Sarajevo, agguato al convoglio Onu

Sarajevo, agguato al convoglio Onu Trasportava rifornimenti per gli osservatori dislocati all'aeroporto: uccisi due Caschi blu Sarajevo, agguato al convoglio Onu Scorte esaurite, in città restano viveri soltanto per 48 ore E per la mancanza d'acqua si diffondono le epidemie ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO La fame attanaglia Sarajevo. Ma nella capitale della Bosnia Erzegovina si continua a morire per gli agguati. Un attacco è stato sferrato ieri verso le 19,30 contro un convoglio dell'Onu che portava i rifornimenti agli osservatori dislocati all'aeroporto. L'agguato è avvenuto proprio vicino allo scalo: due Caschi blu francesi sono morti, altri due soldati sono stati feriti. Il convoglio, formato da 35-40 automezzi, era partito da Pancevo, vicino a Belgrado. «E' stata un'imboscata - ha spiegato un portavoce dell'Onu -. Il convoglio si stava avvicinando a Sarajevo quando è stato sottoposto a un fuoco che è durato diversi minuti». Ancora non è chiaro chi sia responsabile dell'attacco: potrebbero essere stati i serbi o i musulmani. Nel pomeriggio, un altro dramma aveva insanguinato la capitale bosniaca. Quattro persone sono rimaste uccise nell'esplosione di una granata scoppiata vicino alla sede della televisione. Sale così a 15 il numero dei morti nelle ultime 24 ore. Intanto, la città affronta anche il dramma della mancanza di cibo. Da domani i 300 mila abitanti che da cinque mesi vivono sotto le bombe e l'assedio delle truppe serbe non avranno più nulla da mangiare. «Le riserve di viveri bastano fino a giovedì» ha detto la rappresentante dell'Alto Commissariato per i profughi Silvana Foà. La chiusura del ponte aereo con i soccorsi umanitari in seguito all'abbattimento del G222 dell'aeronautica italiana ha ridotto la città alla disperazione. Le scorte di viveri sono ormai esaurite. Da giorni manca anche il pane. Senz'acqua e senza luce i rari fornai che rifornivano la capitale bosniaca non possono più produrlo. Sarajevo è senza elettricità da più di un mese. Per cucinare quel poco di cibo, quasi sempre pasta o riso, recuperato dopo ore di attesa nelle code davanti alla distribuzione degli aiuti umanitari, la gente si arrangiava accendendo il fuoco. Al posto della legna andavano bene anche i mobili di casa, ridotti in pezzi. Ma adesso non hanno più nulla da mettere in pentola. La mancanza d'acqua ha reso la situazione ancor più drammatica. Da quando i miliziani serbi hanno chiuso l'acquedotto principale di Sarajevo, in città hanno cominciato a diffondersi epidemie di ogni genere. Sono quasi 2000 i casi di enterocolite. Più di 130 gli ammalati di epatite infettiva. Nella capitale bosniaca sono stati segnalati anche due casi di tifo. Ma i medici lanciano appelli disperati. I dati raccolti riguardano un terzo della popolazione. Anche se i voli con gli aiuti umanitari riprendessero oggi stesso, per aiutare la popolazione ad affrontare in qualche modo il prossimo inverno occorrono più di 500 camion con soccorsi di vario tipo: non solo cibo, ma tende riscaldate, plastica per rimpiazzare i vetri e materiale edilizio. «E' il minimo per far passare l'inverno agli abitanti di Sarajevo e della Bosnia centrale» ha detto Silvana Foà, sottolineando che gli autisti dei camion dovrebbero essere stranieri, perché quelli locali vengono trattenuti ai posti di blocco. Vista l'urgenza della missione umanitaria, l'Alto Commissariato per i profughi, che in questo momento dispone soltanto di 85 camion offerti dal Belgio e dall'Olanda, è costretto a comperare i mezzi di trasporto. Anche il ponte aereo con i soc¬ corsi umanitari per il momento rimane interrotto. Secondo fonti diplomatiche la riapertura dei voli verrà decisa da Cyrus Vance e da Lord Owen, i due presidenti della conferenza di pace sulla Jugoslavia che oggi arrivano a Zagabria, da dove proseguiranno per Sarajevo e Belgrado. I due accerteranno se ci sono le condizioni per riaprire lo scalo di Butmir. Sulla pista sono atterrati ieri due aerei dell'Onu con a bordo viveri e generi di prima necessità per il contingente delle forze di pace. Intanto il leader dei serbi della Bosnia, Radovan Karadzic ha annunciato alla Reuter che le sue forze metteranno sotto il controllo dell'Onu tutte le armi pesanti entro giovedì, due giorni prima della scadenza prevista. Ingrid Badurina Soldati serbi appoggiati da un tank attaccano le postazioni musulmane nel Nord-Est della Bosnia [fotoap]

Persone citate: Cyrus Vance, Ingrid Badurina Soldati, Lord Owen, Radovan Karadzic, Silvana Foà