Il tele-pentito accende lo show

Il tele-pentito accende lo show Il tele-pentito accende lo show Confessioni in tv, La Volpe contro Mentana COSA NOSTRA A 24 POLLICI PROMA ENTITEVI, mafiosi, e andrete in tv. Nell'ultimo mese sono comparsi dappertutto: di profilo, di spalle, dietro un fondale, l'importante è essere intravisti e farsi sentire. Lunedì sera: il ministro Mancino chiede il silenzio sui pentiti, poi va al «Maurizio Costanzo show» e chi ci trova? Un pentito che non sta in silenzio. E' Giacoma Filippello: sta raccontando la sua allucinante love-story con un pezzo grosso di Cosa Nostra e in sala non vola una mosca. Il pentito, direbbero quelli di Avanzi, «funziona». Il pentito, soprattutto, parla. Spesso straparla. Trattandosi di siciliani, è il trapasso di un mito. Che fine ha fatto la leggendaria omertà di una volta, che nemmeno gli interrogatori più efferati riuscivano a spezzare? Questi sono i tempi di Rosario Spatola, «collaboratore della giustizia e del Tg5», lo definisce Enrico Mentana, che se lo trova spesso in redazione e ormai lo utilizza come un opinionista di prestigio. «Attenti! - ammonisce dal Tg2 Alberto la Volpe, autore di "Lezioni di mafia" -. Quelli che arrivano in tv sono già spremuti e non hanno più niente di interessante da dire». Mentana: «Non è vero: ci aprono lo sguardo sui grandi scenari». La Volpe non cede: ((Appartengono a un' altra epoca della mafia. Anche il Buscetta intervistato da Biagi parlava di cose accadute molto tempo prima. E' come se sul campionato intervistassimo un calciatore di 30 anni fa». Cosa che, poi, avviene davvero. Resta da capire perché lo fanno. La tv ha bisogno del pentito o il pentito della tv? «La mia tv del pentito può farne tranquillamente a meno», spiega Maurizio Costanzo. In tanti anni di talk-show, è la seconda volta che lavora con un pentito. Prima della Filippello, ci fu un faccia a faccia con il terrorista Patrizio Peci. «E' una strada che non mi interessa percorrere. Con Peci fu un'intervista normale, ma negli altri casi ti tocca parlare a una persona che non può essere mostrata in video. E allora non fai più televisione, ma radiofonia». E se fosse proprio questo il fascino del tele-mafioso? «Non c'è dubbio, crea suspense. Sagome camuffate, riprese in controluce: l'iconografia è quella di un vecchio film di spionaggio», dice Corrado Augias, che nella prossima serie di «Telefono giallo» dedicherà una puntata a fatti e persone di Cosa Nostra. Mai come in questo caso, secondo lui, gli interessi delle due parti finiscono per coincidere: «Quando i pentiti dicono "non vogliamo essere riconoscibili", quelli della tv si fregano le mani». Ma perché se le fregano anche i pentiti e fanno ressa per andare in tv? Noia, paura della solitudine, o più semplicemente una voglia matta di guadagnare? I soldi contano, certo: lo Stato paga poco (800.000 lire il mese, secondo la Filippello) e non sono in molti ad aver messo da parte un po' di risparmi. Ma per La Volpe c'è qualcosa di più: «Il desiderio di trovare una nuova legittimazione. Di poter dire a se stessi: mi sento di nuovo utile». «Mi sembrano depressi - dice Costanzo -. Forse, come in America, bisognerebbe cambiar loro identità e connotati». Resta il senso di un ennesimo e perverso trucco televisivo: la telecamera mostra la sagoma del mafioso pentito, detentore di chissà quali segreti e poteri, e invece quella è ormai una per¬ sona abbandonata e confusa, che - come la Filippello - finito il programma e gridata in faccia al ministro la sua disperazione, se ne va via in taxi da sola e senza scorta. Domanda sommessa ad Augias: non è che stiamo trasformando la mafia in uno spettacolo televisivo? «In un Paese come questo, pieno di eventi senza notizie, la mafia è una delle poche cose che succedono. E la tv ci si getta sopra alla sua maniera, che è sempre, inevitabilmente, un po' spettacolare». C'era una volta Leonardo Vitale, primo pentito di mafia: nessuno potè mai avvicinarlo. Era il 1972, un paio di secoli fa... Massimo Gramellini Il direttore del Tg2 «Arrivano in video già spremuti e non servono a nulla» Da sinistra il pentito della mafia Rosario Spatola, che sovente appare al Tg5 di Enrico Mentana e il giornalista Maurizio Costanzo: «La mia tv può farne tranquillamente a meno, è una strada che non mi interessa percorrere» Per Corrado Augias utilizzare pentiti in tv «crea suspense»

Luoghi citati: America