Magazzino d'Europa, i luoghi del divertimento. Il mio progetto mira a restituire a Berlino questa sua parte disastrata dalle bombe e dal Muro, trattandola come una piccola città che ha il suo focus nella piazza, isola galleggiante tra il verde del Tiergarten che verrà dilatato a Sud, il nuovo laghetto, l'acqua del canale». Piano deve confrontarsi con gli inserimenti degli Anni Sessanta. E' vicino il grande Kulturforum; la Staatbibliothek di Hans Sharoun ha addirittura tagliato la Potsdamerstrasse. «Col suo gesto sembrò voler cancellare il mito di Potsdam e recidere il legame col passato della Berlino guglielmina. Ora vogliamo riannodarlo, sia pure senza nostalgie. Il progetto prevede di aprire un passaggio pedonale all'interno del blocco monolitico di Sharoun. Il lavoro di ricucitura verrà fatto anche col ricorso a elementi immateriali, spazi vuoti, luci, colori». Gli ricordo che proprio Sharoun, nel lontano 1919, aveva firmato l'appello per il colore nella capitale, intristita dall'eccesso di grigio. Quali forme e colori avranno i nuovi edifici? Renzo Piano mi è amico anche nel fastidio per il linguaggio ermetico di tanti architetti, restii a rispondere a domande ritenute troppo semplici o addirittura banali. Mi dice: «La piccola città avrà verso l'esterno edifici in pietra grigia, il colore di Berlino. All'interno, verso la piazza e l'acqua, comparirà il cotto. Ci saranno case colorate. Ci saranno molti alberi e giardini, secondo la vocazione di Berlino città verde. Un esterno più prussiano, un interno frammentato, artico¬ lato. L'opposto dei modelli che esprimono soprattutto il gusto e la volontà dell'architetto, imposti a cittadini inventati». Mi parla da Osaka, dove sta realizzando il suo progetto per l'aeroporto intercontinentale ed è in partenza per la Nuova Caledonia, dove progetta un centro culturale. «Il 25 sarò a Berlino, per incontrarmi col borgomastro e definire i dettagli». La città-laboratorio dal 1946, quando ci fu la prima mostra sulla ricostruzione (soltanto il 12 per cento delle case era abitabile) seguita da una furia demolitrice che annientò gran parte del patrimonio edilizio recuperabile, cerca oggi nuovi equilibri urbanistici e ambientali. Il progetto dello studio Piano è uno dei primi tasselli per la ricomposizione del mosaico ed è anche una prova forse più impegnativa del Beaubourg. Mario Fazio Nell'area devastata una prova più impegnativa del Beaubourg L'architetto Renzo Piano ha vinto il concorso internazionale per Potsdamerplatz indetto dalla Daimler Benz (proprietaria di una parte dell'area)