Puri e Dire Straits l'orgoglio in musica di Marinella Venegoni

Puri e Dire Straits l'orgoglio in musica Ad Assago un successo strappato coi denti Puri e Dire Straits l'orgoglio in musica MILANO DAL NOSTRO INVIATO E' una chitarra assassina, quella di Mark Knopfler. Mira giusto, al cuore e al cervello, con una punta di virtuosismo orgoglioso; ma rimane cocciutamente nel proprio terreno, non cerca mai di strappare l'applauso. Basta guardarlo, Knopfler, l'ultimo di una generazione di grandi chitarristi: non è un divo, non si atteggia e non se la tira; non frequenta dimensioni epiche e sregolate, e nonostante la sua voce timida ricordi in alcuni passaggi quella di Lou Reed, non ha nemmeno dalla sua un qualche passato maledetto che giustifichi brividi adolescenziali. Figurarsi. «Dire Straits», il nome del gruppo glorioso di cui è leader, significa più o meno «tremende ristrettezze economiche», e gente che la prende così bassa è molto lontana, per elezione, dal divismo. Sarà forse in quest'attitudine normale una delle spiegazioni del successo alterno nella serata di debutto del lungo tour italiano, lunedì scorso al Forum di Assago. Dodicimila persone, appena la band parte con «Calling Elvis», fremono e plaudono fino a commuovere ed imbarazzare Mark e i suoi otto compagni; il ruggente metallo di «Heavy Fuel» li esorta e galvanizza ancor più. Anche Romeo, con quella sua Juliet da marciapiede, accende lumini: ma verso «Sultans of Swing», il brano che lanciò la band nel '78, è come se la gente di sotto fosse all'improvviso colta dalla noia. Con qualche ragione: il sax del pur bravo Chris White è troppo ridondante e spesso gratuito; e la tastiera spara suoni d'organo esagerati. Le canzoni più antiche, quelle che hanno fatto grandi i Dire Straits, vengono rivisitate in lunghe suites stile Anni 70; e per «Sultans», ad esempio, la platea esplode in applausi ritmici che sembrano costringere il gruppo ad andare più veloce, fino al ritrovato trionfo finale. Ma l'impressione è anche che i ragazzi abbiano perso la capacità di ascoltare la musica, quella almeno che non si contenta dei tre minuti del disco e cerca nella dimensione dal vivo libere strade di ispirazione. E questo è lo stile dei Dire Straits: un rockblues che non rimane nei propri territori, ma s'intrufola nel folk, passeggia per i non verdi prati del pop un po' sinfonico, s'infila birichino nello spirito del rock più puro e spazia fino al country: oggi di gran moda, di cui Knopfler è cultore ed elegante divulgatore, al punto da aver riesumato per la formazione attuale della band una pedal steel guitar, quella di Paul Fran¬ klin. Insomma, la musica targata Dire Straits, tranne qualche scivolone, è musica suonata e non enfatizzata. La platea si ricompone all'entusiasmo quando i brani tornano a farsi immediatamente riconoscibili, come nel caso di «Every Street», canzone che dà il titolo all'ultimo album che da ormai più di un anno tiene unita la band in tournée. Nel finale, c'è la solita manfrina della scomparsa della band a luci spente, e del suo ritorno in scena dopo reiterati applausi; e per i bis arrivano i brani che tutti aspettano, «Money For Nothing» e «Brothers in Arm», a portare la band verso un successo pieno. Ma conquistato con i denti. Marinella Venegoni Prossimi concerti: stasera e domani Milano; 11/12 Verona Arena; 14 Firenze; 16/17 Roma; 19 Cava dei Tirreni. Mark Knopfler e i suoi: nessuna concessione ai facili applausi

Persone citate: Chris White, Heavy, Knopfler, Lou Reed, Mark Knopfler, Paul Fran

Luoghi citati: Assago, Cava Dei Tirreni, Firenze, Milano, Roma, Verona